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I Grandi Misteri del Rinascimento Fiammingo

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I Grandi Misteri del Rinascimento Fiammingo

Nel normale contesto borghese della pittura fiamminga olandese, dove gli artisti contemporanei si sfidavano a gara nel riprodurre minuziosamente la realtà circostante attraverso la realizzazione di tavole e affreschi, spiccano le opere di un pittore anomalo, tale Hyeronimus Bosch, che dà vita a un panorama zooformico piuttosto inquietante, affollato da demoniache e oniriche visioni di figure antropomorfe ai limiti dell’oscenità.

Con interpretazione postume decisamente Freudane si è voluto a tutti i costi contestualizzare questo pittore in una sorta di rara precursione del surrealismo, volendo conferire alle sue opere un significato forzatamente psicanalitico. Le sue figure inquietanti, ricche di significati cabalistici, i rettili antropomorfi, gli orridi insetti, le allucinanti proiezioni su piani molteplici, le tavole affollate da centinaia di personaggi e personificazioni mostruose e deformanti, vanno in realtà interpretate secondo il periodo storico di appartenenza e secondo le esperienze di vita di questo singolarissimo interprete del malessere collettivo della sua epoca.E’ stato detto che Bosch, mentre gli artisti a lui contemporanei si accontentavano di raffigurare fedelmente gli uomini nella loro esteriorità, tendeva ossessivamente a rappresentare invece il mondo oscuro di peccati e di passioni che laceravano l’uomo al suo interno, concretizzando le paure e le orribili inquietitudini della sua epoca nel brutale concepimento sulla tela di quelle creature mostruose e orripilanti, degne di una visione onirica e allucinata.Nel periodo storico corrispondente, la seconda metà del XV secolo, mentre in Italia il Rinascimento era pervaso da una concezione puramente idealistica, l’arte fiamminga invece esprimeva una forte inquietitudine di fondo, un senso profondo di malessere sociale ed individuale, e una crisi dei valori sempre più accentuata, espresse con forme artistiche gotiche e medioevali, legate alle forme di espressione tipiche della cultura nordica, in aperto contrasto con le concezioni neo classiche del resto del rinascimento europeo.La grande crisi varcherà poi i confini Olandesi quando, pochi anni dopo, esploderà in tutta Europa, dando origine alla grande rivolta Luterana. Se poi si analizza la vita del pittore, fortemente legato alla Confraternita di Nostra Signora, che combatteva e condannava duramente le eresie e i malcostume non solo della popolazione laica, ma anche di quella ecclesiastica, si comprende facilmente come il messaggio ultimo delle sue opere sia quello di mostrare chiaramente la corruzione fatta persona, anzi animale, attraverso la riproduzione sulla tela di bestie immonde ed orridi demoni che impersonificavano i vizi e le deviazioni occulte dell’animo umano. Non a caso nelle pitture di Bosch le prospettive sono falsate, le immagini si accalcano sulla scena in combinazioni improbabili sul piano gravitazionale e le proporzioni sono irreali, privilegiando i contenuti simbolici rispetto alla forma. L’immediatezza del colore, gli episodi stravaganti che vi vengono riprodotti, la densità corposa di un agglomerato impossibile di corpi e di figure, rendono immediata concretezza a immagini che in realtà sarebbero solo deliranti ed oniriche. Tutto è stravolto in questa simmetria sfalzata, il peso, il volume, la densità, i rapporti di colore, le proporzioni fisiche e i piani prospettici, le figure appaiono collegate con un punto di fuga diverso da quello usato per il paesaggio, che per quanto distorto e anch’esso grottesco, funge per l’appunto da semplice fondale per le molteplici personificazioni demoniache che affollano ogni quadro. Nel Trittico delle Delizie ne sono state contate più di 500. Il Trittico delle Delizie, che ha ispirato l’indovinatissimo romanzo Il Giardino delle Delizie, di Giacinta Caruso, edito dalla Flaccovio, è uno dei pochi trittici di Bosch che ci sono pervenuti intatti, e va analizzato in relazione con le altre sue composizioni, Il Trittico del Fieno e il Trittico delle Tentazioni, che vengono usati dal pittore per rappresentare simbologicamente le tre grandi distrazioni che tentano l’uomo sulla via della salvezza, distogliendolo dai suoi doveri. Il Godimento dei Sensi, nel Trittico delle Delizie, la Cupidigia dei Beni Materiali, nel Trittico del Fieno, e l’Orgoglio Intellettuale nel Trittico delle Tentazioni.I Trittici rinascimentali erano grandi rappresentazioni pittoriche costruite a pannelli, di cui i due laterali più piccoli e quello centrale grande circa il doppio, che potevano essere tenuti appesi alle pareti o utilizzate in piedi come una sorta di paravento, molto simili per certi versi alle più comuni pale da altare che siamo abituati a vedere con le immagini dei santi.Il Trittico delle Delizie, comunemente interpretato secondo la chiave consueta moralistica, didascalica e cabalistica, va letto in questo modo. Sul pannello esterno abbiamo il giorno della Creazione, la Genesi, che funge da introduzione e da antefatto, seguito dalla creazione di Eva, sul lato interno dello stesso pannello, raffigurato come l’evento scatenante di tutti i mali del mondo, al centro una saga diabolica che sintetizza, si fa per dire, in oltre 500 raffigurazioni di varie misure e proporzioni, la lunga lista dei peccati carnali, e sulla destra la conclusione del naturale processo di corruzione, il castigo finale, e la personificazione dell’inferno.Dunque in breve sul lati esterno del primo pannello, possiamo vedere il mondo così com’era al terzo giorno della creazione secondo l’antica dottrina biblica, con prospettiva verticale, come se un enorme uccello lo stesse sorvolando, racchiuso in una sfera di cristallo, a simboleggiare l’eterna fragilità dell’universo.In questa insolita visione della creazione del mondo, il Creatore è un protagonista inconsueto di questa particolare genesi, egli appare relegato in un angolo, in alto, in mezzo a uno squarcio tra le nubi, raffigurato come un semplice vecchio barbuto con la tiara sulla testa, chiaro simbolo vescovile. Il globo di cristallo al centro dell’immagine, vive di vita propria, nonostante la sua apparente fragilità, impersonificato dal primo paesaggio veramente fine a se stesso dell’intera storia della rappresentazione pittorica. Come riportato dall’Antico Testamento la terra al terzo giorno non era ancora popolata dagli animali, e infatti sono visibili solo strane, ma non meno inquietanti, forme inanimate di origine vagamente vegetale e minerale, dalle connotazioni così insolite da essere spesso interpretate dagli studiosi come immagini inequivocabilmente a matrice sessuale.Come da prassi biblica, nella facciata interna del pannello laterale di sinistra, si legge la storia del Paradiso Terrestre, con la creazione di Eva, il peccato originale e la relativa cacciata dal Paradiso estremamente sintetizzati in simboli. Visibile l’elemento centrale del peccato carnale, e la raffigurazione stranamente realistica, almeno per le abitudini di Bosch, dei tratti somatici di Adamo, Eva e Dio, identificato qui con il Cristo, secondo l’antica tradizione della dottrina originaria. La visione inquietante e morbosa del Paradiso Terrestre, concepito in una serie di piani circolari riproposti in prospettiva dal basso verso l’alto, mostra l’inserimento di piante ed animali di specie rara e mostruosa, che cominciano a divorarsi l’un l’altro mostrando già i nefasti influssi del Peccato Originale, sullo sfondo quattro rupi contorte dalla forma geometrica improbabile ed astratta concludono l’acutizzarsi di un paesaggio che non è più idilliaco. La classica palma con il serpente attorcigliato rappresenta l’albero della vita, e la conoscenza del bene e del male, con i frutti tentatori dell’impero dei sensi offerti dalla donna alla più controllata sfera della ragione dell’animo umano strenuamente difesa dall’uomo. Cominciano qui al centro della composizione le evidenti simbologie che Bosch prende a prestito dall’arte cabalistica della divinazione, la fontana centrale, simboleggiante la fonte della vita, imponente e spettrale come un monumento gotico, è sovrastata da una mezza luna, simbolo demoniaco, e basata su un disco di base costituito da un occhio, e una civetta appollaiata. Secondo la tradizione dei mistici il disco, l’occhio e la civetta sono i simboli sacri che costituiscono uno dei punti di concentrazione per favorire lo stato di trance e l’ascesi mistica dei divinatori.Ma il vero prodigio è rappresentato dalla parte centrale della composizione, dove oltre 500 figure di donne, uomini, fanciulle e giovanetti si abbandonano voluttuosamente ad ogni tipo di piacere estremo carnale contro non solo le leggi della natura, ma spesso anche contro le leggi, molto più rigorose, dell’equilibrio gravitazionale. Le figure che operano come immagini ritagliate o ombre cinesi, non hanno quasi spessore o tridimensionalità, e spiccano in questa visione spaziale inconsueta, tipica di Bosch, contro uno sfondo suddiviso in bande o piani orizzontali, a dispetto di ogni proporzione o prospettiva fisica. Con questo espediente, fortemente voluto, di scorporizzazione degli elementi figurativi, Bosch riesce sapientemente a rappresentare lo sdoppiamento onirico e l’incorporeità di quella che in fondo non è altro che una straordinaria visione, il cui stato irreale è ancora più accentuato dalle improbabili immagini vegetali o minerali che fungono da elementi separatori tra le varie figure e i diversi piani strutturali della complesso pittorico.In questo incredibile bestiario si identificano simboli e mitologie risalenti al linguaggio cabalistico e agli antichi elementi alchemici di tradizione medioevale. Attorno alla fonte della giovinezza si rincorrono cavalcando passione e libidine, con immagini femminili voluttuose che si bagnano nelle infide acque, tenendo sul capo dei corvi, che sono simboli di incredulità, pavoni, simbolo di vanità, e ibis, che erano ritenuti divoratori di pesci morti, e che simboleggiano la fugacità delle gioie carnali e degli amori passati.Le cavalcature utilizzate per questa giostra libinosa sono per lo più creature esotiche o mitologiche, leopardi, orsi, leoni, grifoni, liocorni, provenienti dalle antiche illustrazioni dei bestiari medioevali e richiamanti anch’essi simboli di lussuria e di depravazione estrema.I simboli alchemici si incontrano ovunque, con i pettirossi che rappresentano la lascivia, le farfalle simbolo di incostanza, le civette identificate con l’eresia, l’upupa che al pari dell’ibis si nutre di rifiuti, e quindi si ciba dell’anima preda delle false dottrine, o meglio di quel che ne rimane, e il martin pescatore, immagine simbolica dell’ipocrisia.Anche i colori usati hanno precisi significati secondo l’antica tradizione alchemica, il rosso identifica il processo creativo, l’azzurro simboleggia la frode e la malvagità, mentre la vegetazione lussureggiante, improbabile ed esotica, con piante che sembrano carnivore, esseri umani che si trasformano in creature antropomorfe, e ibridi di formazioni a metà rocciose e a metà vegetali, stanno a indicare la continua trasformazione della materia e la completa inaffidabilità di tutto ciò che è carnale.La chiusura del percorso punitivo, che va dalla creazione fino al peccato originale per terminare con la punizione dei peccati, si magnifica nel pannello laterale destro con quello che è denominato L’Inferno Musicale. Secondo la legge del contrappasso, vengono mostrate le modalità punitive previste per i vari peccati, in piani sovrapposti dal basso verso l’alto, con leggero moto ondulatorio, e toni molto più cupi e tenebrosi, ottenuti da un sapiente gioco di chiari scuri tra le figure e lo sfondo.Il terribile mostro centrale, figura antropomorfa composta da vari elementi, rappresenta l’uomo alchemico, rappresentato nei colori del nero, bianco e rosso, che raffigurano le diverse temperature di fusione del mercurio, ha le gambe posate sui due vascelli dell’Arte e della Natura, nella sua cavità addominale ospita una bettola dove demoni e streghe convivono gozzovigliando, e porta sulla sommità del capo, che è probabilmente un autoritratto dello stesso Bosch, diavoli e peccatori danzanti raggruppati attorno a una cornamusa rosa, chiaro simbolo sessuale femminile. I circostanti strumenti musicali dell’arpa, del liuto e dell’organo, sono trasformati in strumenti di supplizio, letti nella duplice chiave di peccati carnali e simboli sessuali da punire, e di antichi ricordi dell’armonia del Paradiso secondo l’interpretazione Adamitica, con i ben noti dannati che cantano sullo spartito.Satana è qui raffigurato con la testa di uccello e i piedi poste in due brocche, nell’atto di inghiottire i dannati che vengono poi digeriti e filtrati sotto forma di escrementi nella bolla trasparente sottostante, che funge da contrappasso alla bolla voluttosa del Giardino delle Delizie, con relativo corredo di crature lussuriose che sopra di essa iscenano volgari e lascive scene di ballo.Una vasta serie di simbologie completa l’ultimo inquietante pannello di questo trittico delirante, con il supplizio dell’iracondo trafitto, allusivo di una lite tra accaniti giocatori di dadi, la mano benedicente del Signore trafitta da un coltello, a sottolineare la carità del Salvatore, spesa invano per i peccatori incalliti, un uomo sbranato dai cani che simbolegga l’invidia, e una gigantesca orecchia attraversata da una freccia, tipico emblema dell’infelicità. Secondo le interpretazioni correnti infine la chiave penzolante del bastone del monaco va letta come il simbolo del desiderio coniugale proibito ai rappresentanti del clero, che introduce allo sfondo finale composto di fuoco, il vero inferno, dannazione eterna dei peccatori, con le quattro simbologie degli elementi di base della scienza alchemica, la terra, rappresentata dal villaggio, l’acqua sotto la veste del fiume infernale, l’aria identificata con il mulino a vento, e infine il fuoco, nella personificazione del vulcano, che consumerà tutti i peccatori nel rogo divino. Niente di che meravigliarsi dunque se i prodigi pittorici di questo oscuro artista del rinascimento fiammingo abbiano saputo potentemente ispirare uno dei capolavori Mistery di questa stagione, a firma di Giacinta Caruso, ed edito dalla Flaccovio, che Vi invitiamo caldamente a leggere, se non altro perché fonde con rara sapienza gli elementi fondati di un romanzo storico, con una storia mozzafiato da vero thriller estivo, un libro imperdibile, assolutamente da mettere in valigia per le vostre vacanze.

Sabina Marchesi

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