"Quando i nazisti vennero a prendere i giudei per portarli a morire, io ne fui dispiaciuto, ma non protestai perché io non ero ebreo. Quando vennero a cercare gli omosessuali, non ero d’accordo, ma non dissi nulla perché io non ero omosessuale. Quando vennero a prendere i comunisti, anche quella volta non ho protestato perché non sono comunista. Quando sono venuti a prendere me, non c’era rimasto nessuno per protestare"
Dietrich Bonhoeffer
Secondo i dati dell’ONU, ogni anno aumenta la differenza di reddito tra paesi ricchi e paesi poveri. Nel 1960, il 20% degli abitanti del pianeta rappresentato dai più poveri deteneva il 2,3% del reddito mondiale; nel 1980, scendeva all’1,7%. Oggi, siamo intorno all’1%. Un miliardo di persone che vive con l’1% delle risorse della terra! Nel frattempo, il 20% più ricco arricchisce sempre di più ed utilizza per sé oltre l’80% delle risorse del pianeta.
Ai paesi poveri del Sud del mondo dovremmo almeno avere la decenza di cambiare nome: non più PVS, paesi in via di sviluppo, o il ridicolo PE, paesi emergenti, ma un più realistico e drammatico PVE, paesi in via di esclusione. La Banca Mondiale, peraltro, nel suo Rapporto Finale del 1997, prendeva atto di tale situazione e affermava esplicitamente che al mondo ci sono un miliardo e duecento milioni di "esuberi": persone "di troppo", inutili! Senza tuttavia azzardare nessuna ipotesi di intervento migliorativo della situazione.
Per risanare totalmente i venti paesi più poveri del mondo basterebbero 5 miliardi di dollari, quanto è costata la costruzione di Eurodisney a Parigi.
Il debito estero dei paesi poveri oggi si attesta sui 2.500 miliardi di dollari circa, quasi 5 milioni di miliardi di lire. Ogni bambino che nasce in un paese del Sud del mondo ha un debito di 360 dollari: non ha ancora respirato e già deve ai paesi ricchi quanto suo padre guadagna in un anno.
Questo è un grave ostacolo allo sviluppo, basti pensare che lo Zambia in tre anni ha speso 37 milioni di dollari per ridurre l’analfabetismo e 1.200 per restituire gli interessi sul proprio debito, l’Etiopia paga 6 dollari pro-capite per il debito estero e solo 2 per l’educazione e il Nicaragua spende 5 volte di più per gli interessi sul debito rispetto alla spesa per l’educazione, solo per citare alcuni esempi.
La strategia adottata fino ad allora era la stessa teorizzata dal Machiavelli nel XVI secolo per mantenere la supremazia su un territorio nemico, teoria che si riassume in tre semplici azioni: occupare il territorio conquistato, impoverirlo e lasciarlo senza risorse, installare al potere una élite favorevole al vincitore che renderà così il paese soggetto a tributi regolari da versare al conquistatore.
Fino al 1973, però, l’ultima parte della teoria machiavelliana non era ancora divenuta fondamentale; cioè, il pagamento di regolari tributi non era ancora diventato prassi.
Nel 1973, le multinazionali del petrolio, le famose "Sette Sorelle", spingono per un aumento del prezzo del greggio per aumentare la competitività e la concorrenza tra quello europeo ed americano e quello prodotto dai paesi arabi. I prezzi del petrolio aumentano fino a quadruplicare nel giro di pochi mesi tra il 1973 ed il 1974. Per giustificare tale aumento, viene usato come pretesto il conflitto arabo-israeliano, anche se questo esplode molto tempo dopo il primo aumento del prezzo del petrolio.I paesi produttori e le grandi compagnie petrolifere, grazie ai fiumi di dollari ricevuti per gli aumenti, iniziano allora ad ammassare denaro liquido in grandi quantità, depositandolo nelle banche europee e nordamericane. Ma un eccesso di liquidità provoca, nell’economia liberista, scompensi inammissibili. Per esempio, fa crollare i tassi di interesse, rendendo la moneta un bene non più appetibile perché non produttiva da sé di risorse.
Si assiste quindi ad un via vai dei funzionari delle grandi banche d’affari da e per le riunioni internazionali per offrire ai paesi più poveri prestiti vantaggiosi: i contratti stipulati all’inizio di questo periodo prevedono interessi quasi ridicoli tra l’1 ed il 5% annuo.
Indebitarsi risultava, quindi, conveniente anche perché l’inflazione era alta mentre i tassi di interesse restavano bassi.
Ma le regole del gioco furono modificate cammin facendo e si innescarono altre variabili.
Tra queste, bisogna ricordare:
Nel 1979, poi, arriva l’evento decisivo: la seconda crisi petrolifera.
L’accordo dei paesi produttori di petrolio aderenti all’OPEC porta il prezzo del greggio ad aumentare di altre cinque volte (per intenderci, se nel 1973 i produttori di petrolio guadagnavano 100, dopo il primo aumento del 1973/’74 arrivano a 400 e, nel 1979, a 2.000!).
Ricomincia l’eccesso di denaro sul mercato, ma questa volta i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna, guidati dal presidente Ronald Reagan e dal primo ministro Margareth Thatcher, che incarnano il prototipo del governante neoliberista, decidono di applicare le ricette monetariste per ridurre la disponibilità di denaro in circolazione.
Dal 1978, dunque, i tassi di interesse che remunerano i capitali, che erano tra l’1 ed il 5%, passano in pochi mesi al 20%. Inoltre, gli Stati Uniti riescono ad imporre la propria moneta, il dollaro, come unità di riferimento per tutti gli scambi internazionali. Ciò significa che i debiti contratti dai paesi poveri con tassi di interesse che oscillavano tra l’1 ed il 5%, successivamente si ritrovavano ad averne uno tra il 20 ed il 35% in uno spazio di tempo molto breve. Inoltre, le monete nazionali dei paesi poveri si erano svalutate di dieci, venti, trenta volte rispetto al dollaro, ed i debiti risultavano contratti in dollari, non più in moneta nazionale.
Per queste ragioni i paesi poveri si sono ritrovati a dover rimborsare delle cifre straordinariamente superiori a quelle stipulate, in un breve lasso di tempo, non per propria colpa ma per il cambiamento delle "regole del gioco" da parte di altri.
A ciò si aggiunga la "capitalizzazione degli interessi" non versati e si capirà il circolo vizioso in cui questi paesi sono caduti.
Ma nel 1982 accade qualcosa di nuovo: il Messico, per primo, sospende i pagamenti e dichiara la bancarotta. I governi dei paesi del Nord del mondo offrono allora nuove condizioni ai paesi debitori affinché possano pagare lo stesso quanto dovuto, attraverso riscadenziamenti (posticipi delle scadenze delle rate da pagare), nuovi prestiti della Banca Mondiale (per pagare le rate già scadute) e interventi del Fondo Monetario Internazionale (i cosiddetti Piani di Aggiustamento Strutturale o interventi strutturali che prevedono, in sintesi, riduzione dei salari, svalutazione della moneta nazionale e ancoraggio dell’economia al dollaro, riduzione delle spese pubbliche e aumento delle imposte, sfruttamento delle risorse naturali per aumentare l’esportazione, liberalizzazione e privatizzazione dell’economia).
Con la crisi del Messico inizia anche il "mercato secondario dei prestiti": in pratica, si trattano i prestiti come fossero una qualsiasi merce da vendere sul mercato dell’usato. Le banche creditrici vendono i loro titoli di credito a multinazionali o governi dei paesi ricchi con "sconti" che variano tra il 50 e l’85% rispetto al valore nominale. Questi, quindi, invece di esigere il pagamento del debito, acquisiscono quote rilevanti di attività ed imprese pubbliche del paese debitore in settori strategici (acqua, energia elettrica, strade, ferrovie, sanità, etc.).
Le banche creditrici si liberano in questo modo dei crediti in sofferenza che, comunque, avevano già fruttato, tra restituzioni e interessi progressivi, molte volte il loro valore iniziale, mentre i "grandi" della terra acquisiscono a prezzi stracciati quote consistenti dei paesi poveri che diventano, di fatto, domini controllati da quelli più ricchi.
Anche per questo, sotto il profilo etico, viene meno il dovere di pagare, ed il diritto di esigere, quei debiti dal cui adempimento conseguono inesorabilmente mali più grandi rispetto al bene della sicurezza dei rapporti creditizi che si vogliono salvaguardare. Ma, a maggior ragione, se quei debiti sono già stati largamente pagati: in questo caso si passa dal piano morale a quello prettamente giuridico perché è illegale far pagare una somma già abbondantemente rimborsata. Il valore delle cifre sborsate, infatti, supera ampiamente quelle del capitale e degli interessi dovuti: se si ricalcolano le cifre dovute e quelle pagate prendendo come unità di misura non il dollaro, artificiosamente gonfiato, ma un "paniere" di altre valute forti, quali il franco svizzero, il marco, la sterlina e lo yen, l’ammontare degli interessi supera di svariate volte l’ammontare del capitale prestato. In alcuni casi per ogni dollaro prestato ne sono stati restituiti addirittura undici, in media cinque. Non si tratta quindi di paesi incapaci di rendere ciò che hanno ottenuto o disonesti, ma talmente oppressi da aver pagato molto di più di quanto dovuto e resi impotenti dal loro stesso stato di bisogno1.
Davide Caocci
quando invece con le parole si possono correggere, si tema che il silenzio valga come un consenso"
S. Gregorio Magno
Nell’immagine: ritorno dalla pesca, Kayar (Senegal)
1
BULLONIA vs. BANANALAND
Condizioni iniziali
Prestito di:
Tasso di interesse
Cambio:
=> rendere
Modifico condizioni
Tasso di interesse
=> rendere
oppure
Cambio:
=> rendere
oppure
Tasso di interesse
Cambio:
=> rendere
2
In rete
In libreria
"Come indebitarsi fino alla settima generazione e morire di fame"
Alcuni dati per farsi un’idea
Negli ultimi dieci anni, i multimiliardari (di dollari) sono triplicati passando da 157 a 447; costoro possiedono ricchezze pari a quelle di circa due miliardi e mezzo di persone. Basti pensare che un solo uomo, Bill Gates, possiede un reddito pari a quello di 16 intere nazioni abitate da centinaia di milioni di esseri umani.Le aziende chiamate "multinazionali", perché attive in più Paesi, presentano gli stessi numeri: con 73 milioni di dipendenti (poco più dell’1% della popolazione mondiale) il loro volume d’affari corrisponde a circa la metà di quello mondiale. Qualche esempio: la Philip Morris, 173.000 dipendenti, ha un fatturato superiore a quello di Pakistan e Filippine messi insieme (200 milioni di persone), l’ENI fattura più dell’Egitto, la British Petroleum più delle Filippine, la Walt Disney più dell’Ecuador, la Nike più del Kenya, la Shell più del Sudafrica.
Il problema del debito estero dei paesi del Sud del mondo assume le dimensioni della catastrofe alla quale oggi molti sembrano interessati (forse per motivi di immagine, forse per vera filantropia) solo dopo il 1973; prima di allora, il debito esisteva, ma non era ancora funzionale al sistema economico liberista e quindi non era utilizzato come ambito di depredazione. la corruzione che, secondo alcuni calcoli, avrebbe assorbito almeno il 20% dell’ammontare totale dei debiti; i prestiti a breve termine, che rendono praticamente impossibile la realizzazione di opere significative o di interventi efficaci di interesse pubblico, mentre risultano, ad esempio, adatti per l’acquisto di materiali bellici; i prestiti inutili, assurdi o condizionati, che vincolano la concessione all’esecuzione di progetti da parte di imprese imposte dai paesi concedenti a prescindere dalle reali necessità del paese beneficiario (più del 30% dei progetti realizzati si sono rivelati inutilizzabili perché inadatti alle condizioni ambientali e culturali del luogo).
"Quando non si possono correggere i mali con le parole si taccia;
I rapporti tra paesi ricchi e paesi poveri: come nasce e cresce il debito estero dei PVS.100 bulloni = 100 banane5% 1 bullone=1 banana105 bulloni = 105 banane20%120 bulloni=120 banane(a parità di cambio)1 bullone= 2 banane105 bulloni =210 banane (a parità di tasso di interesse)20%1 bullone= 2 banane120 bulloni=240 banane
Bibliografia essenzialeBanca Mondiale: www.worldbank.org Fondo Monetario Internazionale: www.imf.org UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo): www.undp.org FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione): www.fao.org AA.VV., Usura e debito estero, Centro di ricerche per lo studio della dottrina sociale della Chiesa, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, 1998. Andrés D.J. e Schipani S., Debito internazionale, principi generali del diritto, corte internazionale di giustizia, Libreria Editrice Vaticana, 1993. Arcelli M., Globalizzazione dei mercati e orizzonti del capitalismo, Edizioni Laterza, 1997. Chossudovsky M., La globalizzazione della povertà. L’impatto delle riforme del FMI e della Banca Mondiale, Edizioni Gruppo Abele, 1998. UNDP, Rapporto sullo sviluppo umano 3 – Come ridurre le diseguaglianze mondiali, Rosenberg and Sellier, 1993.