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Ore di terrore

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Ore di terrore

(Greg Iles – PIEMME Pocket)

 

   Sembra che all’inizio, di Ore di terrore, Greg Iles voglia confonderci delineandoci la fine di un rapimento e inducendoci a pensare che gli ostaggi siano i protagonisti di tutta la trama. Le caratteristiche fondamentali del sequestro: tre rapinatori, tre ostaggi e un lieto fine.

   Continuiamo a leggere. Ci sorprendiamo nell’incontrare tre nuovi personaggi, una famiglia, e una diversa situazione sembra essere l’avvio di una nuova storia. Ma ecco che si ripresentano i tre rapitori che avevamo quasi dimenticato; assistiamo, allora, ad un sequestro a scopo di estorsione, il sesto che Joey Hockey organizza secondo un piano ben accurato, seguendo alcune regole che assicurano il raggiungimento dello scopo; una di queste, la più determinante, è, senza dubbio, la telefonata, fatta ogni mezz’ora tra i complici del rapimento e alla quale è legata la vita di Abby e l’attesa che paralizza il dottor Jennings e sua moglie.

   Si ha la sensazione di vivere, attimo dopo attimo, con Will, Kren e la piccola Abby, le ventiquattro ore di tensione, angoscia e paura, come se anche noi fossimo incastrati nella diabolica trappola, e di essere spinti a procedere veloci nella lettura, dubitando del lieto fine.

   Greg Iles lavora molto sugli effetti, a livello psicologico, dell’avventura e, così, dà molto spazio ai soliloqui di Will e di Karen, dettati dalla preoccupazione del dopo, dal continuo tormento di come potersi liberare, ma dominati, soprattutto, dall’apprensione sullo stato di salute della bambina, dall’ansia di poterla riabbracciare sana e salva. Sebbene siano separati e tenuti prigionieri in tre posti diversi, il dottor Jennings, sua moglie e la loro figlioletta affrontano la situazione critica con coraggio, sperando in una via di scampo, anche nei momenti di maggior difficoltà.

   Lo scrittore ci fornisce le notizie relative alla vita dei personaggi e alle modalità del rapimento, anche, e soprattutto, attraverso le tante conversazioni. In particolare, i dialoghi tra Will e Cheryl sono, quasi sempre, esplicativi, si direbbe a tesi; quelli tra Hockey e Karen piuttosto brevi e a scopo informativo; edonistici quelli tra Huey e Abby.

   Fino al quindicesimo capitolo, la lentezza caratterizza il succedersi degli avvenimenti e i tre ostaggi sono calati in uno stato di inerzia quasi totale, in uno spazio ristretto, come in una gabbia. Poi l’azione si fa frenetica e domina la scena: ampi spostamenti e atti violenti eseguiti all’esterno. La tensione diventa panico; l’incertezza, il dubbio e la perplessità si acuiscono e i due genitori esplicitano, ancor di più, in modo tragico, il sentimento paterno e materno mettendo a repentaglio la loro stessa vita.

   I rapitori sono i personaggi più caratterizzati sia esteriormente che interiormente; ognuno è reduce da un particolare passato: Joey Hockey, sconvolto psicologicamente dalla morte della madre durante un intervento chirurgico, è motivato, da questo, a vendicarsi, Cheryl ha sposato Joey, che l’ha tirata fuori dalla droga e dalla prostituzione, Huey è un ritardato mentale che soffre per la morte della sorella, per la mancanza di una famiglia e per il suo orribile aspetto fisico ed è protetto solo da suo cugino Joey. A Huey viene, di volta in volta affidato il bambino rapito e il rapitore se ne occupa con incredibile affetto e premura, essendo cosciente di intimorirlo a causa della sua mostruosità. Il suo è, comunque, per natura, un comportamento infantile; è anche capace di uccidere se solo glielo chiede suo cugino.

   Il libro è scritto con uno stile agile e spontaneo e un linguaggio familiare che ben si adatta ad ogni situazione; la narrazione è imbevuta di “Una suspense straordinaria che ti divora come un fuoco“, come dice Stephen King.

 

Simonetta De Bartolo

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