In francese le chiamano "coïncidances": due film in due giorni che vedono protagonista la stessa attrice; la nascita, per me, di una nuova musa orientale, sulle dolci macerie al cioccolato della decadente Binoche1; un film fra i vincitori a Berlino dello scorso anno, sullo sfondo del resoconto del nostro direttore della kermesse di quest’anno.
Tutto questo delirio per parlare in realtà di due pellicole in uscita nelle sale in questo periodo, di due film assolutamente all’antitesi sia come genere sia come contenuti, ma diretti da due importanti registi provenienti dall’area asiatica: il cinese Zhang Yimou, con "La strada verso casa" ed il taywanese (ma da sempre con passaporto cinematografico americano) Ang Lee, con "La Tigre e il Dragone2".
L’elemento comune dei due film rimangono le figure femminili e in particolare, come avevo già anticipato, la ventunenne protagonista e splendida attrice di Pechino Zhang Ziyi, scoperta l’anno scorso da Zhang Yimou e lanciata nell’olimpo hollywoodiano da Ang Lee.
"La strada verso casa" è la lunga via che un corteo funebre deve percorrere per trasportare la salma di un Maestro elementare dalla capitale fino ad un paesino della campagna cinese in cui aveva insegnato e vissuto dai tempi del suo arrivo. La tradizione vuole che la bara sia trasportata a piedi, ma nel villaggio ormai risiedono solo gli anziani, i giovani lavorano e abitano le città: l’unica soluzione è trasportarla coi trattori. Ma l’anziana vedova si oppone decisamente a questo compromesso. Il Maestro è stata una figura fondamentale per il villaggio, ha indirizzato con i suoi insegnamenti tutte le nuove generazioni (fra le quali anche il figlio). L’amore per i suoi alunni e per la sua sposa, il suo desiderio di rimanere lì ad insegnare è stato anche causa di conflitto con le autorità, ed è morto nel tentativo di realizzare il suo sogno: vedere la nascita del nuovo edificio scolastico. Anche il figlio, preoccupato per la salute della madre non è molto convinto della sua decisione, ma poi le ragioni del cuore prevalgono e si offre di assumere e retribuire dei facchini da altri villaggi. Così vedrà coronati i desideri della madre, ma anche l’estremo e toccante saluto che tutti i suoi allievi attribuiranno a suo padre. Non c’è solo un percorso fisico che Yimou traccia in questa pellicola, ma anche un percorso storico e sentimentale, sottolineato dal passaggio del bianco e nero della realtà odierna, al colore nel descrivere il lontano ricordo dell’arrivo del Maestro nel paese, nella costruzione della vecchia scuola e nella travagliata storia d’amore con la madre. Il bianco e nero descrive un freddo paesaggio invernale a lutto, mentre il colore è un’"impressionistica" esplosione d’estate e natura come sfondo all’amore dei protagonisti.
Film che ho trovato personalmente molto poetico, ben costruito e ben fotografato, in cui l’accostamento con il precedente "Non uno di meno", attraverso la fondamentale figura del Maestro nella cultura cinese (ma in generale in tutta quella orientale), è evidente. Meno politico, in apparenza, in realtà attraverso le pieghe della storia d’amore traspaiono contenuti caratteristici del cinema di Yimou e in generale una nostalgia verso un’epoca passata ed una cultura contadina perduta.
"La Tigre ed il Dragone" è un film d’azione, dove Ang Lee recupera tutto un filone sulle arti marziali che ha caratterizzato il cinema orientale per un certo periodo (Bruce Lee e i suoi parenti minori), combattimenti in volo compresi, avvalendosi delle tecniche usate per Matrix. Anche qui c’è la figura del grande Maestro di arti marziali (e anche qui curiosamente muore…) , ma c’è di più. Amore anche in questo caso, corrisposto e non corrisposto, ma più propriamente vissuto e non vissuto dalle due protagoniste femminili. Il tutto ruota intorno al possesso di una "mitica" spada invincibile, a segrete pratiche di combattimento, ma anche al desiderio di rivalsa delle figure femminile del film. Rivalsa contro un destino che le ha volute donne e per questo spose promesse nel rispetto della volontà della famiglia, o guerriere che non possono però accedere ai grandi segreti delle grandi scuole delle arti marziali.
È un film per cultori del genere, che lo stesso regista ha definito non eccezionale, ma comunque fortemente voluto ed amato, che forse riuscirà a strappare qualche Oscar (perlomeno quello per gli effetti speciali) allo scontato vincitore di quest’anno, "Il Gladiatore".
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Spirito d’oriente
Andrea Leonardi
Bravo Leo, la Binoche è ormai imbarazzante.
Qui sotto un’immagine.