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Collezione Malabotta

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Collezione Malabotta
Palazzo Massari


La donazione della collezione Malabotta al comune di Ferrara sarà alloggiata in struttura permanente a Palazzo Massari, in contiguità con l’altra raccolta di un importante artista ferrarese, Giovanni Boldini.
La collezione era di Manlio Malabotta, un notaio amante dell’arte, amico del grande poeta gradese Biagio Marin, che ha elevato il vernacolo a linguaggio universale, era raccoglitore di memorie erudite, antichità, ceramiche, nonchè infaticabile art-promoter, dedicandosi alla saggistica d’arte, su artisti triestini e veneti, e cercando di svecchiare le raccolte del Museo Revoltello, e intanto coltivava amicizie con Longanesi e Maccari, le cui penne taglienti erano intrise nell’acido solforico della satira. Esiliato a Roma per tutta la durata della guerra, riuscì dopo gravi difficoltà a risalire la china; la sua casa di Montebelluno era zeppa di suppellettili e antichità disparate, mentre alle pareti trionfava De Pisis e finì per incontrare Comisso, da cui acquistò tele, risalenti al loro sodalizio: Bottiglia tragica, La Cupola, Pesci marci, Gladiolo fulminato, Nudino rosa, Aviatore, rimpinguate da opere provenienti da Umberto Saba: Pesci nel paesaggio di Pomposa; Natura morta con pane, formaggio e bottiglia; una rosa sta buttando; viale a Parigi; Galletto, già di Leonor Fini.
Da Scheiwiller, ottenne uno dei rari quadri notturni: la falena che reca scalfita la dicitura Gemma.
I pesci marci, sono quelli che a detta di Comisso trovava nella spazzatura, nel periodo veneziano, avvolti in carta di giornale precorrono l’arte pop. La natura morta con pane, formaggio bottiglia non ha nulla di materica ridotta lieve stesura cromatica in un’economia formale stringatissima, in segno che accenna i contorni degli oggetti della composizione di lirica essenzialità.
Toccante una rosa sta buttando, un acquarello cui il pastello annette la corposità di tocchi materici.
Il ritratto di Allegro riproduce le fattezze pensose di un giovane sullo sfondo di una porta in cui occhieggia un quadro.
E’ una scena primaverile, il giardinetto fiorito, esaltato da una luce che ne investe le effluorescenze policrome.
La falena è uno dei pochi quadri notturni che si staglia su uno sfondo scenografico.
Il pollastro (frattaglie) è dominato da una luce che smangia i contorni del volatile, focalizzato in primo piano soffuso di un chiarore emanato dalla finestra socchiusa, in contrasto con il colore caldo delle pareti.
Nudo sdraiato fa parte di una serie di studi anatomici; disteso sullo sfondo di una marina, con la brezza alitante tra i tendaggi su cui è adagiato il giovane.
Sulla stessa falsariga ma a sanguigna, più caratterizzato il nudo disteso che legge, che sembra una vignetta, che fa parte di un corpus nutrito di disegni bozzetti e schizzi.
Di sapida consistenza formale la Bottiglia che campeggia su un ripiano, lito acquerellata, come il Pesce azzurrino che spicca tra carte accartocciate e Omaggio a Gaya: uno studio di figure imperniato in un interno cui non mancano le suppellettili, tra cui il trespolo con relativo pappagallo variopinto, forse Cocò, che l’artista portava appollaiato provvidenzialemente su una spalla a spasso per Venezia e Capri.
Accurata anche la resa minuziosa di strumenti e ferri del mestiere pittorico "Nello Studio", con candide pareti su cui spiccano tele.
Metafisica, le Nuvole, che si libra nel cielo caliginoso sormontando le spiaggie deserte.
Curioso, Cocò allo specchio, nello studio, attorniato da libri e tele.
Singolare, l’Alloro gigante, che spicca su un litorale mentre un omino minuscolo sembra sperduto sullo sfondo di una natura inquietante.

Giuliana Galli

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