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La montagna di ferro

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La montagna di ferro

Un fruscio. Forse il vento, o un animale. Ancora un fruscio, dei passi, dei rami spezzati. Un uomo, sì un uomo che corre. Il fiato è pesante, le gambe incerte. E’ braccato. Ecco i suoi occhi, il suo volto tirato, il suo colorito pallido ed emaciato. Un altro fruscio, e la preda si volta e corre verso un albero, alto, che sembra offrire un sicuro rifugio. Ma il cacciatore è abile ed esperto, la sua mira è precisa e letale. Una freccia che sibila nell’aria e si conficca nella carne nuda. E il fruscio si trasforma in tonfo, il cadere di un corpo privo di vita, proprio su un cespuglio di fiori odorosi, nel bel mezzo di un prato verde e rigoglioso. E il persecutore si avvicina, certo che il perseguitato non mormora più. Lo agita, sprezzante, con un piede; ne saggia la vitalità con la punta acuminata di una lancia. Ma nessun movimento, nessun gemito, nessun respiro. Il dardo scagliato con cura, ha assolto il suo scopo.
Un urlo irrompe nel vento. E’ il grido di un cacciatore saziato, che solleva verso al cielo la preda e la porge al sole con cerimonioso rispetto. Ha compiuto il suo dovere di uomo, Eilan, giovane guerriero di antica e nobile stirpe. Ha ucciso uno dei deviati, di quei servi che hanno disubbidito al padrone. Ed ora si sente più forte, perché ha finalmente vissuto l’ultimo atto della sua tormentata adolescenza, e potrà salire in cima alla Montagna di Ferro, per conoscere il nome del dio che protegge il mondo. Forse, come è capitato ai grandi guerrieri, come è accaduto a suo padre, e al padre di suo padre, potrà anche parlare con lui. Ma bisogna far presto, prima che il sole tramonti. Bisogna portare i capelli e le orecchie della sua preda, a Girac, vecchio sacerdote che vive nella foresta di Ildesité, proprio dove sorge la grande Montagna.
E, tratto un coltello ricurvo, Eilan compie il suo rito, pronunciando sommessamente antiche preghiere: "Io sono con te, nobile guerriero che sei morto sotto la mia lancia…Sono con te e tu sei con me…Il tuo capo, d’ora in avanti, sarà il mio capo….Le tue orecchie, saranno le mie orecchie…Io prego per te, nobile guerriero, che sei morto sotto la mia lancia…E tu, nell’alto dei cieli, prega per me che io possa morire con eguale sorte gloriosa". La cerimonia era finita, mentre il sole sfiorava lo zenit, ed Eilan, messo in un sacchetto di iuta i capelli e le orecchie della sua preda, si diresse verso nord con passo spedito.

La foresta sorgeva nei pressi di un fiume. Si raccontava che, nell’antichità, proprio in mezzo alle acque sorgeva un’isola dove era nata la civiltà umana. Ma troppe erano le leggende che popolavano quel luogo, e molte le fantasie che l’uomo aveva costruito. Ma ad Eilan, che non v’era mai stato, Ildesitè sembrò solo un grande bosco privo di luce, perché i rami degli alberi erano così fitti che l’astro diurno non riusciva a penetrarli. Però, non ebbe paura di entrare. Un guerriero non ha mai paura, essa fiacca l’anima ed intorpidisce il senno.
Il suo incedere era veloce, camminava fiero, toccando, ogni tanto, orgogliosamente il sacchetto di iuta che gli pendeva dalla cintola. Non vedeva l’ora di conoscere Girac, la cui saggezza travalicava i monti e le valli, la cui fama era giunta fino al Deserto di Fuoco, dove Dio aveva posto i confini del mondo. E l’anziano eremita non si fece attendere. Apparve dal nulla per sbarrargli il passo, proprio all’inizio di un viottolo che s’inerpicava su un leggero pendio.
"Dove credi di andare, giovane stolto?", domandò con voce profonda.
"Che il dio della Montagna di Ferro ti benedica o nobile Girac…Sono Eilan, della tribù dei Fran…Vengo a rendere omaggio a te, e alla divinità che tu servi", rispose l’imberbe guerriero cadendo in ginocchio.
"Bene…Che doni porti al tuo dio?".
"I capelli e le orecchie di un deviato…O sant’uomo".
"Passa pure, alla fine del sentiero troverai quello che cerchi".
"Cosa devo temere?", chiese Eilan titubante.
"Non puoi temere nulla, se hai fede nel dio dei tuoi padri", e, detto questo svanì.
Il percorso divenne, ben presto, ripido e forte, costeggiato da alberi secolari. Saltuariamente compiva un curva più stretta, e si arrampicava ancora più su. Il vento era leggero ma intenso, e gli animali non emettevano rumori o fruscii, solo il passo dell’uomo si udiva risuonare in quel luogo deserto. Ad un tratto, ogni traccia di strada scomparve e una grande distesa di fiori si sostituì alla foresta, ed Eilan vide per la prima volta la Montagna.
Era poggiata su quattro enormi zampe e si innalzava verso il cielo in un intreccio scuro di ferro e acciaio. La sua cima era appuntita ed aguzza, e sembrava toccasse il sole. Il giovane guerriero si avvicinò e, fattosi forza con le dita, iniziò la lunga scalata.
Appena un puntino era il suo corpo, che si muoveva come un ragno su un ramo nodoso, e si innalzava come una nube che cerca la pioggia. A vederlo da vicino, lo si sarebbe sentito sbuffare, lamentarsi per lo sforzo, e le sue povere ossa gemere e stridere, in continuo contrasto con la volontà, non volendo continuare a salire. Ma Eilan dei Fran, era coraggioso e testardo, e desiderava conoscere il dio che l’aveva generato.
Giunse in vetta al tramonto. Trovò una piattaforma di ferro praticabile, e vi si sdraiò stanco ed esausto. Poi, come colto da un pensiero improvviso, sentì che non poteva sedersi, che qualcosa, qualcuno, lo stava osservando, e, prontamente, s’inginocchiò, mormorando antiche preghiere: "O dio dei padri, e dei padri dei padri…Tu che vieni dal tempo che non esiste. Tu che sei sopravvissuto al sole nero, al cielo caduco, all’aria senz’aria, al fuoco che non brucia, alla morte che non risparmia il giusto. Tu, o dio, ascolta il tuo servo Eilan, e svelagli ogni verità. Ti dono, per questo, i capelli e le orecchie di un deviato, che ho ucciso per te".
Il vento sibilò tra il ferro intrecciato. La montagna, alta e snella, ondeggiò. Eilan chinò ancora di più il capo e, quando la stella del giorno lanciò il suo ultimo raggio, si decise ad alzare lo sguardo. Dio era venuto, ed aveva scolpito sul ferro appena due parole: Gustave Eiffel. Ed era andato a dormire col sole.


Claudio Chillemi

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