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La misoginia dai maestri del pensiero ad oggi

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La misoginia dai maestri del pensiero ad oggi

Si intitola "Le donne da Platone a Derrida" (Plon editore, Parigi 2001, pp. 816) ed è un’antologia curata da tre studiose: Françoise Collin, Evelyne Pisier e Eleni Varikas, una filosofa, una giurista e una storica, che analizza la secolare misoginia dei maestri del pensiero.
Le tre donne hanno messo in comune le loro competenze e le loro profonde erudizioni ed hanno così creato un’opera filosofica critica, una preziosa guida che ci permette di attraversare l’opera di ben sessanta filosofi, tutti europei, e di quattro donne, Mary Astell, Mary Wollestonecraft, Hannah Arendt e Simone de Beavoir. Un percorso storico e filosofico secolare da Socrate a Platone, da Aristotele a Rousseau, da Freud a Derida, dove si ferma.
Françoise Collin ha partecipato a Bruxelles alla creazione della prima rivista femminista di lingua francese, "Les cahiers du Grif", ricca di temi quali quello della famiglia, delle difficoltà da sormontare per le donne nella nostra società, le origini dei cui ostacoli vengono però da lontano, cioè dagli stessi Padri della Chiesa, i quali considerano le donne incapaci di pensiero, inette al sapere. E pensiamo a Kant, che attribuiva alle donne solamente bellezza e piacere per gli uomini, o a Freud, che accorda al genere femminile la sola invenzione della tessitura. Ed eccoci giunti a Jacques Derida, che fa da suggello al libro.
Platone, il primo grande filosofo dal quale prende il via il percorso delle tre autrici, nella "Repubblica" aveva soppresso la differenza dei sessi, perché, diceva ironicamente, "è una discriminazione che è valida tanto quanto quella tra calvi e capelluti". Aristotele, dal canto suo, accentuava questa differenza al punto che accordava alle donne una capacità di deliberare, ma del tutto sprovvista di ogni autorità; infatti il loro statuto non era quello di cittadine, ma di intermediarie, cioè di individui al limite della polis, di strati umani al confine dello stato selvaggio, insomma, esattamente alla stessa stregua di barbari e stranieri.
Ed anche Sant’Agostino colloca le donne entro una morale coniugale e cristiana che toglie loro ogni ragione politica di contare, sottomesse al peccato e all’inferiorità intellettuale. San Tommaso poi addirittura scrive: "Come dice Sant’Agostino, non sappiamo se gli angeli hanno portato il loro ministero a Dio, nella formazione della donna".
Certo la questione delle donne, della loro presenza nell’ambito sociale e pubblico, emerge in tutti i momenti più importanti delle teorie politiche, anche in quelle di Proudhon, ma perfino Rousseau affermava che "la donna ha più ironia dell’uomo, ma l’uomo ha il genio".
Per fortuna ci fu Cesare Beccarla e le tre autrici a lui dedicano grande spazio. Parlando della fedeltà coniugale, per esempio, Beccarla afferma che questa dipende dal numero e dalla libertà dei matrimoni, laddove questi obbediscano ai pregiudizi ereditari o siano compiuti per servire a diversi interessi, "altro non avverrà – scrive – che ispirare alle donne la sottomissione e la paura. Mentre la libertà insegna il coraggio e l’autonomia della umana condotta, la paura toglie il coraggio della libertà nel momento in cui occorre agire con ferma audacia tra il dispotismo più rigoroso e la propaganda delle virtù familiari".
Un’antologia, quella di queste tre donne francesi, dal successo assicurato, anche se chiedersi se davvero le turpitudini misogine dei filosofi siano così totali e diffuse è impossibile. Certo la filosofia ha messo ai margini le donne, ma perché? Semplice, perché la filosofia misogina serve il potere politico. Ancora oggi, del resto, le gerarchie politiche fondano il proprio potere su questi assunti filosofici: e le donne, anche se non più considerate bestie, sono pur sempre escluse, almeno nelle intenzioni, proprio come barbari, come ignare e straniere alla civiltà.

Francesca Orlando

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