E’ quello che ho provato leggendo l’articolo su KULT di Giugno "Il femminismo è morto?" di Fabrizio Cerfogli; dalla prima frase all’ultima.
"…misere donne senza carattere…" Fabrizio, posso darti del tu?, hai mai provato a scendere in piazza? Non per stupidi scioperi di cui non sapevi neanche la ragione bastava ti tenessero fuori da scuola per una mattina, intendo in piazza sul serio, in un corteo a urlare i tuoi principi, contro tutti, principi che vanno contro quelli della maggioranza delle persone e del potere, del governo, della "buona educazione", rischiando di sentire il manganello dei poliziotti (uomini, a quel tempo) sulle ossa, o di andare addirittura in carcere? Non credo, perché altrimenti sapresti che ci vuole tutto il coraggio che uno può trovare dentro di sé, altro che "…misere donne senza carattere…". Pensa a quegli anni in cui tu non eri ancora nato, a quelle donne in piazza, a quando tornavano a casa dai mariti, dai padri, dai fratelli, "puttana femminista, cosa credi di fare, di ottenere?" Ma no certo, come tu dici, loro dovevano "…reagire con intelligenza e astuzia, le stesse doti che in passato le loro "antenate" hanno usato per ottenere dall’uomo quello che volevano ottenere, le uniche doti che potessero contrapporsi all’indiscutibile supremazia fisica dell’uomo e vincere a tutto campo (se usate nel modo opportuno) come è successo in molte realtà familiari e sociali dei tempi andati." Così ci sarebbe ancora la legge per cui, una donna "colpevole" di adulterio, può essere condannata al carcere; legge esistente fino al 1969, annullata solo nel 1970 con la Riforma del Diritto di Famiglia. Legge che riguardava esclusivamente il sesso femminile, non applicabile all’uomo, in quanto… tale! Ti ricordi di Coppi e Bartali, chi non li ha mai sentiti nominare, ti ricordi della famosa "Dama Bianca"? Coppi era sposato, anche la "Dama Bianca" , infatti lei andò in carcere e ci rimase per mesi, accusata di adulterio, proprio in base a questa legge; Coppi, ovviamente, no. Ma sì, potevamo anche tenercela, noi donne, quella legge, in fondo, puniva solo chi sbagliava, bastava essere brave…
"l’utero è mio e me lo gestisco io" Ti sei mai chiesto il significato di questa frase? Ti sei fermato come quasi tutti alla rima? Hai mai pensato perché è nata, a come funzionavano e avevano sempre funzionato le cose fino ad allora? Da una parte le peccatrici, rimaste incinta senza essere sposate (Oddio!) a gestirsi un figlio o un aborto clandestino da sole; dovevano pensarci prima, tu dici, peccato non esistessero ancora pillole anticoncezionali senza pericolosi effetti collaterali, e una donna non potesse sicuramente entrare in farmacia e comprare una scatola di preservativi. Chi aveva in "gestione l’utero" in questo caso? Il piacere per entrambi (nel migliore dei casi) e le conseguenze per lei sola. Dall’altra parte le brave ragazze, sposate, madri di famiglia, con tre, quattro, cinque, sei figli, a seconda della fortuna o di "Ogino-Knaus". E in questo caso, chi aveva in "gestione l’utero"? Quell’urlo "l’utero è mio e me lo gestisco io" era un urlo di libertà, di indipendenza, la voglia di gestirsi la propria vita facendo le proprie scelte, avere un figlio quando veramente lo si desidera, con chi si ama, un cominciare a pensare ad un minimo di contraccezione. Ti fa così schifo adesso, AIDS permettendo, poter fare l’amore senza il rischio di avere figli, se in quel momento sia tu che lei non li desiderate? Credi che per questo avrebbero mai combattuto gli uomini, un giorno, e perché mai, i figli gli hanno mai impedito di realizzare se stessi, nel lavoro, negli sport, negli hobby, con gli amici? Se quelle donne non fossero scese in piazza a urlarlo, a imporlo, a fare la rivoluzione, perché di rivoluzione stiamo parlando, credi davvero che sarebbe venuto tutto da solo, che le cose sarebbero cambiate automaticamente, una naturale evoluzione della società? Io non credo. Personalmente mi sento e mi sentirò sempre debitrice verso quelle "coraggiose rivoluzionarie" che hanno avuto il fegato, in una società maschilista come quella di allora, di scendere in piazza e di mettere in gioco se stesse e i propri affetti per qualcosa in cui credevano fermamente; andare contro quelle regole che tu dici avevano e hanno gli uomini, e che non hanno ancora avuto il coraggio di combattere, restando "…vincolati a rispettare…". Che siano allora più coraggiose le donne, che, usando un eufemismo a voi uomini così caro, a forza di vivere con uomini senza "palle" non siano cresciute a loro?
Tu parli del sistema economico capitalista, del "successo", del "vitello d’oro" dei paesi moderni, sistema di cui ora fanno parte anche le donne, schifato; non sai che è in questo sistema che viviamo e non credi che per combattere un sistema bisogna attaccarlo dall’interno? Non sai che è innanzitutto l’indipendenza economica che ci può dare a tutti, uomini e donne, l’indipendenza umana? Se per mangiare hai bisogno di qualcuno, marito o padre che sia, e senza di lui muori di fame, cosa te ne fai delle idee e dei principi quando sei morto?
E’ vero, hanno "gridato" tante cose, ma sicuramente non "idiozie", sì, con rabbia e violenza, per fortuna, altrimenti chi le avrebbe mai ascoltate? Se tu, che hai la sfacciataggine, sembra, di definirti "non maschilista", a distanza di vent’anni ancora non le capisci, credi le avrebbero capite gli uomini di allora?
Parli di bombe sexy, di palestra e silicone, vogliamo parlare del "Viagra"? Della necessità maschile di sentirsi "virili", sessualmente "infallibili e potenti", come se quello fosse l’unico metro per misurare il vostro "essere uomini"?
Allora, chi è debole e chi forte? Entrambi, entrambi deboli e forti, perché siamo tutti "esseri umani". E’ proprio questo il punto.
Forse tu, e chissà quanti altri come te purtroppo, non hai ancora capito che "femminismo" non è "ribaltare le parti"; femminismo è stata la lotta per ottenere i diritti in quanto esseri umani, quei diritti che erano sempre stati negati a noi donne in quanto "donne", gli stessi diritti che voi uomini avete sempre avuto in quanto "uomini". E tu scrivi "…non è per la reale parità umana (che non ha motivo di esistere per forza di cose)…"; Per quali cose? Il pene, la forza fisica? Cosa ci manca per essere al pari vostro come esseri umani?
Il tuo articolo mi ha lasciato addosso una grande tristezza, e una grande stanchezza, come se tutto quello fatto, detto, lottato, patito, sofferto fino ad ora, non fosse valso a nulla. Ho 29 anni, a detta degli "studiosi" faccio probabilmente già parte di un’altra generazione rispetto alla tua, ma l’abisso è veramente così grande? Possibile che tu, e forse la tua generazione, maschile e femminile, non riesca a capire che TUTTO QUELLO CHE HA ADESSO LO DEVE ALLE LOTTE DEL PASSATO? Che rinneghi con poche e banali righe un’intera epoca, un’intera generazione? Dici "Concludendo, mi basta dire che il femminismo è inutile." "…una donna che si possa definire tale, quindi non certo una femminista…" E’ agghiacciante.
Hai ragione, mia cara Lorenza Ceriati, "il femminismo non è morto". Non può, non se lo può permettere, non fino a quando "uomini" come Fabrizio Cerfogli continueranno a ragionare così. Il modo di lottare e le rivendicazioni sono cambiate, non "grazie a Dio" ma grazie alle nostre madri, zie, a donne mai conosciute, che hanno lottato e ottenuto per noi diritti che ora sembrano scontati. Non è ancora finita, purtroppo, ora, come dici tu, dobbiamo ancora abbattere "quel sottile e subdolo maschilismo del quotidiano", quello che ci chiede, ad ogni colloquio di lavoro, se abbiamo figli e se abbiamo intenzione di farne nei prossimi due anni, quello che ci chiede "come eravamo vestite quel giorno" nei processi di stupro, quello che fa esistere "First Lady" ma non ancora "First Man".
E non dimentichiamoci, vi prego, di quelle donne dietro quelle tuniche nere, delle loro mani nascoste nei guanti, di quei visi femminile coperti da un reticolato fittissimo, in Afganistan…
Diritti scontati
Davanti alla violenza, che non è necessariamente sempre e solo fisica, all’ottusità, alle sentenze dettate dall’ignoranza, provo sempre la stessa sensazione: una rabbia sorda che mi sale dalla pancia fino alla gola, ma non si tramuta in urlo, resta lì, a soffocarmi.
Giovanna Cracco