Il titolo è banale, potrebbe addirittura fare da slogan ad una rassegna estiva di provincia dove vengono riproposti i successoni della stagione appena finita, ma in realtà esprime bene ciò che è il cinema in realtà: una vera e propria industria mondiale dove l’ora e mezza di film che andiamo a vedere non è che il "piccolo" risultato di un lavoro spesso incredibile per grandezza, costi e personale.
Lo spunto per questo articolo viene, anche per questo mese, dall’ultimo festival di Venezia, appena concluso con la vittoria dell’iraniano "Il cerchio". Proprio film come "Il cerchio" sono quelli che con l’industria del cinema c’entrano ben poco: basso costo, produzione di nicchia, tema difficile e poco vendibile, scarsa diffusione, nessuna star. Leggendo l’intervista alla ministra dei Beni culturali Giovanna Melandri si evince che il contenuto dei film è marginale rispetto agli ingranaggi finanziari che il film stesso muove. Poco importa, dice la Melandri, se non tutti gli anni esce un film come "La vita è bella", il cinema italiano è in buona salute e lo vedremo insieme. Il festival di Venezia, e quello di Cannes, hanno presentato diverse coproduzioni, segno di una ritrovata vitalità tutta europea. Dietro ai Benigni e ai Tornatore, conosciuti in tutto il mondo, c’è una serie di autori di qualità nati e cresciuti anche grazie al tanto contestato contributo statale, che pure ha finanziato anche schifezze. Continuando a scorrere l’intervista noto un’immotivata preoccupazione per la scarsa diffusione nel nostro paese delle multisale, oramai pari ad un centinaio in ognuno dei paesi più simili al nostro per popolazione e tenore di vita come Spagna, Francia, Germania o Gran Bretagna. Perché immotivata? Perché sembra di intuire che nelle multisale si fondino tutte le speranze di vendere sempre più biglietti, invece di pensare al costo del biglietto, all’offerta delle sale, all’equa distribuzione dei film senza monopoli. Le nostre multisale sono addirittura cinema tradizionali, spesso nel centro delle città, divisi in due o tre sale più piccole mentre sono ancora poco diffusi gli edifici costruiti esplicitamente per questo scopo, capaci anche di ospitare negozi, bar ed altri esercizi. Sicuramente l’aumento delle sale, specialmente se accoglienti e raggiungibili, permetterà ad un pubblico maggiore di andare al cinema ma servirà a poco se poi la diffusione dei film rimarrà legata ai pochi distributori monopolisti presenti in Italia, oltretutto proprietari di una buona percentuale di sale, a discapito dell’offerta.
Da non dimenticare, in un articolo che vorrebbe stimolare alcune riflessioni differenti sul cinema, l’anomalia della stagione cinematografica italiana che, unica nel suo genere, stenta ancora ad uscire dal canone Ottobre-Aprile. L’esempio di "M:I-2" è lampante: un blockbuster non ha bisogno di uscire a Natale per incassare, e lo dimostrano le presenze nei cinema sempre piuttosto minori rispetto agli altri paesi dove, in sostanza, non esiste una stagione cinematografica limitata (105mila presenze in Italia nel 1999 contro le 155mila della Francia o le 149mila della Germania, ad esempio). Il cinema comunque è uno spettacolo più vivo che mai, tanto è che i videonoleggi sono sempre di più e sempre più grandi e, calcio a parte, vanno a ruba i decoder digitali. In coda a questi argomenti di carattere puramente finanziario ci sono importanti novità cinematografiche come l’avvento ormai impetuoso del digitale e l’attenzione, quasi mecenatismo, rivolta al recupero ed al restauro di vecchie pellicole. Insomma il cinema è più vivo che mai (che frase scontata!), anche se per l’ennesimo anno troveremo le sale che proiettano lo stesso film (avete fatto caso a "La tempesta perfetta"?) mentre dovremo andare a scovare alcuni film tanto interessanti quanto fuggevoli come l’ottimo "I cento passi", applaudito a Venezia e rapidamente scomparso.
Michele Benatti
Il Cinema Non è Solo Un Film