[…] Non posso fare a meno di lodare anche l’ultimo, altissimo trionfo degli strumenti: dico quei divini grandi pezzi di sinfonia (creati da anime ispirate), dove non e’ descritto un unico sentimento, ma dove sbocca tempestosamente tutto un mondo, tutto il dramma delle passioni umane. Con parole comuni voglio dunque raccontare cio’ che i miei sensi intravedono.
Con leggera, giocosa allegria l’anima, piena di suoni s’innalza su dalla sua caverna misteriosa, simile all’innocente fanciullezza, che si addestra nella prima gioiosa danza della vita e che, senza saperlo, scherza con tutte le cose del mondo e solamente sorridealla sua propria intima serenita’. Ma presto le immagini intorno a lei raggiungono una piu’ ferma consistenza; essa cerca la sua forza in un sentimento piu’ profondo, osa gettarsi all’improvviso in mezzo a flutti schiumanti, tenta tutte le altezze e profondita’, spinge tutti i sentimenti in alto e in basso con coraggioso entusiasmo. Ma ahime’!, ecco che l’anima penetra temeraria in selvaggi labirinti, per calmare la sete della sua forza di vivere, cerca con arditissima audacia gli orrori della tristezza, gli amari tormenti del dolore, e a un colpo di tromba, tutte le forze paurose del mondo, tutte le schiere guerresche dell’infelicita’ irrompono, come uno scroscio, da tutte le parti, e si accavallano le une sulle altre in forme contorte paurose terribili, come catene di montagne diventate vive. […]
A un tratto la folle audace forza si spezza, le forme paurose scompaiono, la prima, lontana innocenza riappare con doloroso ricordo, come un bambino che coperto da veli, venga avanti saltellando malinconicamente e chiami inutilmente indietro. […]
Ma perche’ tento, io stolto, di sciogliere le parole in suoni? Non e’ mai come io sento. Venite voi, suoni, avvicinatevi, e salvatemi da questo doloroso sforzo terrestre verso le parole, avviluppatemi con i vostri raggi milliformi nelle vostre nuvole splendenti, e sollevatemi su, nel vecchio abbraccio del cielo che tutto ama!
(1797, Descrizione di una sinfonia, Wilhelm Heinrich Wackenroder)
Avrete sicuramente intuito che il tema di questo articolo e’ una riflessione su cio’ che la musica e’ e su cio’ sta diventando; dal momento che mi considero un parlatore piuttosto scarso, ho preferito affidarmi alle abili parole di Wackenroder per introdurre l’argomento.
Innanzitutto, fare musica significa comunicare, esternare le proprie sensazioni e i propri stati d’animo; la musica, intesa come arte, e’ nata con questo scopo. Un brano sara’ tanto piu’ riuscito, quanto piu’ sara’ in grado di comunicare in maniera profonda e personale a chi lo ascolta.
Ma ancora piu’ importante e’ che la musica, come espressione dei nostri pensieri, deve essere dinamica, deve attraversare momenti di orrida tristezza spezzati da attimi di dolce gioia, deve cambiare i propri registri per esplorare nuovi tipi di emozione. E, come scrive Wackenroder, "ecco che l’anima penetra temeraria in selvaggi labirinti" ma poi "a un tratto la folle audace forza si spezza". La musica deve essere in grado di sorprendere in ogni momento chi la ascolta, deve riuscire a tenere desta l’attenzione proponendo cio’ che non ci si aspetta di sentire; deve evitare con ogni mezzo di diventare prevedibile e scontata, altrimenti sarebbe sufficiente pensare alla musica piuttosto che ascoltarla.
Ebbene, pensiamo ora alla musica che ci viene proposta nei nostri giorni: per caso si ritrova anche una sola delle caratteristiche descritte da Wackernroder? Accendendo la radio rimaniamo colpiti dalla passione dei musicisti? Percepiamo la gioia e poi la tristezza poi di nuovo la gioia che la musica emana? Oppure sentiamo un’unica e continua cantilena, in cui tutti i brani sono costruiti sugli stessi schemi metrici ed armonici? L’arte e’ la capacita’ di essere originali e di trovare un mezzo di espressione mai sperimentato da altri. La musica che ascoltiamo oggi e’ completamente l’opposto: sembra che tutti i brani siano costruiti a partire da due o tre stampini; ascoltato un brano nato da uno stampino, tutti gli altri sono uguali ed e’ praticamente inutile ascoltarli.
La musica di oggi non e’ piu’ creata dalle regole dell’armonia, ma dalle regole del commercio; le note non nascono dal profondo del musicista, ma dalle indagini di mercato. Cio’ che dovrebbe essere dinamica, movimento, esaltazione delle proprie passioni, si e’ completamente appiattito ed adeguato a pochi canoni, ai canoni di chi non possiede la sensibilita’ musicale necessaria per recepire il messaggio che i suoni ci trasmettono, ai canoni di chi spende i soldi per comprare i dischi.
C’e’ un ultimo importante tema da trattare: le parole. Il parlato e’ il nostro mezzo di comunicazione primario; con le parole riusciamo a descrivere e a trasmettere con esatta precisione ogni concetto che desideriamo esprimere. Ma perche’ questo e’ possibile? Le parole pronunciate da una persona giungono al nostro cervello attraverso il senso dell’udito, ma poi sono filtrate ed interpretate dalla parte razionale del nostro cervello. E’ proprio grazie all’intervento della ragione che riusciamo a comprendere concetti anche estremamente complessi ed articolati. Ma questo non e’ affatto un processo naturale ed istintivo: dobbiamo prestare attenzione a chi ci parla (o a chi canta) per capire quello che ci dice. Al contrario, la musica strumentale e’ semplicemente un suono allo stato puro; raggiunge il nostro cervello attraverso il senso dell’udito e non deve essere ne’ filtrata, ne’ interpretata; non passa per nessuna parte razionale del nostro cervello, parte dal musicista e raggiunge in maniera diretta gli stati piu’ profondi della mente. I suoni sono un messaggio diretto alla nostra parte piu’ istintiva, alla nostra essenza, al luogo della mente da cui nascono le emozioni e le sensazioni. Ovviamente un semplice suono non potra’ mai esprimere un concetto con tanta esattezza come le parole, ma le sensazioni che creera’ saranno sicuramente piu’ profonde ed autentiche. Se un cantante racconta in una canzoe che e’ stato lasciato dalla sua amata, mi potra’ dispiacere per lui, ma non piu’ di tanto; quando invece ascolto il "Lago dei cigni" e sento il primo violino che piange, che ci comunica il dolore della morte, sento una forte tristezza che nasce dalle parti piu’ profonde e nascoste del mio essere. Questo e’ un sentimento autentico che solo un grande compositore, attraverso le abili mani del musicista, riesce a comunicare; nessuna parola sarebbe altrettanto efficace.
Riesce a "caricarci" di piu’ una persona che dice "Ehi, divertiamoci e festeggiamo tutti assieme", oppure un bel brano di musica rock con dei chitarroni "cattivi" o un funky dal ritmo incalzante? Oppure pensiamo ad una persona che ci racconta i suoi problemi oppure al suono di una persona che non parla ma piange; quale dei due casi riesce a toccare piu’ nel profondo in nostro animo; chi ci riesce a far venire il "magone" e che ci fa stare veramente male? Allora, c’e’ bisogno di parole oppure un semplice suono e’ piu’ efficace? E allora, perche’ oggi la gente cerca soltanto la figura del cantante e non ascolta cio’ che gli altri musicisti stanno comunicando?
Musica o commercio?
Thomas Serafini