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Modena Antiquaria

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Modena antiquaria

Ce n’è davvero per tutti i gusti negli stand, situati come emblemi nel percorso iniziatico le cui anse tortuose a labirinto sono fuorvianti come il gioco dell’oca. Clou della manifestazione, una vasta messe di ceramiche del ducato estense in sintonia con i festeggiamenti del IV centenario del ducato stesso, a cura di Elisabetta Barbolini Ferrari, che ha dedicato a questa iniziativa un cospicuo volume.
Non mancano, per gli appassionati, mobili di pregio di varie epoche, belle stampe, dipinti, sculture, ceramiche.
Tra i dipinti di pregio, spicca la splendida bambina di Telemaco Signorini, un ritratto stringato di efficacia pre-espressionistica. Occhieggia, tra le cornici, un vero e proprio bestiario: quali i cani di Rosa da Tivoli e uccelli di Felice Boselli. Avvincente il "Ritratto di gentiluomo" del Salviati.
C’è una vasta messe di dipinti dell’ottocento, quali "Lavandaie" di Pratella, "Contadine a riposo" di Angiolo Tommasi già di taglio veristico, con figure dai contorni, che fanno risaltare le sapide macchie di colori, rispetto al gioco di trasparenza, di barbagli e riflessi di luce policroma che si riflette nel velo aquoreo di Lavandaie; lo stesso miraggio di specchi d’acqua cangiante, in cui si riflettono contorni smangiati dal sole, di cassette candide, che s’intravedono appena, in una veduta della Giudecca con San Giorgio di Unterberger, mentre due gusci di barchette si cullano sull’acqua, appena increspata dalla brezza. Più vivida, risolta in solido impianto formale, su cui si staglia un "rivo" tortuoso, che si snoda in quel labirinto d’acqua, che è la laguna "Gita in gondola a Venezia", in cui emerge l’influsso della "Scuola di Posillipo" essendo l’autore Ruben Santoro.
Bei vetri Liberty ed design in varia materia, tra fine ‘800 e gli anni ’40, che vide fiorire la grande epoca del Simbolismo, del Liberty e dell’Art Déco.
Tra i dipinti di pregio, rammentiamo il curioso "Commedia dell’arte" di Tecle Noci, che apre uno spiraglio, dietro le quinte, i cui "fuochi" investono di luce candida una figura muliebre, che si staglia in un interno sintetico. Vividi gli oli di Arcangelo Salvarani, bozzetti allegorici, eseguiti per il Teatro di Novi; preferisco senz’altro i raffinati acquerelli.
Assume vena caricaturale la scenetta di E. Zampighi "La conversazione", in un interno rustico con gallina razzolante.
Di squisita raffinatezza la deliziosa signorina di Sandro Vacchetti, già Decò, la svelta silhouettte inguainata nell’abito da sera, mentre regge uno scialle nero, che valorizza, in contrasto, il niveo candore del fondo dell’abito con bordo, scollo e vita fioriti.
Belle le lampade in vetro di Muller Fréres, con la "pasta di vetro" di remota origine egizia ma comune anche ai Fenici, un patrimonio tecnico, ereditato da Venezia, Altare (Savona).
Ci attirano i volti pensosi dei Ritratti scultorei di Davide Calandra, che non sono afflitti dalla fissità raggelante di David, ma forse guardano al Canova.
Avvincente di Pietro del Lignis Fiamengo, il bel dipinto "Santa Margherita e il drago", di scenografia fiabesca, in cui la Santa in groppa a un candido guerriero s’iscrive in uno sfondo verdeggiante, il cui fondo gremito di figure, si dirada rischiarandosi progressivamente, intrisa come la parte alta del paesaggio, su cui si profila un maniero immerso nel verde.
Molto belle, sono le diverse sculture lignee, di soggetto sacro, ascrivibili al secolo XIV e XV, come la bella "Madonna con bambino" di squisita fattura senese, tanto più toccante, quanto più stringata e in materiale povero l’esecuzione; la soave bellezza dell’ovale, incastonato nel velo, cui si aggrappa il bambino in legno policromo della figuretta assisa.
Avvincente il "Ritorno della messa" di Luigi Nono: uno scorcio cupo, dominato dalla scalinata, su cui si muovono figurette muliebri con ombrello, che spiccano sul cielo radioso.
Turbinosa la veduta del Cavalier Tempesta, alias Pieter Muller: tutto lievita, si anima, sospinto dal vento, in un fosco addensarsi di nuvoloni su un castello

Il fondo è affollato da figurette, nel rigoglio della vegetazione. Massimo Stanzione ci sciorina una scena pastorale con pastorelli, arcadicamente abbagliati e fatidico agnello, alle falde del Vesuvio.
Splendida la coppia di Nature, che meno morte di così non potrebbero essere, sciorinando una vivida varietà di frutti e ortaggio, di elegante fattura, animati da tocchi di luce fosforica, che ne scaldano i colori variegati. Guardava all’Iconologia del Ripa, Pietro Ricchi, con allegoria della fedeltà appena dissimulata da un velo, il rigoglio roseo delle carni giovanili munita dal fatidico cane. Enigmatico, il gattone fulvo, lo sguardo glauco in tralice, protagonista del bel dipinto "Cesto di frutta con gatto e uccelli", la cui macchia scura, accanto al cesto ricolmo, risalta in contrasto col manto del rosso felino.
Molto affollata la "Festa contadina" di Matteo Ghidoni (Dei Pitocchi) perchè ritraeva scene popolari. La concitazione della scena gremita, le vivande sciorinate con dovizia, rammentano il febbrile animarsi delle opere di Brueghel il vecchio. Più di maniera, "Diana al bagno spiata da Atteone" che poi non fece una bella fine, sbranato, come fu, dai cani: le belle figure muliebri ben impaginate in avorio rosato, si stagliano sul fondo notturno.
Fra le sculture, rifulge il bassorilievo fiammingo in avorio del XVII sec., in un coacervo di figurette, figure allegoriche, che sembrano tolte di peso dagli incunamboli, affini alle opere del gotico francese.
Troneggia l’"Orologio Notturno", in ebano cupo, incastonato in forma architettonica, a colonnine della fine del XVII sec., rivelando un Sant’Antonio con bambino e santi in olio su rame.
Una bella macchia policroma di vegetazione risulta "Paesaggio Africano" di Augusto Valli del periodo eritreo della gloriosa avventura coloniale italiana, per fortuna ricordo ormai estinto; denso di foschie il "paesaggio con carro" di Giuseppe Graziosi, che preferisco senz’altro, anche come grafico, allievo del Fattori, a Firenze, molto più valente ed originale, che come scultore. Dopo un fatidico soggiorno parigino, in cui aveva aderito a moduli impressionistici, è approdato a varie edizioni della Biennale Veneziana, a quella del ’24 partecipa con 13 acqueforti e 4 lito, in cui da prova della rara valentia. Da segnalare, un raro Artemisia Gentileschi, "Susanna e i vechioni" spiata dai vecchioni: il candore eburneo della figura, appena dissimulata dal velo, spicca sul vellutato cupo dello sfondo, squarciato da sprazzi smaltati di cielo al crepuscolo, quando comincia a illividire e l’aria ci porta echi e sussurri tra la vasta messe di dipinti ottocenteschi, la contadinella in un interno. Popola, a di A.Tommasi, un miracolo di trasparenza, appena intaccata da veli di nubi, galeggianti alla deriva del cielo, su cui spicca una vela gialla, che solchi la tavola azzurra. Mentre sull’arenile, gremito di ciottoli, si muovono marinai che portano barchette in secca.
Un mirabile Guardi Veduta di S.Marco, animato da figure in domino e battuta e un fiammengo "Vaso di Fiori" di Bartolomeo Bimbi: più sintetica, l’analoga composizione, risolta in ripiani, su cui è appoggiato il vaso, al cui piede sono accostati frutti.
Sapida, la Ballata un gruppo scultoreo popolare, in terracotta policroma, di Giuseppe Vaccaro Bongiovanni del XIX sec., di Caltagirone, in un gruppo armoniosamente disposto di figure animate dalla danza.
La "Morte e glorificazione di S.Francesco" di A.Tiarini è trasfigurata da un nimbo di luce dorata, da cui scaturiscono gruppi di figure dell’empireo; sullo sfondo si apre uno squarcio su figure che stagliano sull’azzurro; toccante la fugura distesa del santo, circondata dai confratelli, in una scena animata da frati in preghiera, mentre si scorgono fondali prospettici, a rivelare scene ultramondane.
Tra i dipinti, spicca lo splendido olio, del grande Antonio Mancini "Bandierine", la cui tecnica si evolve dal Verismo napoletano, saper assumere una pennellata più fluida e immediata; in questo dipinto materico, dal fondo cupo e bituminoso, emerge il volto ridente di una giovane incorniciato da una folta chioma corvina; i fuichi si dispongono sull’abito della ragazza, sul fondo in cui emergono chiazze candide e fosforiche, conferendo senso di mobilità e un’avanzamento del piano prospettico.
Bei vetri e ceramiche e design, tra cui spicca il vaso in ceramica di Layos Mack in smalto blu, raffiguranti, nelle anse, ninfa e satiro della manifattura ungherese Zsolnay Pecs; di Martens, il bel vaso in vetro di Dino Martens per toso, ormai siglato anni ’60 di gusto pop.
Un ammaliante "Cibele e Clori" di Van Balen Sr., di gusto manierista, con immancabile castello, sommerso da una natura incantata, come nel sogno scespiriano, con due figure muliebri, sommerse da una profusione di fiori.
Altra tela fiamminga gremita di figure pullulanti, in un horror vacui, in cui la composizione respira solo alla sommità del fondo, dove s’intravvede uno sprazzo di luce e Natività di Von Aachen; in buona compagnia di un bel disegno e sanguigna di Simone Contarini: figura inginocchiata e di una splendida scultura lignea lombarda del XV sec., di Tommaso Malvito autore di "Figura di santo vescovo" sobria scultura lignea, con tracce di policromia da prova della valentia dello scultore, assistente del Laurana.
Una sapida scultura in terracotta policroma di Giuseppe Mazza "Re magio con paggio"; dell’autore, si serba, a Bologna, il "Compianto di Cristo" in Santa Maria Maddalena e stucchi del Corpus Domini in S.Giacomo Maggiore, mentre le storie di S.Domenico si ammirano in S.Giovanni e Paolo.
E’ un trompe-l’oeil, la bella natura morta con cesta di fichi e melograni del pittore napoletano Domenico grosso del XVII sec. Francesco M.Bastardi ci fa ammirare un’adorazione dei pastori del secondo Cinquecento, in cui il gruppo della Madonna con Bambino e S.Giuseppe, è iscritta in una piramide, che racchiude, oltre la Sacra Famiglia, una nicchia che si scava, a ridosso dei tronchi d’albero (la capanna era ancora in costruzione…); sullo sfondo, un bel paesaggio, alcuni particolari della vegerazione sono di resa manierista e sulla collina due pastorelli, attorniati dalle pecorelle sembrano sbigottiti dalla Rivelazione.
Delle opere del fiammingo Van Blomen sono favole mitologiche arcadizzanti: ratto d’Europa, con figure di donna, amorini, fondo boschereccio; favola di Apollo e Dafne, che in scultura aveva ispirato il capolavoro del Bernini alla Galleria Borghese; tra la copiosa messe di opere grafiche, una splendida prova: l’acquaforte, raffigurante "Carceri d’invenzione" di G.B.Piranesi, in un intersecarsi di piani prospettici, travi, scale, scorci che hanno effetto stordente, che opprime le figurette dell’"Prigioni" una bella veduta con grande edificio: "veduta architettonica" un palazzo fastoso, palladiano; le figurette ammantate di gusto settecentesco, sembran quelle delle commedie del Goldoni di Francesco Simonini, due belle marine: "Paesaggi di marine con figure": alievo di Spolverini e Courtois (il Borgognone) in quel di Parma; le due opere, di rara finezza, in cui adotta una pennellata fluida e un ductus sciolto e carezzevole, sono del periodo veneziano, anche se le vedute sono d’invenzione.
Deliziosi i putti dell’allegoria d’autunno di Amigoni, in cui ammiriamo l’incarnato "Peau d’Ange" latte, miele e rosa delle carni di questi puttini, inseriti in una natura lussureggiante.
Molto fluida e ariosa la composizione "il vaso turchino" di Pietro Mengarini una sinfonia verde-azzurra che intesse una figura di donna seduta ad una tavola apparecchiata; l’osmosi tra figura ed ambiente è ottenuta dalla fluidità delle composizioni senza contorni, in una struttuira materica filamentosa chiaroscurale, della pennellata in una gamma accentuata, in cui prendono forma figure e cose, sulla scia del Divisionismo e della grande stagione scapigliata; bella la veduta, di vasto respiro "Sogno d’Arcadia" di Edoardo Dalbono che aveva esordito come illustratore di rivista e libri; alievo del Morelli rientra nell’alveo della scuola di Posillipo: il paesaggio è tradotto in lirica luminosità di tono e colore, ispirato a vedute di Napoli e a scene folcloristiche.
De Benedetto Cosa, iscritto dal Vasari agli alievi del Bellini, ammiriamo un sobrio gruppo di figure in "Dormitio Virginis"; dell’autore, si rammentano soggetti sacri, ubicati in chiese riminesi e di Pesaro; quest’affollarsi di figure, disposte in modo compatto, intorno al letto della vergine, ricorda quello dei compianti del ‘500; nè mancano i dettagli, a losanghe del pavimento, il vasto drappeggio del tendaggio a farne una sorta di Miracle Play.
Un grande edificio è la cornice fastosa del "figliol prodigo" di Francesco Monti; la diade padre/figlio simbolicamente unita alla tunica rossa del vechio genitore, fa da schermo, rispetto al gruppo dei servi a crocchio; più lungi, si scorge uno scorcio di paesaggio, su cui si intuisce un gruppetto di figure; nella resa dei valori atmosferici, si rivela l’influsso dei Creti, di cui l’autore era alievo; i suoi temi aulici e allegorici sono delle temperie del Crespi Di Achille Boschi, la "Donna con mandolino" sicuramente amava le donne, delineano le sapide fattezze della giovane, seminuda, comodamete assisa su un divano barocco, munito di incorniciatura tutta riccioli e volute dorate, quasi Rococò; ben diversa, l’impaginazione di austeri soggetti sacri.
Di gusto fiammingo, la coppia di nature morte di Margherita Crastona (XVII sec.) in una profusione di fiori, vasi e un tripudio primaverile e un’orgia cromatica.
Ci addentriamo in "Antico portale" di Giuseppe Abbati; l’autore garibaldino, lasciò il moschetto, per il pennello, militando tra i macchiaioli fiorentini del Caffè Michelangelo e delle giubbe rosse; il mattonato dell’edificio antico e austero intaccato dalle intemperie e dal tempo, tradisce l’età vetusta. La "Signora in giardino" è un bel ritratto del De Nittis che, insieme a Boldini, siglò la Belle Epoque: se il volto non mostra ancora i segni dell’introspezione psicologica del simbolismo, l’impaginazione del bel giardino fascia in un abbraccio verde la figura aggraziata della giovane, in posa, come del resto avrebbe fatto, con la neonata fotografia, davanti al trespolo del dagherrotipo.
Altra pastorelleria arcadica, con "Paesaggio con Armenti" di Begeyen, di sapore biblico: sarebbe piacciuto all’abbate Frugone e al Sannazzaro.
Sapida, la nascita della Vergine della scuola del Solimena: un interno scenografico, in cui l’architrave è il perno dell’impianto formale, in cui una luce visionaria, piove sul letto della madre di Maria, facendoci assistere a momenti della vita della Madonna, raffigurata in fascie, tra le braccia della madre attorniata da figure.
Più realista del re, in pieno Verismo, ottocentesco, si pone la "Bottega del calzolaio", di resa illusionistico-fotografica.
Malinconico, il giovane, soggetto del "Ritratto del gentiluomo col fazzoletto", di Agostino Corracci.
Avvincente, una serie di vasi in vetro, Liberty, d’autore Doc: Daum, Gallè, invasi da una varietà floreale e vegetale.
Maestosa, l’impaginazione di "Passaggio del mar Rosso" di Giuseppe Avanzi, con una folla di personaggi biblici, raffigurata in parte già saldamente sulla terraferma, in parte ancora dibattendosi gruppi di cavalli e cavalieri, tra le onde; su uno sfondo di montagna, sotto un cielo brumoso.
Di Mario Nuzzi, detto dei Fiori, il vaso si intravvede appena, sommerso da una varietà floreale, impaginati con perizia e leggerezza; l’autore, celeberrimo scenografico, il "Capriccio architettonico" di Antonio Joli, una specie di grande tempio palladiano dalla cui sommità, si scorge il cielo; l’impaginazione tradisce la formazione da scenografo a Venezia, attivo come decoratore Rococò a Modena Perugia e Venezia, ci fa vedere una soldataglia, variamente occupata, nell’atrio dell’immenso edificio, mentre sullo sfondo si ammira un paesaggio arcadico.
Magici riflessi, emana il fondo oro del Maestro di Santa Verdiana, riscpoerto da Federico Zeri, nella temperie di Gaddi, Tommaso del Mazza, Lorenza Monaco e Spinello Aretino; quest’avvincente opera è di impaginazine gotica, sarebbe in sintonia con opere affini della chisa di Orsammichele, a Firenze.
Brueghel jr., protetto di Antonio Ruffo di Messina, raffigura una splendida natura morta lussureggiante, in un trionfo della vitalità naturalistica.
Ubaldo Gandolfi ha delineato uno squisito ritratto di "Maddalena", di pacata raffinatezza la texture dell’impasto cromatico della carnagione, appena soffusa di tenero rosa.
Di grande esuberanza cromatica, l’impaginazine, giocata sul contrasto tra cupe nuvolaglie dello sfondo, da cui emerge un roseo putto e il niveo incarnato della fanciulla con natura morta; i fuochi son disposti sulla candida figuretta procace e la natura morta che sembra quella, intrisa di vellutato splendore frutto della perizia del collaboratore Brueghel jr.
Dall’impaginazione naturalistica di Petra, antichità per parchi e giardini, occhieggiano tra una profusione profumata di scenografici agrumi, veri pomi d’oro del Giardino delle Esperidi, occhieggiano i numi, le figure e i protagonisti di mitologie e civiltà disparate e avvincenti, come la Sfinge in pietra bianca, Ercole e il leone Nemeo, reinterpretazioni rinascimentali di miti greci e romani. Di toccante levità danzante, angelo con farfalla, un prodigio di impalpabile leggerezza, dello scultore Pugi, sembra alludere al mito di Eros e Psiche.
Rabbuiato, è il volto del guerriero, la cui fisionomia è quasi celata dal cimitero; se la foggia della tunica sembra romana, la fattura è settecentesca.
Sintetico, il gruppo equestre, in marmo e avorio, che in epoca ellenistica, si sarebbe detta crisoelefantina, raffigurante un efebo, su bel cavallo impennato.
Bello in gruppo, in marmo bianco, Madonna, bambino e S.Giovannino, un gruppo compatto, appena intaccato dalle sinuosità dei panneggiameni lievi; la dolcezza del modellato rammenta la scultura toscana di Desiderio da Settignano. Del sodalizio artistico Achille Tamburlini, raffaele Carbonaro, è frutto il grande vaso in terracotta galvanizzato in rame macchiato, in un’importante laboratorio e parteciparono alla Biennale veneziana del 1961.
La grande rassegna antiquaria ha permesso, di ammirare autentici capolavori come la "Bambina" di Telemaco Signorini, un ritratto di gentiluomo di Francesco Rossi, detto Salviati, una versione inedita della "Dama di rosa" del Boldini; tra i discegni cito volentieri una splendida prova della pittrice bolognese Elisabetta Sirani, un Rito bacchico di Domenico Piola; inoltre mobili di varie epoche e profusione, specchiere appannate dalla patina secolare, non mancano nemmeno pagine preziosamente miniate, dal "Digestum novum" di Giustiniano e i sicramente più abbordabili volumi d’arte, riviste d’artee antiquariato. L’unico neo-la carenza di collegamenti che, in una manifestazione fieristica, sicuramente, non mancherebbero, nemmeno a Timbuctù.

Giuliana Galli

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