Il Genio di Edgar Allan Poe
Analisi Testuale di un racconto minore di Allan Poe, Il Gatto Nero, che evocando orrori e superstizioni nel contesto quotidiano, ci accompagna dentro uno dei suoi personalissimi inferni.
Alla storia che mi accingo a mettere per iscritto, storia demenziale e tuttavia quanto mai domestica, non mi attendo né pretendo si dia credito. Pazzo sarei davvero ad aspettarmelo, in un caso in cui i miei stessi sensi respingono la loro propria testimonianza. E tuttavia, non sono pazzo e, certissimamente, non sto sognando. Ma domani muoio, e oggi vorrei sgravarmi l’anima. Mio proposito immediato è di porre davanti al mondo, in modo semplice e succinto, una serie di puri eventi familiari. Le conseguenze di tali eventi mi hanno atterrito, torturato, annientato. Ma non cercherò di spiegarli. Per me non sono stati altro che orrore; a molti sembreranno più baroques che terribili. Nei tempi a venire, forse, si troverà un intelletto capace di ridurre i miei fantasmi a luogo comune: qualche intelletto più calmo, più logico, e assai meno eccitabile del mio, che nelle circostanze da me descritte con terrore non vedrà nulla di più di un’ordinaria successione di cause ed effetti naturalissimi.
Come già visto nell’istitutrice di James, la protagonista de Il Giro Di Vite, anche qui il narratore parla in prima persona e ci anticipa qual è il fulcro del racconto. Egli sta per riportarci le esperienze di una vicenda oscura ed inquietante, di cui non sa spiegarsi la natura, e che l’ha profondamente terrorizzato. Anche qui i frequenti accenni alla pazzia, all’insanità mentale, a un intelletto “eccitabile“, non fanno altro che ingenerare nel lettore una precisa predisposizione mentale nell’atto di disporsi ad ascoltare questa storia.
Da notare che tutte le affermazioni sono espresse in forma negativa “non sono pazzo …non sto sognando …non cercherò di spiegarli…. non sono stati altro che orrore… non vedrà nulla“. Queste espressioni ottengono solo il risultato di indirizzare il lettore verso una direzione ben precisa.
Confessando di essere influenzabile ed eccitabile il soggetto narrativo già ci pone in condizioni di attesa, di perplessità e di diffidenza, verso quello che sta per esserci riportato.
Eppure allo stesso tempo questa storia demenziale viene confinata nell’ambito quotidiano e domestico, limitando di conseguenza le sue implicazioni sovrannaturali. Ecco dunque che frasi come “puri eventi familiari … ridurre i miei fantasmi a luogo comune …, nulla di più di un’ordinaria successione di cause ed effetti naturalissimi…. in modo semplice e succinto” prevengono le obiezioni del lettore.
Poe ci sta dicendo, fin da subito, sì lo so che voi penserete che sono pazzo, e qualcuno più razionale di me potrà anche dimostrarmi che si è trattato in fondo di eventi naturali, spiegabilissimi e logici, ma attenzione, io vi sfido, anzi ve lo domando, “dimostratemelo”.
Il lettore cade nella trappola e si dice, ecco un pazzo, che sta per raccontarmi un banalissimo episodio rapportato alle comuni esperienze, e vuole farmi credere a chissà quale implicazione misteriosa. Ma io non ci casco.
E questo è proprio quello che Poe vuole ottenere, con pochissime righe ha già introdotto l’atmosfera, e si è contemporaneamente garantito la piena attenzione del lettore, che attento e concentrato al fine di non cadere nell’annunciato trabocchetto, seguirà l’intera narrazione col fiato sospeso, senza avvedersi che, di fatto, nella trappola ci è già caduto.
Si introduce poi qui, e forse per la prima volta, il moderno meccanismo narrativo della Suspense. Frasi come “non sto sognando…. Ma domani muoio, e oggi vorrei sgravarmi l’anima….eventi mi hanno atterrito, torturato, annientato ….Per me non sono stati altro che orrore” servono a lasciare il lettore sospeso sul vuoto. Si preannuncia qualcosa di terribile, di arcano, di misterioso, eppure Allan Poe ancora non ha detto niente. A ben guardare neanche una parola ci ha introdotto o anticipato l’argomento.
Quindi sappiamo solo che in ambito familiare e domestico, nella consueta quotidianità, è successo qualcosa di terribile, anche se ci viene anticipato che si tratta di eventi che “potrebbero“, forse, essere ricondotti a spiegazioni logiche. Quindi siamo fortemente incuriositi, bramiamo sapere di cosa si tratta, moriamo dalla voglia di conoscere l’arcano, e siamo disposti, dopo pochissime righe appena, a seguire l’autore fino in capo al mondo.
Questo in particolare è uno splendido esempio di come sia praticamente impossibile considerare le opere dell’orrore come letteratura di serie B, in quale altro testo potremmo mai trovare rispettate così brillantemente tutte le principali premesse della narrativa?
Incuriosire il lettore, conquistarsi la sua fiducia, e sfidarlo in una competizione intellettuale.
Che cos’altro si può chiedere a un libro?
Ed ecco quindi svelati i misteri del genere neo gotico, sviluppatosi in Inghilterra nella seconda metà del Settecento, di cui Poe eredita, rinnovandoli, molti elementi.
Caratteristiche particolari di questo filone letterario sono le ambientazioni desolate (castelli, case diroccate, ruderi, rovine, lande abbandonate) e il contrasto tra la pazzia o il surreale e le esperienze quotidiane.
Qui l’orrore diventa tale perchè gli eventi misteriosi vengono a verificarsi nell’ambito delle esperienze quotidiane, nel momento meno opportuno, e senza alcun tipo di anticipazione. Terrore e Quotidiano che si mischiano, generando vere ondate di emozioni.
Non dimentichiamo infatti che la critica letteraria identifica nel gotico proprio la pulsione irrefrenabile dell’uomo verso il mistero, contrapposta all’atteggiamento eccessivamente raziocinante della società scientifica, all’epoca in pieno sviluppo e antesignana dell’imminente rivoluzione industriale.
Come a dire che le forze più oscure, l’istinto, la passionalità, e l’irrazionale trionfano sul positivismo.
Sabina Marchesi