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Discorevolver

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DISCOREVOLVER

 

 

 

Interessante gruppo pop di Smiths-iana ispirazione. Bravi nel suonare, composizioni scorrevoli, piacevoli, energiche e nondimeno gentili nel canto melodico e nei ricami di chitarra, mai banali, un cantante stile Morissey, testi di qualità, la band ha esordito sul finire degli anni ’90, virando dall’iniziale garage rock in inglese a un ritmico rock elettrico cantato in italiano, trascinante, accattivante. I  Discorevolver sono Rox (voce e testi), Luca (chitarra e musica), Marco (chitarra), Leo (basso), Filippo (batteria).

Ha un cd autoprodotto interamente scaricabile in mp3 sul sul loro sito http://discorevolver.interfree.it/  (Un giorno uguale al tuo, 2006, registrato al Labour of love da Marco Olivotto) e alcuni brani su Vitaminic  http://www.vitaminic.it/artist/discorevolver

 

 

Davide

 

Ciuao Luca, ti va di fare una presentazione della band, line-up e provenienza per cominciare? Dall’inglese all’italiano, due parole sugli esordi e sull’evoluzione del gruppo ad oggi?

 

Luca

 

Discorevolver è un progetto che nasce nel 1998 dalle ceneri del nostro primo gruppo, gli “Amphetamines on barbeque”: erano i primi anni ’90, si suonava garage-punk in stile Dead Kennedys, Mudhoney, Monomen e cose simili, e… beh, avevamo vent’anni! Col passare del tempo è nata l’esigenza di suonare in maniera diversa, più intima e riflessiva; non ci  sentivamo più rappresentati da titoli eloquenti come “sex around the swimming pool” o ” creatures from outer space”, per quanto risultassero coinvolgenti e divertenti ed il contesto dell’epoca fosse più che adatto!

Abbiamo deciso quindi di intraprendere nuove strade, di cambiare nome al gruppo, cantando in italiano e non più in inglese, lasciando che ognuno di noi potesse esprimersi senza i vincoli dettati dal genere o dal fatto di appartenere agli Amphetamines.

I superstiti di quella esperienza siamo io (Luca Moser), il cantante (Rox Plotegher) e il batterista (Filippo Bonella). Rispetto alla formazione originale, con Max Vario al basso, sono subentrati Leonardo Grancelli (suona con noi da circa 3 anni) e Marco Pederiva all’altra chitarra, che si è aggiunto al gruppo da quasi un anno. Siamo tutti di Trento e dintorni.

 

Davide

 

Perché Morrissey e gli Smiths? Una somiglianza voluta o un’affinità elettiva?

 

Luca

 

Per quanto riguarda Rox, gli Smiths e Morrissey sono sempre stati il suo punto di riferimento fin dagli anni ’80; è normale che il suo modo di scrivere ed impostare le melodie ne risulti fortemente influenzato, anche se ritengo sia riuscito negli anni a trovare uno stile piuttosto personale, e non solo per il fatto di cantare in italiano, ma anche per adattarsi al nostro modo di suonare, a volte parecchio distante dai canoni del pop inglese. Ovviamente essendo il cantante del gruppo, molte persone al primo impatto ci accomunano alla band di Manchester, il che comunque non può che farci piacere.  Detto questo, gli altri membri del gruppo portano con sé diverse esperienze e ispirazioni, com’è normale che sia.

 

Davide

 

Gli Smiths furono anche protagonisti sulla scena “politica” non solo per testi e affermazioni, ma altresì con il movimento di “rock socialista” Red Wedge. In Italia, oggigiorno, si tende a non volere e avere più alcuna connotazione politica in musica. Il che può essere un pregio, ma anche un difetto. Voi?

 

Luca

 

Personalmente ritengo siano pochi gli autori in grado di esprimere in maniera efficace le proprie opinioni politiche attraverso la musica, senza cadere nel ridicolo e nella banalità. Urlare per microfono frasi abusate e scontate come “viva la rivoluzione”, “no alla guerra” o “legalizzate le droghe” credo sia solo un mezzo che molti utilizzano per raccogliere facili applausi dai teen-ager e per nascondere le proprie lacune tecniche e compositive. Tanta attitudine e poca sostanza.

Noi in verità come band non ci siamo mai nemmeno posti il problema: non è nella nostra natura, faremmo veramente fatica ad impostare un discorso di questo tipo, e probabilmente il risultato finale sarebbe poco credibile.

Preferiamo lasciare questo “lavoro” a chi è in grado di farlo. Certo che nel nostro Paese non sono in molti a poterselo permettere.

 

Davide

 

Visto da chi suona, com’è lo stato di salute dei discografici italiani, quanto meno che vi riguardi?

 

Luca

 

La sensazione è che ci sia il timore di proporre qualcosa che possa esulare dalla moda del momento. Meglio puntare sul sicuro, vedere cosa funziona all’estero e riproporlo tale e quale in versione casereccia. Meglio ancora l’artista che propone per la ventesima volta lo stesso album rimescolato che tanto vende comunque. Forse il problema non sono i discografici, ma la gente che (non) ascolta e (non) compra i dischi. In fondo i discografici devono continuamente confrontarsi con il mercato, e comportarsi di conseguenza. E, a quanto pare, il mercato vuole video con ragazze seminude ammiccanti e suonerie per il cellulare da scaricare. Forse il discorso è un po’ troppo estremo e disfattista, ma la mia sensazione è che chi vive vendendo dischi non se la passi troppo bene.

 

Davide

 

Tanta facilità di auto-registrarsi e auto-prodursi con la tecnologia oggi disponibile a buon mercato (per fortuna!), facendo ciascuno la musica che vuole, non comporta per converso una maggiore asfissia o chiusura dei discografici? Voglio dire, se un tempo esistevano coraggiose etichette alternative che colmavano la lacuna creata dalla musica ufficiale (vedi la Cramps, l’Ultima Spiaggia e molte altre etichette indipendenti, tutte per lo più scomparse), oggi l’alternativa alle case discografiche principali è costituita da una miriade di autoproduzioni, però più limitate nella possibilità di lancio, promozione, distribuzione (e, ovviamente, dei guadagni anche per i musicisti). I discografici rimasti, dunque, ormai sembrano puntare solo più su prodotti che abbiano certe caratteristiche di impatto, vendibilità e uniformità per grandi numeri… Cosa ne pensi?

 

Luca

 

Sono sostanzialmente d’accordo. Ritengo inoltre che la facilità di auto-prodursi abbia saturato l’offerta, negli ultimi anni il livello medio delle proposte musicali (più o meno alternative) è decisamente calato, chiunque può registrarsi un cd meno che mediocre e buttarlo in internet, e questo a mio parere non aiuta ad emergere gli artisti con maggior talento, ma piuttosto coloro che hanno maggiori mezzi (=soldi) per promuoversi o che hanno accesso a canali preferenziali… . In tanta confusione, credo che  anche l’appassionato o l’addetto ai lavori o il discografico di turno faccia fatica ad orientarsi, figuriamoci l’utente occasionale.

Il discografico deve vendere: piuttosto che ascoltarsi una tonnellata di demo scadenti nella speranza di trovare qualcosa di meritevole, immagino preferisca fare una bella indagine di mercato per capire cosa vuole le gente per poi costruire l’artista a tavolino e giocare sul sicuro.

 

Davide

 

Oggi, sappiamo, con l’mp3 e il file sharing od altre forme di pirateria musicale, o a causa dei costi troppo elevati del cd, la crisi del disco e delle case discografiche implica anche una selezione maggiore rispetto al passato negli investimenti su fasce più marginali di mercato. Un tempo vendere decine o centinaia di migliaia di dischi per gli autori più o meno famosi, quando non milioni, consentiva anche delle politiche di scoperta e produzione di gruppi o artisti meno o quasi per nulla  commerciali o commerciabili? Non era raro che grandi etichette avessero anche in catalogo dischi di concezione altra dal mercato? Su tutti, mi viene l’esempio della Emi italiana, che nei Settanta produceva, accanto a cantanti sanremesi, anche le sperimentazioni di Battiato, estreme, come Za e Cafè-Table-Musik, due brani quasi completamente formati da un accordo armonico e melodico, senza nemmeno l’uso del pedale destro del pianoforte. Ma la domanda è, cercate una etichetta? Avete già avuto riscontri di un qualche tipo? Che idee vi siete fatti al riguardo?

 

 

 

 

 

Luca

 

Si dice che la speranza sia l’ultima a morire, in realtà da questo punto di vista siamo parecchio rassegnati. O meglio, non ci aspettiamo un giorno di poter vivere di musica.

In passato abbiamo avuto qualche contatto, più che altro per compilation (“We Bastard Motherfucker” per la Blu Bus di Aosta, “Soniche Avventure” per la Fridge di Milano, “Rock Targato Italia” per Edel/Divinazione), ma non c’è stato un seguito. Per noi è sempre difficile proporci, probabilmente anche a causa dell’isolamento geografico della nostra regione. Da questo punto di vista, per noi internet resta il canale preferenziale.

Cercheremo di contattare varie etichette, più che altro per un discorso di distribuzione, che rappresenta sempre l’ostacolo maggiore alla diffusione dei nostri lavori. Onestamente, non credo che la nostra proposta sia così alternativa o fuori moda da non poter raggiungere un numero maggiore di persone rispetto ad oggi. In fin dei conti, siamo un gruppo pop.

 

 

 

Davide

 

Avete dei progetti musicali paralleli, anche solistici, o siete concentrati esclusivamente sulla musica dei “Discorevolver”?

 

Luca

 

Nei ritagli di tempo Rox ha messo su una cover band dal nome “The Lazy Dykes” insieme al sottoscritto e ad un paio di amici (Gianni Karner al contrabbasso e Antonio Maschio alla batteria), con i quali proponiamo gran parte del repertorio di Morrissey; abbiamo fatto qualche data, è un piacevole diversivo. Il nostro bassista (Leo) suona anche in un gruppo funk, i “Dingo”.

 

Davide

 

Cosa state facendo ora o per il prossimo futuro?

Per adesso stiamo cercando di far ascoltare il nostro ultimo cd (“Un giorno uguale al tuo”, registrato a gennaio) a più persone possibile, quindi si tratta di contattare radio, riviste, fanzine, ecc… e cercare di suonare in giro il più possibile, anche se da noi la situazione dei luoghi adibiti a concerti è penosa. Inoltre siamo già al lavoro su brani inediti, l’idea è quella di uscire con qualcosa di nuovo almeno una volta all’anno, grazie anche al supporto di Marco Olivotto della Labour of Love col quale lavoriamo sempre in grande sintonia.

 

Davide

 

Grazie e… In bocca al lupo!

 

Luca

 

Crepi! Grazie a te, è stato un piacere.

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