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Una sera nel bosco

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Una sera nel bosco in compagnia
del diavolo e della signorina Prynn


Tra i libri più regalati di questo Natale 2000 non mancherà sicuramente l’ultimo capolavoro di Paulo Coelho, Il diavolo e la signorina Pryn, edito da Bompiani, pagine 170, a lire 26 mila: la storia di un piccolo villaggio avvelenato dall’arrivo di un misterioso straniero, ma soprattutto una metafora pessimista dell’eterna lotta fra il bene e il male.
Il libro racconta dell’apparizione di una sconosciuto in un piccolo universo congelato dalle abitudini, dove c’è solo una giovane donna. Serve ai tavoli della locanda dove lo straniero ha preso dimora, bella e annoiata, in un mondo fuori dal mondo. Qualche volta si è lasciata andare con i ricchi, ma ha subito dispersi i ricordi perché "tanto non era amore". L’uomo ne coglie l’inquietudine e una sera la invita a seguirlo nella foresta. Per giorni si era immerso fra le piante con lo zaino appeso alle spalle e piega alla ragazza che cosa aveva nascosto: lingotti d’oro. "Accarezzali" esorta e tenta l’uomo. E proprio la tentazione diviene così protagonista del cambiamento che avvelena i sogni e la morale del paese. Ma vi è un’eccezione: una vecchia signora indifferente che abita l’ultima casa prima del bosco e impegna gli ultimi giorni della sua vita nel conservare la memoria. Ma la scoperta dell’oro sembra seppellire il passato. E allora: può il passato crescere senza memoria?
Con Coelho parliamo dunque di metafore, degli enigmi criptati nel pessimismo. I personaggi paiono essere senza corpo, spiriti puri. Non una riga è dedicata al come sono fatti, quasi che lo scrittore abbia dimenticato i corpi e la loro sensualità. E il fascino del racconto sta nello spiare le storie spostando appena la tenda di una finestra segreta, vedere e non vedere, scoprire una piccola parte della congiura e fantasticare sulle tessere mancanti immaginando il corpo della signora Pryn. È un po’ come essere in Iran, dove le donne sono quasi cancellate, col viso coperto, ma per questo molto più erotiche delle ragazze spogliate che passeggiano sotto le finestre d’Italia e del resto del mondo. Agli occhi è affidata gran parte dei messaggi che ogni essere umano continua a lanciare: tristezza, allegria, curiosità, ed è bello immaginare cosa c’è attorno ad occhi tanto intensi: è il fascino di un’immaginazione che sempre più, nella vita di tutti i giorni, ci sta abbandonando. Insomma, il racconto resta un gioco fra scrittore e lettore, un gioco in cui il lettore partecipa come complice guardingo, respira con l’autore.
Dio non c’è mai, diventa solo un alibi nelle parole del prete del paese. Per gli abitanti del villaggio Dio è un mistero, come gli angeli custodi che parlano tra loro ma che nessuno può ascoltare. La vecchia, simbolo della memoria, discorre col marito morto, sperando, quando la storia diviene pericolosa, che la rincuori. "Cosa sta per succedere?" chiede e il marito risponde: "Anche noi non sappiano niente. Non ci dicono neppure quando avverrà la reincarnazione". Una risposta che lascia la vecchia delusa, lei che pensava che nell’altra dimensione tutto fosse possibile. Ma Coelho rispetta il mistero di Dio.
Come le persone, anche il paese non ha un corpo, soltanto tre strade, quasi uno scarabocchio su un foglio. Unici corpi definiti con cura i lupi e la foresta, perché nella memoria genetica dell’umanità è nascosto il ricordo di quando eravamo nomadi e attraversavamo le foreste nella notte. Oggi il mondo è cambiato: mangiamo le bestie, illuminiamo l’oscurità, eppure affrontare il rapporto tra Bene e Male vuol dire tornare nelle notti delle foreste.
Ma perché protagonista del romanzo dello scrittore brasiliano è uno straniero? Perché sono le storie degli altri che ci fanno capire quello che teniamo nascosto, perché ogni straniero che arriva suscita in noi inquietudine, perché il suo corpo in mezzo a noi provoca disagio. Ogni nuova presenza inquieta e destabilizza, i fragili hanno paura. Il villaggio della signora Pryn forse rappresenta circoli di benpensanti che non vogliono agitarsi. E persino ogni bambino che nasce è un pensiero per chi non ha voglia di pensare.


Francesca Orlando

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