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A Torino, a Torino!

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A Torino, a Torino!

Il treno si ferma a Torino Porta Susa per un guasto tecnico e mentre cerchiamo di capire quale autobus può portarci più vicino all’albergo ci accorgiamo di essere già vicini all’albergo. Niente male, come inizio. Saliamo due piano di un elegante palazzo vagamente liberty per scoprire che eravamo attesi per il giorno precedente. Problemi? Nessuno, c’è una stanza libera e pronta proprio davanti a noi. Niente male, come seguito. Sulla cartina vediamo che la via della multisala che ospita la rassegna è molto lunga ed il festival può essere molto vicino o molto lontano. Ci incamminiamo dal portone dritti verso il centro della città e, sorpresa, la multisala Reposi è lì, nella posizione migliore che potessimo sperare. Niente male. Ritiriamo l’accredito ed il catalogo e poi cerchiamo un posto dove pranzare. Per poche lire ci ingozziamo di riso tanto da lasciarne nel vassoio. Niente male ma, dov’è il trucco? Entriamo a vedere il primo di una lunga serie ed è subito un bellissimo film giapponese. Ora basta, cosa sta succedendo? Succede semplicemente che il Torino Film Festival è tanto semplice ed ospitale da lasciare di stucco lo sporco e stanco inviato a Venezia di Kult. Il direttore Alberto Barbera, futuro patron proprio del più importante appuntamento lagunare, si aggira indisturbato per le sale e vede, ascolta, parla, partecipa alla manifestazione. Così come è lui stesso a spiegare che il black-out elettrico si risolverà in un quarto d’ora è sempre lui ad introdurre un imbarazzato Guédiguian al pubblico in sala. Le maschere sono gentili e sufficientemente "impreparate" da far sì che l’andirivieni dalle sale assuma l’aspetto di una festa continua, con gli invitati che passano da una stanza all’altra con cappotti, bottiglie, programmi, quotidiani, pellicole, videocassette, ecc. I film, poi, sono di qualità ed alcuni di loro provengono da altri festival altrettanto importanti. Insomma, Torino è una vera boccata d’ossigeno (gelido) nei polmoni. Nei locali attorno al cinema vedi solo ragazzi e addetti ai lavori che continuano il loro festival, raccontandosi ancora quella scena o discutendo dell’inquadratura. La battuta più bella del festival? Un accreditato chiede ad un ragazzo se il posto accanto a lui è libero, pur trovandosi in una sala da 600 posti dei quali almeno 400 sono assolutamente liberi. Sedendosi lo riconosce. "Ma tu sei l’attore del film argentino?" Con un misto d’orgoglio e d’imbarazzo la risposta è "Sì" "Ah, non l’ho visto". Senza parole.

Michele Benatti

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