NIRVANA – NEVERMIND
DRAIN YOU
Ritornare a Nevermind è ritornare alla terra promessa del grunge, wasteland adesso. È inseguire i passi dell’adolescenza della mia generazione, ritrovare la rabbia accecante dei nostri primi incendi, delle prime ribellioni, delle prime suggestioni nichiliste e autodistruttive. Ritornare a Nevermind significa sfilare dalla collezione uno dei dischi più corrosi e usurati, e riconoscerlo ancora inspiegabilmente perfettamente intatto, e camminare nelle strade del mio quartiere appena uscito dai primi giorni di scuola del ginnasio, e ascoltare stupito e affascinato e incantato sul vecchio walkman la potenza devastante e insostenibile dell’incipit di Smells Like Teen Spirit. Il movimento di Seattle, certo. Soundgarden, Alice in Chains, Pearl Jam, tutto pareva nei primi anni Novanta essere esploso in quel piccolo e ombroso sobborgo industriale. Eppure la voce roca e disperata di Kurt Cobain domandava ascolto e incuteva soggezione; nei primi passi della nostra consapevolezza, eravamo interpretati dallo spleen di un angelo caduto. Nessuno di noi poteva immaginare quel che sarebbe accaduto pochi anni dopo; l’incarnazione ennesima della leggenda dell’eroe eletto e maledetto, e dannato dalla perfezione della sua ispirazione al progressivo inesorabile sgretolamento di se stesso. Un giorno, qualche anno dopo, radio e televisioni comunicarono in un’atmosfera irreale una notizia che non aveva senso; perché in fondo i Nirvana e Cobain erano immortali, niente poteva incrinare la bellezza della più cruda verità e della più lucida disperazione che avevano espresso. Niente poteva più strapparci via la musica, il messaggio aveva oltrepassato porte e confini e dimensioni: il tempo poteva definitivamente perdere senso. Perché non potevamo accettare a sedici anni, a diciassette anni, che quella voce furibonda e depressa e distruttiva che ci aveva accompagnato ed era stata nostro emblema avesse deciso di abbandonare tutto ciò che aveva creduto, tutto quel che aveva costruito, tutto ciò che aveva rappresentato. E allora come impassibile rimasi quel giorno, impassibile rimango oggi al solo pensiero di aver perso l’identità e l’aderenza ideale alla nostra anima rock; allora come oggi preferisco rifugiarmi nel primo disco dei Nirvana che ho amato, e nella prima opera rock che ho sentito esplodesse e infuriasse nella mia anima, dilaniando le mie percezioni della realtà e le mie prospettive di sogno e poesia.
Quella consapevolezza e quella trasparenza e quella furia, e quell’incendio che divampava senza tregua e senza soste e fondeva le mie scintille nel latrato di Drain you non poteva essersi spento: non si è mai spento, non si spegnerà. Drain You.
One baby to another said
I’m lucky to met you
I don’t care what you think
Unless it is about me
It is now my duty to completely drain you
A travel through a tube
And end up in your infection
E attendevo che quel grido si avvicinasse, stringendo i pugni ai fianchi, fissando il terreno e ascoltando dallo stomaco tutta la malinconia e l’incoscienza e lo spirito dell’adolescenza, e visualizzavo i nemici e i sogni perduti e mi massacravano memorie dolorose; la batteria incalzava e preparava alla cerimonia sacra… you… you… you… ripeteva la voce… you… una chitarra distorta impazzita e ancora il rullare della batteria… una chitarra distorta impazzita e ancora rullava la batteria… il fuoco dell’inferno che si impossessava della mia anima, ecco il ritmo aumentava e quel grido era il comando… devi solo abbandonarti all’energia di quel grido, perché è l’insana necessità di essere sani e forti e consapevoli, è il coraggio d’esser soli di fronte ad una assemblea di oppositori o soli di fronte ad un foglio bianco, solo di fronte alla cicatrice dell’amore perduto e dell’amore conquistato e del sogno strappato e rinnegato… sino a prosciugarti del tuo furore, fratello, grida, grida, quella è la musica, questa è la danza, tuo il rito…
Nevermind dei Nirvana, 1991, etichetta Geffen. Testi composti da Kurt Cobain. David Grohl batteria, Chris Novoselic basso.
Disco di paradisi perduti e bellezze sfiorite; orizzonte nuovo nel panorama rock. Secondo disco del gruppo di Seattle.
Nevermind alterna ballate depresse e tetre come Something in the Way, inni generazionali come Smells Like Teen Spirit, cerimonie sacre come Drain You; foschi presagi autobiografici, Kurt che si maledice in Come as you are per non avere un’arma; Come as you are, espressione inconfutabile della dicotomia dell’anima di KC, dialogo incessante e amaro e avvelenato dalla sofferenza e dal rancore e dal rimpianto per una felicità agognata e mai conosciuta. Disco di autentico e incisivo e implacabile impatto: manifesto nichilista, e inno alla gioia paradossalmente in un tratto, On a plain, simbolo della malattia arrestata e controllata e dominata per un istante di perfetta illusione.
Broke our mirrors
Sunday morning is everyday for all I care
And I’m not scared
Light my candles
In a daze cause I found god
I’m so horny but that’s okay
My will is good
Quale dio aveva incontrato e trovato Kurt nel suo labirinto, in Lithium, è difficile immaginarlo; suggestioni letterarie impongono interpretazioni desuete e inconsuete, e allora mi piace credere che Kurt abbia attraversato lo specchio, abbia attinto vita dal porto sepolto e ne sia tornato splendente di quel nulla d’inesauribile segreto; contemplare il niente è stato il primo passo nel sentiero della dissoluzione e della lacerazione di una mente perfetta e di uno spirito innocente. Incandescente.
Never met a wise man
If so it’s a woman
***
Monkey see, monkey do
E allora ritornare nella memoria in cerca delle sensazioni di dieci anni fa, riscoprirle intatte, abbracciare la consapevolezza e il desiderio e la furia e lo spirito di allora; ipnotizzati dalle chitarre distorte, dal timbro animalesco e angelico della voce del giovane rivoluzionario, dall’atmosfera immutata ed immutabile di rabbia rimpianto ricordo dolore.
I love myself better than you, tutto è rimasto immobile, amico mio, non vedi? Sto aspettando di tornare a prosciugarmi, per recuperare il segno della coscienza e della ricerca e ritornare nell’ombra dei miei sogni; tuttavia qualcosa nel sentiero mi difende, difende la mia generazione. È il colore d’un’anima che sorride e canta, finalmente libera, e immortale.
DISCOGRAFIA ESSENZIALE e BREVI NOTE
Mtv – Unplugged in New York, live, DGC, 1994.
In Utero, DGC, 1993.
Incesticide, rarità, inedite, cover, DGC 1992.
Nevermind, DGC, 1991.
Bleach, Sub Pop, 1989.
Aberdeen, WA. 1987-1994.
Approfondimento in rete: The Internet Nirvana Fan Club / Nirvana! / Come As You Are – a Nirvana Site / KDCobain. it / Complete Nirvana / Ondarock.
Nirvana in Lankelot: “In Utero” (G.F.)