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Il disperso (2)

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Il disperso (2)

Capitolo 7

Il mattino successivo il tenente La Forge entrò sorridendo in plancia con un piccolo apparecchio nel palmo della mano.
– Capitano, sono riuscito a costruire un generatore di campo per il maggiore Bradley, dovrebbe impedirgli di smaterializzarsi trattenendo le sue molecole all’interno del campo di contenimento. Sarà come se indossasse un nuovo abito, e gli calzerà a pennello.
Porgendolo nella mano del suo superiore l’ingegnere attese di ricevere il permesso di portarlo in infermeria, attraverso il Visore che annullava la sua cecità osservò il volto compiaciuto del capitano.
Picard lo girò e rigirò studiandone ogni minimo particolare, rimase stupito dalle sue minuscole dimensioni e gli parve del tutto fuori luogo chiedere se funzionasse veramente.
Il tenete la Forge non l’aveva mai deluso prima d’ora.
– Un ottimo lavoro tenente, lo porti pure al nostro ospite e lo faccia accompagnare da un uomo della sicurezza al suo alloggio. Lo informi che più tardi lo raggiungerò per fargli qualche domanda.
Mentre La Forge lasciava la plancia Picard si rivolse al Primo Ufficiale.
– Comandante Riker ha scoperto qualcosa sulle sue generalità?
– Purtroppo no capitano. Non esiste nessun maggiore Tom Bradley nella Flotta Stellare e nemmeno all’anagrafe federale.
Picard non riuscì a trattenere una smorfia di disappunto.
– Non posso crederci, ci ha perfino fornito la sua matricola, deve pur esserci una registrazione da qualche parte.
Raggiungendo la postazione centrale il comandante Data s’intromise nella discussione.
– Se permette capitano quello che ha riferito il comandante Riker è esatto, mi sono preso la libertà di controllare i dati disponibili ed ho ottenuto i medesimi risultati.
– Quindi comandante Data? – chiese incuriosito Picard sperando che ci fosse un seguito al discorso.
– Quindi capitano i dati sono stati abilmente manipolati. Il maggiore Tom Bradley anagraficamente non esiste, come del resto anche la sonda nella quale viaggiava. Tecnicamente la cancellazione di ogni singola informazione è molto complessa, ma non impossibile. Probabilmente al Comando di Flotta sapranno darci qualche delucidazione in merito, sempre che…
– …sempre che il Comando non ne sia direttamente responsabile! – concluse Picard incrociando lo sguardo stupefatto del comandate Riker.
Dopo aver ascoltato le parole del capitano fra gli ufficiali presenti in plancia si diffuse il silenzio più assoluto.
Il loro sguardi attoniti evidenziarono la gravità delle parole appena pronunciate.
Guardandosi intorno Picard si rese conto di aver commesso un grave errore lasciandosi andare a simili congetture in pubblico.
– Comandante Data per favore mi accompagni nella Saletta Tattica.
L’androide seguì il capitano nella stanza attigua sostituito immediatamente da un guardiamarina di servizio.
– Signor Data penso di avere un incarico che si addice perfettamente alle sue capacità: voglio che controlli ogni singolo file disponibile sulle missioni nella zona neutrale, su tutti gli ufficiali dispersi in quel settore, estrapoli qualsiasi congettura sulla sfera e sulle sue funzioni e cerchi ogni possibile indizio di manomissione di documenti o di diari di bordo.
Gli occhi gialli dell’androide si mossero meccanicamente immettendo tutte le richieste del capitano.
– E` tutto signore?
Picard apparve nervoso, si sistemò l’uniforme e si sedette alla scrivania congiungendo le dita.
– No, desidero che effettui anche una ricerca personale sull’ammiraglio Simon Jensen. Accerti se è collegato in qualche modo a questi fatti, e riferisca esclusivamente a me le sue scoperte, sono stato chiaro?
– Perfettamente signore. Posso andare adesso?
– Quando si iniziano a nutrire sospetti sulle alte sfere del comando, Signor Data, può essere l’inizio del crollo della grande piramide chiamata Federazione.

Capitolo 8

Le stelle brillavano in lontananza attraverso la vetrata dell’alloggio del maggiore Bradley. Il dispositivo del tenente La Forge gli era stato applicato dietro la nuca generando un leggero riverbero luminoso tutt’intorno alla sua persona.
Picard aveva ordinato di predisporre l’apparecchio in modo che non potesse essere disattivato, visto l’instabilità emotiva del suo ospite non voleva correre il rischio che tentasse eventualmente il suicidio.
Nelle ultime ore infatti la situazione era peggiorata e l’ufficiale era stato soccorso in extremis dall’équipe medica che fortunatamente lo teneva costantemente sotto controllo dal monitor in infermeria.
Ogni volta che il sonno lo coglieva i suoi incubi iniziavano a tormentarlo, ma sempre più spesso non attendevano nemmeno che s’addormentasse.
Il campo di forza era stato sollecitato in più occasioni, il suo corpo tentava disperatamente di smaterializzarsi scomparendo e ricomparendo all’interno del campo di contenimento.
La dottoressa Cruscher non era riuscita a trovare una spiegazione scientifica per giustificare il fenomeno, me era altresì certa che presto nessun congegno sarebbe riuscito ad evitare l’inevitabile.
Avrebbe perso per sempre il suo paziente.
l campanello trillò facendo sobbalzare l’ufficiale immerso nei suoi pensieri.
– Avanti. Capitano Picard, entri la stavo aspettando.
– Come si sente oggi maggiore?
– Discretamente, grazie all’aiuto della dottoressa. Suppongo che abbia molte domande da rivolgermi.
– In effetti è così – confermò Picard.
Accostando le mani dietro la schiena l’ufficiale si alzò dal divano elevandosi in tutta la sua notevole statura.
– Mi dispiace capitano, ma questo argomento è coperto da segreto militare, non posso dire nulla – spiegò dirigendosi verso la vetrata fingendo d’osservare il firmamento.
– Non può, oppure non vuole? – ribatté Picard alzando il tono della voce.
Il maggiore si girò ed incrociò lo sguardo del capitano, non notò più nessun segno di comprensione sul suo volto.
– Entrambe le cose capitano. Consideri la mia posizione, per lei io sono un enigma, un mistero al quale non riesce a dare risposta. Sarebbe stato meglio se mi avesse lasciato alla deriva, la verità potrebbe non piacerle.
Improvvisamente il volto del maggiore si oscurò mostrando segni di squilibrio nervoso.
Perché mi ha salvato? Non ha captato il segnale di quarantena e l’avviso di pericolo all’ingresso della sala di controllo? Perché l’ha fatto? Lei è uno stupido!!!
– L’ho salvata perché era mio dovere farlo! E sappia che ho dovuto disubbidire agli ordini dell’ammiraglio Jensen che voleva distruggere la sua dannata sonda, e mi creda maggiore, incomincio a pentirmene veramente! – tuonò Picard senza lasciare che il suo interlocutore potesse ribattere nulla.
– Comunque visto che non vuole collaborare la sbarcherò al più presto alla Base Stellare e la consegnerò alle autorità, sempre che l’ammiraglio non richieda prima il suo trasferimento al Comando. Penso di aver fatto tutto il possibile per aiutarla, ma stando così le cose…se vuole parlare sa dove trovarmi! – concluse stizzito Picard avviandosi verso l’uscita.
– Aspetti capitano – lo richiamò con urgenza il maggiore Bradley.
– Ho sentito bene? Ha nominato l’ammiraglio Jensen?
Picard si girò con il volto ancora alterato.
– Si maggiore, l’ammiraglio Simon Jensen, lo conosce forse?
– Purtroppo si…mi scuso per il mio comportamento imperdonabile, ma la prego, non mi consegni nelle sue mani, sarebbe la mia morte.
– Non capisco, si spieghi meglio.
– Non pensavo che ci fossero ancora dei sopravvissuti della vecchia squadra…almeno lui deve pagare per tutto il male che ha fatto. Le spiegherò ogni cosa capitano, adesso che ho uno scopo da raggiungere la mia vita vale la pena d’essere vissuta. Quello che almeno ne rimane.
Vuole concedermi l’immunità politica?
Picard notò per la prima volta la paura sul volto dell’ufficiale.
L’invincibile maggiore Bradley, sopravvissuto per dieci anni alla deriva nello spazio era lì di fronte a lui tremante come un ragazzino impaurito.
Come poteva fidarsi di un uomo soggetto continuamente a delle allucinazioni agghiaccianti? Quello che avrebbe detto avrebbe avuto un senso o sarebbe stato solo il farneticare di uno squilibrato?
Concedergli l’immunità avrebbe comportato sicuramente nuovi problemi con il Comando, già il fatto di aver disubbidito ad un superiore era motivo sufficiente per la Corte Marziale, ma a questo punto Picard si sentì troppo coinvolto per non voler conoscere la verità.
Soppesando bene le parole rispose.
– Va bene maggiore, le offro asilo politico a bordo dell’Enterprise. Da questo momento però da lei mi aspetto una totale ed incondizionata collaborazione, le sembra di aver compreso bene le mie parole?
– Si capitano, ho capito perfettamente ed accetto le sue condizioni.
– Molto bene maggiore, si sieda e mi racconti tutto dall’inizio.


Capitolo 9

Il consigliere Troi si svegliò con un gran mal di testa.
Dopo l’esperienza vissuta durante il contatto con la sonda le erano stati prescritti una serie infinita di calmanti e sonniferi. Si alzò dal letto alla ricerca della sua uniforme sperando che ritornare in servizio le avrebbe fatto passare quel senso di nausea che non le dava tregua da alcuni giorni.
Era quasi pronta per uscire quando la sua mente percepì qualcosa di estraneo, analizzando meglio le sue percezioni le sembrò di riconoscere la stessa presenza amica incontrata durante l’incidente.
La sentì molto vicino, le parve persino di poterla toccare.
– Computer rilevi qualche forma di energia aliena?
– Negativo.
Eppure non si stava sbagliando, le sue sensazioni erano più forti che mai.
– Computer abbiamo a bordo qualche nuovo membro dell’equipaggio?
– Positivo. Maggiore Tom Bradley.
Forse ere lui la persona che stava cercando.
– Computer, localizzare il maggiore Tom Bradley.
– Il maggiore Tom Bradley è nel suo alloggio. Ponte otto.
Affrettandosi uscì percorrendo il corridoio più velocemente possibile, trovò il turbo-elevatore libero fermo al piano, senza lasciarselo sfuggire entrò ed ordinò.
– Ponte otto!

Il capitano Picard era impaziente d’ascoltare il rapporto del maggiore Bradley.
L’ufficiale sembrava un poco impacciato, probabilmente non sapeva bene da quale parte incominciare, cercando di metterlo a suo agio gli domandò.
– Vuole qualcosa da bere?
– No grazie, preferisco iniziare immediatamente prima che i miei ricordi comincino a vacillare.
Interrompendo quell’attesa imbarazzante il campanello trillò con insistenza.
Quando le porte si aprirono entrò ansante il consigliere Troi.
Il volto del maggiore, sempre così serio e distaccato, non appena la vide s’illuminò sorridendole apertamente.
– Deanna sei qui? – esclamò l’ufficiale raggiungendola ed abbracciandola.
Picard rimase sorpreso ed un poco a disagio guardando i due, fingendo un colpo di tosse dopo alcuni minuti richiamò l’attenzione su di se.
– Signori se non vi dispiace…
Deanna si allontanò scusandosi.
– Mi perdoni l’interruzione capitano, ma ho sentito la presenza del maggiore a bordo della nave, adesso non ho più nessun dubbio, era lui l’essere alato che mi ha salvato.
– Conferma la teoria del consigliere? – domandò perplesso Picard.
– Si capitano, ero proprio io.
In dieci anni Deanna è stata la sola creatura normale che sia riuscita a penetrare nei miei incubi. Solitamente ero abituato ad essere perseguitato da esseri mostruosi, vedere lei mi ha fatto capire che stava succedendo qualcosa di nuovo, non ero più solo fra tutta quella sofferenza. Mi dispiace che il nostro incontro le sia quasi costato la vita.
Picard fece accomodare la betazoide chiedendole di restare, le sue capacità sarebbero state preziose durante l’interrogatorio, inoltre da quando era entrata l’ufficiale sembrava in qualche modo più tranquillo.
– Maggiore, se adesso vuole cominciare – chiese Picard con una certa urgenza.
– Va bene capitano. Ha mai sentito nominare la Pioneer Squad?
– Direi proprio di no, è forse un corpo specializzato?
– Esatto. Per farle comprendere meglio i fatti dobbiamo risalire al periodo della crisi fra la Federazione e l’Impero Romulano.
A quei tempi un gruppo di alti ammiragli creò una sezione destinata al Grande Esperimento. Un’arma segreta ideata dalla Federazione per attaccare, in caso di conflitto, l’Impero direttamente al suo interno.
– Un arma segreta? – esclamò scettico Picard.
– Si capitano, un raggio teletrasporto modificato ed incanalato in un acceleratore di particelle. Le truppe viaggiando a velocità di curvatura si sarebbero dovute materializzare all’interno delle stesse difese nemiche colpendole di sorpresa.
Nessun sistema di rilevamento avrebbe potuto tracciare la loro rotta nel sub-spazio, e considerando l’enorme rapidità dell’attacco sarebbero potute partire da qualsiasi avamposto.
Il Grande esperimento: l’arma perfetta, così almeno la chiamavano gli scienziati.
Mi sembra perplesso capitano, non mi crede?
Picard si volse verso il consigliere in attesa di una sua analisi empatica.
– Capitano, le sta dicendo la verità – confermò la sensitiva vagliando le percezioni del soldato.
– Continui maggiore, dopo cosa è successo?
– Il Comando scelse l’allora capitano Jensen per selezionare dei volontari.
Io ed altri sette ufficiali risultammo idonei dopo aver superato una durissima selezione.
Per prima cosa cancellarono le nostre identità per mantenere protetto il Progetto e dopo un mese d’addestramento fummo trasferiti al Laboratorio Armageddon per il test finale.
Ci fecero salire su di una pedana di teletrasporto e ci informarono che la nostra destinazione sarebbe stata un asteroide distante un centinaio di anni luce.
Lì avremmo trovato i medici e gli scienziati pronti a soccorrerci in caso di necessità ed a rilevare i dati di volo.
Una lacrima scese dal suo volto ripensando a quei tristi giorni ormai così lontani.
Deanna gli prese una mano cercando di confortarlo.
– Per favore continua, ti farà bene liberarti da questo peso, coraggio io sono qui con te, ti aiuterò.
Sorridendole l’ufficiale riprese a narrare.
– Quando diedero energia inizialmente tutto procedette secondo i piani, stavamo viaggiando a curvatura verso l’asteroide in formazione d’attacco.
Ma quando arrivammo in prossimità della piattaforma di destinazione Jim si materializzò senza la testa e senza le gambe, John era ridotto ad una striscia contorta di materia fumante, mentre io in qualche modo riuscii a completare il processo di materializzazione senza subirne gravi danni fisici…ma la mia sanità mentale era compromessa, almeno così mi dissero i dottori.
Degli altri sette colleghi che componevano la squadra non si seppe più nulla, dispersi per sempre nell’iper-spazio.
A volte, durante le mie visioni, mi sembra di sentire ancora le loro urla strazianti, il Grande Esperimento si era concluso per noi in una ecatombe.
Picard deglutì non trovando nessuna parola adeguata per descrivere lo stato d’animo in cui si trovava.
Il maggiore fece una breve pausa versandosi da bere dalla caraffa appoggiata sul tavolino.
– Ma questo capitano è solamente l’inizio.
Fui rinchiuso per circa due anni in un istituto per malattie mentali della Federazione per essere sottoposto a dei controlli e scoprire in che modo fossi sopravvissuto all’incidente.
Loro mi imbottivano con quelle maledette medicine, con i loro dannati test, ma io mi sentivo bene, non ero pazzo glielo posso giurare!
Tentai la fuga più volte ma purtroppo fui sempre catturato.
Un giorno il capitano Jensen in persona venne a farmi visita dicendomi che voleva farmi collaudare una nuova sonda automatica munita di nuovi dispositivi in grado di compensare le mie instabilità mentali: una sfera di sospensione vitale.
Accettai, avrei fatto qualsiasi cosa pur di uscire da quella clinica.
Dopo alcuni giorni mi lanciarono nello spazio in orbita sincrona intorno alla Terra.
In breve iniziai a perdere il senso della realtà, il liquido della sfera sollecitava le mie percezioni facendomi vivere delle esperienze paradisiache, non mi ero mai sentito così felice in vita mia.
Non mi resi nemmeno conto che mi stavano dirottando verso lo spazio profondo.
Si capitano Picard ha capito bene, mi abbandonarono nello spazio.
Il capitano Jensen non voleva testimoni del suo insuccesso, presto tutta questa faccenda sarebbe stata dimenticata ed il buon nome del Comando di Flotta sarebbe rimasto immacolato.
Naturalmente io sarei figurato come vittima di un malfunzionamento della sonda.
Il resto se lo può immaginare senza bisogno di aggiungere dettagli.
Vagai per lo spazio come un naufrago per diversi anni prima che le apparecchiature di controllo iniziassero ad entrare in avaria, da quel momento in poi i miei sogni e la mia vita virtuale così appagante si trasformarono in un incubo.
Chiamai più volte il controllo a Terra.
– Sono il maggiore Tom Bradley mi sentite? Sono in pericolo, voglio scendere, tiratemi fuori di qui!
Gridai per giorni interi sperando che qualcuno mi sentisse, ma nessuno volle rispondere ai miei appelli.
Non esisteva modo di correggere la rotta della sonda, i miei tentativi di liberarmi dalla tuta di protezione furono del tutto inutili, rimasi intrappolato come un topo in gabbia.
Ero completamente solo, con la sola eccezione delle allucinazioni generate dalla sfera.
Maledetti!!!
Picard si alzò dal divano con il volto angosciato, pose una mano sulla spalla del maggiore in segno di profonda compassione.
– Per adesso è sufficiente, si riposi maggiore, ne riparleremo domani. Consigliere se lo desidera può restare a fargli compagnia.
– Grazie capitano resterò – confermò la betazoide comprendendo come la fatica di rivivere quell’esperienza avesse indebolito la resistenza di sottrarsi al processo di smaterializzazione.
Il suo corpo infatti iniziò a fluttuare leggermente all’interno del campo di forza svanendo per alcuni istanti dall’Enterprise.
Poi fortunatamente ancora una volta tutto ritornò alla normalità.
Prima di lasciare la stanza Picard promise con tono deciso.
– Maggiore, le garantisco che l’ammiraglio Jensen pagherà di persona per i tutti i suoi crimini!

Capitolo 10

Diario del capitano. Data Stellare 46353.7
Dopo aver ascoltato la confessione del maggiore Tom Bradley ho ufficialmente aperto un’inchiesta sulla Pioneer Squad.
Le prove sono sufficienti per incriminare l’ammiraglio Jensen ed i suoi collaboratori, tuttavia ritengo sia indispensabile recarci al laboratorio Armageddon dal quale fu condotto l’intero esperimento.
Il Comando di Flotta ha pienamente appoggiato la mia iniziativa dichiarandosi del tutto estraneo ai fatti, anzi auspica che le nostre ricerche facciano piena luce su questi fatti incresciosi.
In attesa di ricevere il nostro rapporto l’ammiraglio Hayes ha posto agli arresti domiciliari l’ammiraglio Jensen che, come del resto era prevedibile, si è dichiarato del tutto innocente.

Nella sala riunioni il capitano Picard aveva riunito lo staff al completo del ponte di comando.
Dopo aver ragguagliato gli ufficiali sulle decisioni del Comando convocò immediatamente il maggiore Bradley.
Il tenente La Forge nel frattempo aveva predisposto sullo schermo della saletta una serie di mappe stellari nella speranza che il loro ospite fosse in grado di indicare quale rotta seguire per raggiungere il laboratorio.
Il Comando, come del resto era ovvio, non seppe fornire alcuna indicazione utile.
L’ufficiale entrò barcollando sorretto dalla dottoressa Cruscher.
Fu subito evidente che le sue condizioni erano peggiorate, il campo di contenimento era ancora attivo ma la struttura del suo corpo presentava alcune lacerazioni trasparenti, come se alcuni organi cercassero di dissociarsi autonomamente.
Lo sguardo preoccupato della dottoressa incontrò quello di Picard che preferì non chiedere in quel momento ulteriori chiarimenti sul fenomeno.
Dopo aver informato il maggiore dell’arresto dell’ammiraglio Jensen, Picard indicando il grande schermo alle sue spalle domandò.
– Riconosce queste carte stellari?
– Mi sembra di si capitano, ma dopo tanti anni mi risulta difficile individuare il pianeta esatto, posso comunque fare delle ipotesi…mi dispiace…ma non mi sento molto bene.
– Non si preoccupi maggiore, ci fornisca le coordinate ed inizieremo subito i controlli, setacceremo la zona palmo a palmo e vedrà che presto troveremo il planetoide giusto.
Concentrandosi sul visore il soldato iniziò a scrivere sul taccuino elettronico una serie di rotte, consegnò al capitano lo strumento sperando che la memoria l’avesse sostenuto.
Picard raccolse i dati ringraziando per la collaborazione, li analizzò sommariamente individuando cinque possibili sistemi stellari.
Controllarli tutti avrebbe richiesto alcuni giorni, ma senza dubbio ne valeva la pena.
– Signor Data, inserisca la prima serie di coordinate e ci porti in quel settore alla massima curvatura. Signori la riunione è finita, potete tornare ai vostri posti.
Mentre il team silenziosamente lasciava la sala Picard raggiunse la dottoressa.
– Beverly quali sono le condizioni attuali del maggiore Bradley?
– Disperate Jean Luc, temo che fra pochi giorni dovremo lasciarlo libero altrimenti il campo di contenimento lo stritolerà.
– Non c’è niente che possiamo fare per aiutarlo?
– Purtroppo no, le radiazioni a cui è stato sottoposto erano talmente intense che non è più possibile interrompere il processo di dissolvimento. Credimi Jean Luc è meglio lasciare che si smaterializzi e continui il suo viaggio piuttosto che imploda nel campo di forza.
– Continuare il suo viaggio? E per andare dove? Questo è solo un modo raffinato per dire che quell’uomo è condannato e deve morire – osservò Picard sentendosi frustrato e del tutto impotente in quella circostanza.
– Questo nessuno può saperlo con certezza capitano, il suo corpo trasformato in energia potrebbe sopravvivere – concluse la dottoressa uscendo dalla sala riunioni dell’Enterprise.

Capitolo 11

Diario del capitano, Supplemento.
Dopo aver esplorato tre diversi sistemi stellari finalmente abbiamo localizzato il Laboratorio Armageddon.
Gli ingegneri della Flotta hanno curato particolarmente la sua ubicazione nascondendolo nelle profondità dell’oceano.
Il maggiore Bradley è stato ricoverato d’urgenza, purtroppo il campo di contenimento non è più in grado di mantenere la coesione della sua struttura fisica.
A questo fine è stata allestita un’apposita sala degenza circondata da una campana energetica protettiva.
Un’ora fa ho inviato una squadra di ricognizione composta dal comandante Riker, dal tenente Worf e dal Signor Data nella speranza che possano raccogliere dei dati utili sugli esperimenti effettuati dalla Pioneer Squad.

La squadra si materializzò all’ingresso del Laboratorio Armageddon.
Il Signor Data senza nessun problema forzò le porte sigillate permettendo agli altri di proseguire all’interno.
Un odore di morte circondava tutta la struttura, Riker se ne accorse subito estraendo il suo phaser contemporaneamente ai suoi compagni.
– Questo posto non mi piace – affermò il Primo Ufficiale inoltrandosi fra i corridoi deserti della struttura.
– Nemmeno a me – confermò il Signor Data puntando il suo tricorder verso le pareti un po’ scrostate del laboratorio.
– Da questa parte! – grugnì Worf scoprendo una paratia in gran parte divelta da una scarica di disgregatore.
I tre ufficiali assottigliandosi entrarono attraverso la fessura scoprendo una decina di scienziati in camice bianco riversi sulle apparecchiature di controllo.
La maggior parte della strumentazione era stata completamente distrutta ed emanava ancora del fumo maleodorante.
Riker raggiunse uno degli scienziati, il sangue che fuoriusciva dalle numerose ferite era ancora fresco.
– Se fossimo arrivati qualche ora prima avremmo potuto salvarli! – esclamò trattenendo uno smorfia di disgusto.
Il tipo di arma utilizzata per quella strage non lasciava dubbi su chi avesse condotto l’attacco.
– Signor Data controlli le memorie dei computer, verifichi se i dati del progetto sono ancora qui. E faccia in fretta! – ordinò Riker adagiando il corpo straziato sul pavimento.
L’androide si posizionò alla console, non ci vollero che pochi secondi per scoprire che i banchi di memoria erano completamente vuoti.
Il comunicatore del comandate Riker trillò proprio in quel momento infrangendo quell’atmosfera sinistra.
Era il capitano Picard.
– Numero Uno come procede la missione?
Riker si unì ai due colleghi, una sola parola fu sufficiente per sottolineare la gravità della situazione.
– Romulani!

Capitolo 12

In mattinata il capitano Picard venne raggiunto da una chiamata personale dal Comando di Flotta.
Da ormai un’ora era rinchiuso nella sua Saletta Tattica e fra gli ufficiali di plancia iniziò a diffondersi una certa tensione.
Dopo la scoperta del furto dei piani segreti le possibilità di iniziare un conflitto con i Romulani erano più che semplici speculazioni.
Per il tenente Worf anzi erano una certezza.
Finalmente Picard uscì dalla stanza raggiungendo la sua postazione.
Con la coda dell’occhio Riker notò lo sguardo preoccupato del suo superiore, ma per il momento preferì non chiedere nulla.
– Comandante Data ci porti all’interno della Zona Neutrale, Signor Worf armi tutti i siluri ed i banchi phaser e si prepari a fare fuoco ad ampia dispersione su mio ordine diretto.
Picard si alzò raggiungendo il centro della plancia, doveva fornire almeno una spiegazione al suo equipaggio per aver oltrepassato i limiti della Zona Neutrale.
– Signori. Circa tre ore fa il nostro avamposto su Kalor Due è stato attaccato e distrutto da un commando Romulano apparso improvvisamente all’interno dell’installazione. Nessuno è stato in grado di rilevare il suo approssimarsi, nemmeno i satelliti orbitali e le astronavi vicine.
L’attacco è stato breve e micidiale, in pieno stile Romulano…penso non ci sia bisogno di spiegare cosa intendo dire.
Secondo i servizi segreti i Romulani sono riusciti a perfezionare la nostra arma segreta e starebbero preparando un attacco massiccio direttamente al cuore della Federazione: il Quartier Generale della Flotta Stellare sulla Terra.
Abbiamo l’ordine di mantenere questa posizione nella speranza di riuscire a rilevare qualche segnale che indichi il passaggio del loro esercito d’invasione.
La flotta è stata schierata nelle retrovie per proteggere le probabili rotte verso il Sistema Solare, ma se devo essere onesto io ed il Comando nutriamo poche speranze di riuscire a colpirli prima che piombino sul bersaglio.
Questa signori è la situazione, non ci rimane altro che attendere e sperare nella buona sorte.
– È stato stimato quando dovrebbe verificarsi l’attacco? – domandò il comandate Riker cercando di valutare il tempo necessario per reagire.
– Non lo sappiamo Numero Uno, i servizi segreti stanno facendo l’impossibile per scoprirlo, ma ritengo che non dovremo attendere ancora a lungo.

Protetto dal nuovo campo di contenimento il maggiore Bradley si aggirava nella stanza come un animale in gabbia.
Ancora una volta si domandò perché non lo lasciassero finalmente libero.
– Dottoressa Cruscher venga qui per piacere – urlò sperando di essere sentito dal medico indaffarato nei suoi esperimenti.
Avvicinandosi alla grata la donna professionalmente gli domandò.
– Si maggiore, ha bisogno di qualcosa?
– Certo, voglio parlare con il capitano Picard.
– Temo che per il momento sia troppo impegnato – rispose la dottoressa mentre si allontanava verso la sua scrivania.
– Aspetti! Ritorni qui, cosa sta succedendo?
– I Romulani stanno tentando di imitare le sue gesta, e con ogni probabilità ci riusciranno.
– Intende dire che stanno per attaccare utilizzando il teletrasporto di curvatura? – esclamò incredulo l’ufficiale.
– Sembra proprio di si, ma non si preoccupi maggiore sapremo fermarli in tempo.
Con uno dei suoi tipici sbalzi d’umore il volto dell’uomo si fece più cupo e minaccioso.
Si appoggiò con le braccia aperte contro il muro trasparente iniziando a fare forza su di esso.
– Lei è un’illusa dottoressa, non esiste nessun modo per intercettare il loro attacco, non ve l’avevo già spiegato? Mi faccia parlare con il capitano Picard, state perdendo tempo prezioso, lo porti qui, posso aiutarvi.
La dottoressa notando la sua espressione isterica immediatamente attivò il pulsante d’emergenza ed una leggera nebbia iniziò a scendere dal soffitto.
– No!!! Non posso addormentarmi adesso, mi faccia parlare con Picard, non sia stupida…non c’è tempo per….
Il maggiore tentò disperatamente di sorreggersi trattenendo inutilmente il respiro, poi lentamente scivolò con i palmi delle mani aperte sulle pareti lisce fino al pavimento.

Capitolo 13

Quanto tempo era passato?
Sembrò chiedersi il maggiore Bradley alzandosi con qualche difficoltà ed appoggiandosi ai bordi della sua branda.
Il camice era matido di sudore e la vista era un poco offuscata, tuttavia gli sembrò di scorgere un volto amico.
L’unica persona di qui potesse veramente fidarsi: il consigliere Troi.
Sorridendo la donna fece un cenno di saluto.
– Salve maggiore come sta? Posso darle del tu? Era ora che ti svegliassi.
Cercando di ricomporsi l’ufficiale si avvicinò un po’ intontito alla griglia.
– Deanna per fortuna sei qui, devo parlare immediatamente con il capitano Picard, ti prego aiutami.
– Mi dispiace ma da quando abbiamo varcato la Zona Neutrale siamo in allarme rosso, non posso disturbarlo, posso però portargli un tuo messaggio.
Disilluso l’uomo si riadagiò sul pavimento con un’espressione contrariata.
– Già…l’efficienza della Federazione…sempre regole e regolamenti da seguire, speravo che almeno tu fossi diversa, ma forse mi sbagliavo.
– Io sono diversa, ed il solo fatto di essere qui con te invece che in plancia dovrebbe farti riflettere. Prova ad eliminare l’astio che provi per qualche secondo, ti sentirai meglio.
– Deanna, pochi minuti fa ho avuto uno dei soliti incubi, potrai non crederci ma sono riuscito a reagire e svegliarmi solamente perché eri lì con me a combattere quelle creature mostruose.
– Ne sei certo? Non ho avvertito nessuna percezione nelle ultime ore.
– Si, ne sono più che sicuro, in qualche modo dopo il nostro incontro si è generato un sistema immunitario nei miei schemi mentali, in poche parole: la tua immagine. Quando mi trasformerò in pura energia sarai sempre al mio fianco per impedirmi d’impazzire completamente, e di questo te ne sarò sempre grato.
Mi sembri perplessa, non mi credi? Se non ti fidi usa pure le tue capacità empatiche.
La betazoide indietreggiò di qualche metro, scandagliando la mente del maggiore scoprì invece le sue intenzioni.
– Adesso capisco cosa volevi riferire al capitano. Non posso permettere che tu lo faccia Tom, è troppo pericoloso, è un suicidio!
– Credimi Deanna non esiste altro modo, fra breve nemmeno questo campo di forza impedirà il mio dissolvimento molecolare, morirò comunque…quindi lascia che la mia morte abbia almeno uno scopo. Ti prego, porta qui il capitano Picard prima che sia troppo tardi.
Trattenendo a stento le lacrime il consigliere si diresse rapidamente verso l’uscita, volgendosi verso l’ufficiale gli gridò in faccia tutta la sua delusione.
– Va bene maggiore, come desideri, ti porterò il capitano Picard e spero che neppure lui voglia accettare il tuo folle progetto!

Capitolo 14

L’Enterprise stazionava da alcune ore nella Zona Neutrale in attesa di ricevere un segnale per orientare le proprie armi sul nemico.
Apparentemente tutto sembrava calmo, ma la costante sensazione di essere sfiorati dall’esercito romulano rendeva nervoso tutto il personale di turno.
– Situazione Signor Data – domandò Picard avvicinandosi alla postazione dell’ androide.
– Nessun rilevamento signore, sembra tutto tranquillo, ma questo era del resto prevedibile conoscendo le potenzialità del sistema. Se vuole un mio parere personale i nostri sforzi saranno del tutto inutili.
– Mi sembra pessimista Signor Data.
– Lo sono capitano, si rende conto dell’infinito numero di corridoi sub-spaziali che il nemico potrebbe utilizzare? Nemmeno sparando alla cieca potremmo sperare di centrare l’obbiettivo. Direi che le probabilità sono…
– Grazie Signor Data non mi servono pronostici – lo interruppe Picard dirigendosi verso il turbo-elevatore.
– Comandante Riker assuma il comando, vado dal nostro ospite, ho saputo che ha qualcosa d’importante da riferirmi. Mi chiami immediatamente nel caso succedesse qualcosa di nuovo.

– Capitano Picard finalmente è arrivato! – esclamò il maggiore Bradley vedendolo comparire sulla soglia della camera di stasi.
– Buongiorno maggiore, ho ricevuto il suo messaggio, cosa voleva dirmi di così urgente?
– Capitano, conosco un modo per intercettare i Romulani prima che raggiungano la Terra. Quando è previs

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