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Terra Rossa – Parte quarta

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Terra Rossa- Parte quarta

This is the end
beautiful friend
This is the end
my only friend
the end
(Jim Morrison)

Qualcosa da qualche altra parte – V
Non è male oggi nel castello, fuori piove e l’umidità fa scoppiettare le torce appese, è un simpatico sottofondo, mentre le numerose candele mangiafumo brillano discrete in ogni angolo. C’è un gran daffare, ci sono spedizioni da organizzare, edifici da costruire, soldati da istruire, qui è il centro focale di tutto. Uomini con distintivi improvvisati vanno e vengono per il castello, ci si inciampa quasi gli uni con gli altri, ci sono alcune donne che si occupano di questioni importanti, più tardi arriveranno altre donne per occuparsi di ALTRE questioni, quando sarà sera e ci si prenderà un poco di riposo da tutto questo trambusto. La giovane Scariet, nipote di Cimaron, prende gusto a tutto questo. E’ un’esperta di corpo a corpo, in tutti i sensi, può stendere un uomo con calci e pugni o semplicemente cavalcandolo finchè quello non crolla. Alcuni dicono che è indemoniata quando fa l’amore, e ce ne sono molti che hanno esperienza diretta – Scariet non si fa molti problemi. Adora gli uomini deboli, per poterli vedere mentre impazziscono sotto di lei.
Ma i suoi pensieri riconvergono su altri problemi: deve aiutare lo zio, adesso. Lo zio se l’è scopata, un po’ di tempo fa. Non è piaciuto a nessuno dei due. Lui non è debole e lei è troppo agitata per i gusti di Cimaron. Scariet sta fumando una sigaretta in attesa che arrivino nuovi fanciulli da addestrare. Sta mettendo insieme una squadra di gente abile nel corpo a corpo, nella lotta senz’armi e senza corazze, una squadra che può muoversi silenziosamente e velocemente, più che altro per proteggere Cimaron. Ora però la lezione non è ancora cominciata e Scariet sta seduta alla finestra, guardando la pioggia che scende e i cavalli e i carri che entrano ed escono dal castello in continuazione, armi cibo notizie da tutto il nord, che entrano, che escono, non si ricorda d’aver mai vissuto un’eccitazione simile prima che lo zio tirasse in piedi quest’affare. E’ molto contenta di far parte del suo staff.
Eccolo là, lo zio, che ascolta tre o quattro persone contemporaneamente, ed allo stesso tempo detta una lettera al suo scrivano.
– "… non ci è piaciuta", dicevo, "dunque abbiamo deciso di mandarvi indietro un segnale"… no, meglio, scrivi "un ricordino giusto perchè vi rendiate conto di che fine ha fatto il vostro uomo." Mmmmh? Che gli scrivo adesso? Allora, vediamo… "il vostro uomo", punto."Sappiate che la cosa ci offende molto, e dunque"… no, vediamo… anzi, fai "questo mi costringe a lasciar perdere l’idea di collaborazione che avevo in mente, e a darvi un ultimatum. Ho intenzione"…no: "Vi offro la possibilità di sottomettervi ufficialmente al Regno del Nord, governato da Cimaron Di Leent. Se entro due mesi non avrò ricevuto una vostra risposta e un segno tangibile delle vostre intenzioni, scatenerò la mia arma su tutto il continente." Ho come la sensazione che non mi crederebbero. Che dici, Scariet?
– E’ vero, zio – bofonchia Scariet sbuffando fuori in fretta un poco di fumo. – Ma puoi descrivere i dettagli della tua arma, per apparire più credibile. Tanto non possono farci niente.
– Hai ragione, tesorino. Allora scrivi: "Sappiate che la mia non è presunzione, bensì coscienza dei miei mezzi. Ho raccolto moltissimi ottimi uomini da tutto il Nord, e li sto addestrando. E oltre a questo, grazie ai miei studi ho messo a punto una sostanza che, raccolta e concentrata in una giusta misura, e inserita in un contenitore, scoppia nel caso il contenitore venga urtato duramente, ad esempio quando tocca terra dopo essere stato lanciato. Una volta estratti dagli astucci e lanciati, scoppiando, liberano nell’aria le proprie sostanze tossiche, oltre ovviamente alle schegge del contenitore che vengono proiettate nell’aria. Le schegge hanno un raggio d’azione di pochi metri, mentre le sostanze tossiche, propagandosi nell’aria, hanno un effetto letale nel giro di centinaia di metri. Lanciando questi pezzi da lontano, posso ridurre le difese di una città senza nemmeno bisogno di avvicinarmi troppo. Avrete presto il modo di verificare che quanto vi sto dicendo e’ vero."
– Quando pensi di far esplodere il primo contenitore, zio?
– La squadra e’ gia’ partita. Vicino alla citta’ di Zabre, poco oltre la Terra Rossa, c’e’ un villaggio chiamato Lumbers. Il primo contenitore verra’ esploso li’. Non faremo molte vittime fra gli uomini, ci rimarranno piu’ che altro gli animali. Ma gli uomini potranno vedere l’effetto. E rimarranno vivi per raccontarlo. Questo dovrebbe convincerli.

Il viaggio di Filine
Dunque, Rejtiel era partito a cavallo cinque giorni prima, cioe’ il giorno immediatamente successivo a quello in cui lei gli aveva rivelato le informazioni. Cinque giorni di vantaggio non erano pochi, ma Filine sapeva cavalcare bene, ed era convinta di potercela fare. Cio’ che temeva era solo la Terra Rossa. Li’ non sarebbe stato facile.
Viaggio’ spedita; al terzo giorno di viaggio si fermo’ a una locanda a Ubeda e riusci’ a scoprire che un uomo aveva dormito li’ quattro notti prima. In base alla descrizione che gli fornirono, quell’uomo non poteva che essere Rejtiel.
Un giorno era stato recuperato.
Filine viaggio’ ancora, spedita, e comincio’ a stancarsi. Era brava a cavalcare ma non era abituata a lunghi viaggi. Sopporto’ i dolori. Respinse la stanchezza. Cavalco’ a lungo e dopo una settimana dalla sua partenza giunse a Ozinius.
Questa era l’ultima citta’ prima della Grande Strada Rossa. Qui dove gia’ il caldo era costante e quasi insopportabile per un forestiero, qui si fermavano a fare tappa tutti i pazzi che intendevano attraversare la Strada Rossa. Qui Rejtiel si sarebbe senz’altro fermato, per riposare, e fare scorte. Filine giro’ tra le locande, finche’ a una trovo’ informazioni: un uomo corrispondente alla sua descrizione aveva dormito li’ tre giorni prima.
Il giorno dopo era partito verso la Strada Rossa.
Aver recuperato un altro giorno era una buona notizia. Ma doversi avventurare nella Strada Rossa non lo era. Filine sapeva fin dalla partenza che probabilmente avrebbe dovuto percorrere quella strada, ma aveva cercato di non pensarci, cavalcando piu’ veloce per raggiungere il fuggitivo. Non era bastato. Ora la Strada la attendeva.

La Terra Rossa e’ una larga fetta che taglia completamente in due il continente. Si estende da costa a costa, e in senso latitudinale copre nel suo punto piu’ ampio circa duecento miglia. Al suo interno, caldo oltre l’immaginabile, lunghe interminabili distese statiche di sabbia rossiccia e bollente, alcune rocce che spuntano come enormi denti, tutte levigate, tondeggianti, indistinguibili l’una dall’altra; alternate ad aree dove le dune si ammassano, si muovono, ingannano con la complicita’ del vento che soffia silenzioso. In tutto questo inferno, una piccola coraggiosa striscia di salvezza: la Grande Strada Rossa. A dispetto del nome, non si tratta di una vera e propria strada, ma di un percorso delineato molto tempo fa da alcuni arditi esploratori con l’utilizzo di pietre incise e sistemata con la maggior cura possibile ogni qualche decina di metri. L’idea era stata quella di fornire un primo indizio sulla strada piu’ diretta da percorrere: lasciando che altri poi in seguito venissero a rifinire il lavoro con maggiori pietre, magari segnali, qualcosa del genere. Ma nessuno era troppo interessato a rendere facilmente percorribile quella strada: non le citta’ a Sud, che vedevano nell’isolamento del resto del continente una buona cosa, una sorta di prigione naturale, per poter continuare a sfruttare le loro risorse senza rischiare espansioni, migrazioni, invasioni; non le citta’ a Nord, che non avevano mezzi, fondi e uomini per pensare ad altro che alla sopravvivenza.
Cosi’ quel primo percorso approssimativamente delineato era rimasto l’unico aiuto per attraversare la Terra Rossa, ed era stato ironicamente denominato "la Grande Strada Rossa". Non veniva usato spesso: solo da chi fuggiva e non poteva mescolarsi con altri, o da chi aveva troppa fretta per andare sulla costa e prendere una nave. Insomma, solo da gente come Rejtiel e Filine.

Il giorno dopo, Filine fece provviste di acqua e cibo e parti’ in direzione della Grande Strada. Sperando che la sabbia non avesse coperto troppe pietre segnaletiche, che lei e il suo cavallo rimanessero in salute, e che nessun animale del deserto decidesse di dare loro fastidio, ci sarebbero voluti circa sei o sette giorni per attraversare la Terra Rossa. Sicuramente Rejtiel era piu’ esperto di lei. Se si era diretto cosi’ decisamente verso la Terra Rossa, significava che non la temeva.
Lasciata la citta’ di Ozinius, Filine cavalco’ rapida fino al confine del deserto. Dopo la citta’, solo alcune case sparse, perlopiu’ abbandonate o usate sporadicamente. Poi, proprio al confine, un piccolo chiosco e alcune botteghe, per fornire gli ultimi aiuti a coloro che intendevano partire, per fornire i primi aiuti a coloro che arrancando riuscivano a uscire dal deserto.
Filine vide un venditore di cammelli, ne compro’ uno in cambio del suo cavallo, e lo carico’ di tutto cio’ che gia’ aveva. Senza correre, che nel deserto sarebbe stato un suicidio, sprono’ il suo cammello ad avanzare lentamente sulla sabbia. Era entrata nella Terra Rossa, per la prima volta nella sua vita.
– Adesso si’ che posso dire di aver viaggiato – si disse ad alta voce, e sorrise.

Il suo viaggio ando’ bene per i primi cinque giorni. La strada, nella parte piana del deserto, era ben visibile e facile da seguire. I problemi nacquero quando si trovo’ in mezzo alle dune. Li’ la pista era scomparsa e solo orientandosi approssimativamente con la posizione del sole riusciva a proseguire. Poi capitava che durante il giorno perdesse la cognizione del tempo, e allora insicura si fermava e attendeva che il sole calasse, cosi’ da rendersi conto dov’era il tramonto e continuare ancora un po’. Il tempo passava veloce, il deserto sembrava non finire.
Era l’ottavo giorno quando ebbe il primo svenimento. Il sole sembrava sempre piu’ caldo, il deserto sembrava un nemico che stesse assaporando la sua morte. Le dune sembravano muoversi a vista d’occhio, sempre piu’ veloci, sempre piu’ veloci, e poi fu buio.
Si sveglio’ che era il tramonto. Il suo cammello era scomparso, e con lui gli ultimi viveri, tranne una borraccia d’acqua che teneva intorno al collo per comodita’. Era tempo di lasciarsi prendere dal panico, ma nemmeno quello serviva. Sola, persa chissa’ dove nel deserto, senza provviste, non era panico quello che sentiva ma una inedia totale, la mancanza di energia. Non c’era motivo di proseguire. Si lascio’ andare e si addormento’.
Era l’alba quando il caldo la sveglio’. Vide le dune, ricordo’, ma riusci a non disperare.
"Non posso essere lontana", si disse con un barlume di lucidita’. La tigre non voleva mollare. La tigre poteva anche morire, ma non avrebbe mollato. Con passi dapprima incerti e poi sempre piu’ sicuri si avvio’ verso Nord, in mezzo alla sabbia che cedeva sotto i suoi piedi e la rendeva instabile.
Poco tempo dopo – il caldo non era ancora cosi’ insopportabile – vide la salvezza. Rivide la distesa di sabbia rossa. Le dune finivano a poche miglia dalla fine del deserto, sostituite dalla distesa di sabbia rossa interrotta dalle rocce vaganti.
Allora cammino’. Barcollando, con la testa che girava, con testardaggine, arrivo’ alla fine delle dune, torno’ sulla Grande Strada Rossa. Doveva arrivarci, cazzo, non poteva mollare ora, che mancavano solo poche miglia alla fine della Strada: sentiva che avrebbe ancora potuto intercettare Reitjel e impedirgli di causare la rovina di Louis e Tefa. Corse, o meglio barcollò con i polmoni in fiamme, sentendo intando la realtà che vacillava, intorno a lei; tutto stava ondeggiando, e la Grande Strada Rossa sembrava un serpente che danzava intorno a lei con strane e incomprensibili evoluzioni. Stava per svenire? Cercò di non pensarci, e di andare avanti, ma a un certo punto un ginocchio gli cedette e lo picchiò forte sul terreno; soffocò un grido di dolore, si rialzò a fatica e fece ancora qualche passo in avanti, poi perse definitivamente l’equilibrio e cadde in avanti rovinosamente
sdraiata sul terreno faccia a terra si mosse convulsamente, rantolando
e poi ancora spasmodiche contrazioni dei muscoli
(mangiava quintali di sabbia intanto)
un agitarsi frenetico sulla terra calda
un solo guizzo ancora, e poi
più niente
immobile

e poi era immobile nella polvere e c’era solo silenzio sulla Grande Strada Rossa.

Alessandro Zanardi

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