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Intervista a Federico Mori

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Intervista a Federico Mori
(Primo e Secondo classificato del concorso 8KO-)

D: Ciao Federico, innanzitutto congratulazioni per la tua vittoria – tra l’altro duplice.
Cosa potresti dire per presentarti ai lettori di KULT, tenendo conto che magari non hanno avuto ancora modo di leggere la tua nota biografica sull’e-paperback?


R: Ti ringrazio per i complimenti che ti rimando per " Non poteva essere dimenticato" , racconto splendido che ritengo il vero vincitore di 8KO- (la mia solita fortuna sfacciata, a quanto pare! Comunque, ancora complimenti ).
Dunque, passando a me, cosa dire? Sono classe 1980, ho terminato l’anno passato il liceo classico A.C. Muratori e ora sono impegnato in studi di economia aziendale nella facoltà di Modena. Fondamentalmente, sono una persona che ama "studiare" quello che legge: se mi innamoro di un autore , usualmente cerco di recuperare tutto il leggibile , con particolare attenzione ai saggi, in quanto amo confrontare le opinioni differenti per avere una visione più completa dell’oggetto di cui sono interessato. Per chi mi ha seguito negli ultimi mesi, può sembrare che il mio interesse vada principalmente alla fantascienza : tuttavia, oltre a grandi autori come Dick o Gibson ( che reputo fondamentali per la mia formazione ) , sono un grande appassionato del Romanticismo inglese , di opere storiche, di epica classica internazionale, di opere "sociali" , di Thomas e Ginsberg e di mille altre; nutro invece uno strano rapporto di amore ed odio nei confronti di filosofia e politica , la prima che incentro secondo le mie modeste preferenze nella figura di Nietzsche , la seconda che ritengo uno snervante quanto divertente , se mi permetti il gioco di parole, esercizio elucubrativo. Non voglio dimenticare la mia passione per manga e certi autori di fumetti inglesi , spezzando una lancia in favore di questi ultimi, che hanno dato valore di letteratura alle proprie splendide opere.
Per la mia formazione devo inoltre citare due persone molto importanti: la prima è la mia ragazza Chiara, che spendendo tempo e pazienza, supportandomi e sopportandomi nei momenti in cui mi trovavo a lavorare su vari racconti e composizioni , mi ha spinto e portato qui dove sono ora, diventando una parte integrante di quello che è lo " scrivere" e il "comporre" per me. Seconda è la professoressa F. Tosi, della quale ho avuto la fortuna di poter frequentare le lezioni e che è riuscita nell’ingrato compito di invogliarmi ad approfondire temi culturali sempre interessanti e profondi. Che altro? Suono e sono principale compositore di un gruppo power gotico , i Seas of Fate, e fra poco entreremo in sala di registrazione per il primo demo.

D: Quale di queste cose ti ha spronato maggiormente a partecipare al concorso: il tema (fantascienza), la possibilità di essere "pubblicato" in maniera virtuale su internet, la "sfida" in quanto tale o la certezza di avere una nutrita schiera di giurati che avrebbero comunque valutato i tuoi scritti?

R: Direi in particolar modo la possibilità di confrontarmi con un tema che amo gestire a modo mio come la fantascienza, ovviamente con le limitazioni proprie di un concorso ( in questo caso mi è pesato particolarmente l’obbligo di lunghezza di 8k, anche se alla fine esso è diventato un elemento di sfida ancora maggiore che mi ha solleticato non poco ). In secondo luogo la "sfida", ma nel senso di sfida rivolta a me stesso: non sono una persona che ama partecipare a concorsi per il gusto di vincere in quanto tale, sia chiaro; piuttosto, amo capire fino a che punto mi possa spingere, sfidando le mie possibilità e arrivando a capire cosa ci sia da migliorare: un concorso, con le sue limitazioni , con i pareri dei giurati e col confronto diretto, penso che sia un ottimo strumento formativo in tal senso , permettendo al partecipante di capire quali siano le sue capacità, cosa ci sia da migliorare e così via. Ovviamente non può che farmi piacere la possibilità di essere pubblicato su internet, che però passa un po’ in secondo piano se ci sono le caratteristiche di cui sopra.

D: La spiegazione che hai dato durante la premiazione sul senso dei tuoi due racconti (fantascienza come mezzo e non come fine, impegno "sociale"…) è piaciuta ai presenti… potresti ripeterla ora per i lettori, magari focalizzando soprattutto su "De Civitate Dei" che ti ha fruttato la prima posizione?

R: Certamente; comunque partiamo dal presupposto che questa è solo la mia modesta opinione , un parere che è dettato dal mio modo di scrivere e comporre : personalmente ritengo che la fantascienza si possa dividere in due grandi filoni, inquadrati dal valore che si conferisce al concetto stesso di fantascienza . Il primo è quello che attribuisce alla fantascienza il valore di "fine compositivo" , ma che io non amo troppo, trovando le composizioni che inquadrano questo filone quasi una specie di esercizio stilistico fine a sé stesso , anche se comunque spesso denotanti tecnica compositiva elevatissima. Il secondo è quello che gli attribuisce valore di " mezzo compositivo" , cioè , sfruttando l’ambientazione fantascientifica con tutte le potenzialità e gli spunti che essa offre, arrivare a puntualizzare riflessioni di vario ordine ( religioso, filosofico , sociale e così via ): questo è quello che si può notare, ad esempio, in racconti come il tuo o come " Film 8.4.06" e che io ho cercato di realizzare con De Civitate Dei, anche se devo ammettere che si tratta di un racconto di fantascienza decisamente sui generis : in questo caso, gli elementi di fantascienza arrivano tutti in un colpo , con l’introduzione dei due "sacerdoti": quello che ho cercato fondamentalmente di creare è un qualcosa che permetta la riflessione su un tema ( la clonazione, in questo caso, ma soprattutto il rapporto uomo/dio ) da un punto di vista inedito rispetto al solito: la mia ambizione, in sostanza, è creare qualcosa che sia appetibile da leggere, ma che tuttavia, spinga alla riflessione, anche se ammetto che alcune citazioni e alcune riflessioni possano risultare estremamente criptiche per chi non è provvisto degli adatti mezzi di interpretazione.

D: Tu hai partecipato ad Holden… e nel passato hai scritto racconti di vario genere anche per una tua rivista elettronica… cosa pensi che sia cambiato nel tuo modo di scrivere da allora?

R: Probabilmente ho acquisito una maggiore sicurezza formale; in tal senso sono rivelatori due commenti che esprimono due giudizi numericamente molto differenti circa " De Civitate Dei" : mi riferisco a quello di Matteo Ranzi e a quello di Monica Orsini, che mi hanno fatto non poco piacere: il primo riferendosi agli accostamenti aggettivi/sostantivi ha centrato uno dei punti su cui mi sono più trovato a lavorare e a limare, mentre la seconda, affermando che è scritto in maniera quasi biblica : ovviamente ciò è utilizzato come critica, ma la mia finalità era proprio quella di creare un qualcosa di simile, per ampollosità e poca scorrevolezza, ad un testo sacro: non posso quindi che affermare che il commento di Monica Orsini, ha centrato, paradossalmente, un altro dei punti cardine sui cui avevo più lavorato. Indubbiamente con gli anni ho acquisito una maggiore cultura generale, che cerco di inserire in ogni racconto, forse anche in maniera decisamente estensiva: penso che ciò sia dettato da un fattore più emozionale che altro: voglio dire, vedo che molta gente ignora altrettante opere perché bollate come stupide , infantili e quanto altro, quando invece da esse si potrebbero trarre grandi insegnamenti e riflessioni , e inserendo citazioni provenienti da queste, cerco di invogliare il lettore ad approfondire personalmente il discorso.

D: Puoi dirci qualcosa anche sul tuo racconto lungo a puntate "Benaresyama"? Oltre alle "polemiche" iniziali con Lorenza Ceriati – attuale redattrice di SUSSURRI – che tipo di "feedback", di commenti hai avuto… e qual’è la direzione che stai seguendo per gestire quella che probabilmente è la storia più ampia che tu abbia mai scritto?

R: Bhè, "polemica" è una parola decisamente troppo dura, diciamo confronto di opinioni stilistiche tra due persone mature che si sono provate la loro reciproca stima con critiche e pensieri su un dato argomento, va bene? Nei vari mesi in cui le avventure di Benares , Rama e tutti gli altri personaggi si sono intrecciate devo dire che ho ricevuto un ottimo feedback, con commenti lusinghieri da parte di alcune persone che mi hanno incoraggiato e supportato in questa avventura che spero di continuare per ancora del tempo, anche grazie alla disponibilità di Kult che ogni mese pubblica il mio materiale. Come penso che sia evidente negli ultimi numeri, la direzione attuale che ho intrapreso è quella di sfruttare al massimo le potenzialità della pubblicazione seriale, inserendo colpi di scena, ampliando e allargando la vicenda anche dal punto di vista della mentalità e psicologia dei vari personaggi. Certamente, la serialità di un racconto lungo come Benaresyama rappresenta fondamentalmente un’arma a doppio taglio: accanto a vantaggi come la possibilità di inserire colpi di scena, comporre sul momento e avere una storia in perenne evoluzione basandosi principalmente su schemi di base molto ampi ( e ammetto che questa è una delle cose che più preferisco ) si corrono rischi da non sottovalutare e da prevedere , come una non uguale qualità dei vari capitoli, che possono oscillare anche in maniera vistosa, la maggiore difficoltà a creare un qualcosa che stia in piedi coerentemente, minori possibilità di limare le imperfezioni e un crollo dell’ispirazione: a quest’ultima cosa cerco comunque di ovviare buttandomi su tipologie diverse di composizione o con piacevoli diversivi come il concorso che mi danno un po’ di respiro tra un capitolo e l’altro.

D: Ribaltiamo un attimo i ruoli… hai avuto dodici giurati che hanno "sparato" sui tuoi testi… "spara" tu adesso sui giurati… dimmi cosa ti è piaciuto e cosa no nel loro modo di analizzare ed interpretare quanto hai fatto.

R: Globalmente parlando, direi che io non mi posso proprio lamentare di niente su questo argomento, avendo trovato nella maggior parte dei casi opinioni che condividevo o che capivo, almeno riguardo ai miei racconti ( a parte quello di Andrea Cuoco su "De civitate dei", che non sono riuscito ad interpretare). Volendo trovare proprio il pelo nell’uovo ammetto che alcuni commenti ad altri racconti li ho trovati un pochino pesantucci : nel caso di un concorso di questo genere preferisco critiche di tipo costruttivo: mi sembra inopportuno commentare un racconto con un : " Ehhh?" o con un " Non capisco", soprattutto se questo genere di critiche vengono da persone che mi appaiono di notevole levatura culturale e con tutti i mezzi adeguati per la comprensione di un testo, per quanto esso sia criptico. Probabilmente i giudizi avrebbero dovuto essere quel minimo più lunghi , in modo da permettere ai giurati di esprimere il loro pensiero in maniera più completa.
Tuttavia, ho trovato molto positivo il fatto di unire persone dal diverso background culturale in una giuria che si è poi rivelata molto valida: ciò a garantito, almeno dal mio punto di vista, una valutazione a tutto tondo delle opere, cosa che ritengo necessaria in un concorso come questo.

D: Quali tra i racconti che hanno partecipato al concorso, e ovviamente escluso i tuoi, avresti premiato come primo secondo e terzo?

R: Come detto all’inizio, ritengo il tuo racconto ( "Non poteva essere dimenticato") il migliore presente in rassegna: rappresenta, almeno dal mio punto di vista, un ottimo esempio di fantascienza di "mezzo" e non di " fine", e l’atmosfera che crea è quasi palpabile: come dire? Ancora complimenti, l’ho veramente apprezzato. Al secondo posto mantengo "Film 8.4.06" di Christian del Monte, anch’esso un validissimo racconto di cui ho apprezzato tantissimo il feeling inquietante che è riuscito a trasmettermi fin dalla prima lettura ( si vede che sono uno che ama la visione di insieme, l’atmosfera e il feeling che mi trasmette un racconto più che altro? ).Infine , al terzo posto nominerei Pietro Santo col suo "Fuga da Bamoref", un racconto che mi ha ricordato alcuni racconti brevi di Dick, con quella sottile ironia di fondo che solo i bravi scrittori sanno inserire con tanta finezza e impalpabilità.

D: Come sai la giuria ha ricevuto tutti gli elaborati insieme, senza nessuna indicazione sull’autore (niente nome, età o sesso) e – separatamente – hanno espresso il loro parere sia per esteso sia in forma di voto. Secondo te il sistema è buono o avresti preferito che la cosa fosse gestita diversamente?

R: Penso che sia il sistema più imparziale e giusto possibile, in grado di valorizzare e gratificare sia la giuria, sia l’elaborato.

D: Se in un futuro ci sarà una nuova versione di ottokappaomeno pensi di partecipare?

R: Così su due piedi ti assicurerei con piacere una futura partecipazione, ma fondamentalmente ciò dipende dal fatto che io riesca a trovare quello spunto , quel feeling di partenza che mi riesce a portare alla composizione di un racconto, il che non è sempre così scontato: detesto scrivere quando non ho idee, o così perché lo devo fare: in questi casi vengono fuori solo cose mediocri e allora è meglio stare fermi. Comunque, nel caso ne abbia la possibilità in termini di spunti, ribadisco che parteciperei e con sommo piacere.

D: Chi dei tuoi conoscenti sapeva che stavi partecipando a questo concorso?

R: Mha, a conti fatti i miei parenti più stretti erano stati informati più o meno distrattamente, alcuni amici e la mia ragazza pure: diciamo che quando partecipo ad un concorso di questo genere preferisco gestire le cose senza il fiato sul collo di gente che vuole essere informata di ogni singola virgola modificata: mi siedo davanti al computer di notte, con una tazza di qualcosa da bere e se caso un qualche buon disco nel cd e inizio con calma.


D: Puoi dirci in due parole pregi e difetti di KULT Underground e degli e-paperback?

R: Da quando avete cambiato la veste grafica di Kult non c’è più alcun problema di cui mi possa lamentare: ora gli articoli sono decisamente più leggibili che in passato , il che, per un astigmatico come me, non è male, eheh! Scherzi a parte, i pregi di una rivista come Kult sono innumerevoli: già il fatto di dare spazio a proposte letterarie e ad articoli di così varia natura di scrittori dilettanti come me, e in maniera così professionale, non è poco, credimi ( ti dico questo anche come ex-direttore di Fresh Dream ). Sulla stessa lunghezza d’onda si pongono i pregi degli E-paperback : si propongono opere piacevoli a costo zero e che aiutano a fare conoscere uno scrittore al pubblico nella maniera più vasta possibile. Unico difetto (tra l’altro necessario , ma qui si arriva a cercare il pelo nell’uovo ) è l’impossibilità di stampare o copiare su file il testo contenuto nell’epaperback , ma se questo serve per rendere più difficile la contraffazione di un’opera , ben venga.

D: Una ultima domanda: cosa ne pensi del fatto di essere pubblicato in formato elettronico e della letteratura su internet in generale? Come forse saprai c’è chi sostiene che chi è bravo pubblica su carta, chi invece non è nessuno finisce nel mare della rete…

R: Non credo di essere la persona più adatta a parlare di questo problema, pubblicando io su internet da diverso tempo. Si, non sono nuovo a questo tipo di polemiche ( ricordo una pesante litigata su una chat proprio sull’argomento ): penso che il problema sia fondamentalmente analizzabile sulla base della professionalità di chi pubblica: mi spiego meglio: dal mio punto di vista, c’è una certa differenza se io come scrittore pubblico brutalmente quello che scrivo su uno dei siti gratuiti oppure lo affido ad una rivista come la tua: nel primo caso non c’è selezione, posso scegliere io cosa buttare on line, anche se sono un’insieme di sciocchezze degne di una bettola, mentre nel secondo caso mi è garantita un minimo di critica e posso anche sentirmi dire: " no, grazie , non sono interessato". Bisogna fondamentalmente capire che internet, da questo punto di vista, non è un calderone omogeneo , ma, accanto ad un numero copioso di sciocchezze c’è un altrettanto gran numero di opere valide quanto quelle pubblicate su carta. Secondo il mio modesto parere, c’è la solita tendenza a generalizzare le varie opere cercandole di inserire tutte in un filone prefissato, mentre si può notare che in rete stanno nascendo interpretazioni personalissime di quello che ho lo scrivere, arrivando a casi di vero e proprio crossover letterario tra generi e modalità espressive diversissime: per esempio, un racconto come Benaresyama non ha alcuna pretesa di essere un romanzo alla pari con i capisaldi della letteratura epica, storica o quanto altro,ma è più visibile come un "fumetto scritto", se vogliamo, quindi una sorta di unione tra due forme di scrittura difficilmente assimilabili: altre opere si collocano in generi particolari e magari non proprio ortodossi, ma bisogna comunque abbattere il muro della semplice visione superficiale criticando uno scritto su basi errate o liquidandolo con una visione acritica del testo stesso , ma conferendo la giusta dignità anche ad opere che sono frutto dell’ingegno e del sudore dei loro autori.


Marco Giorgini & Federico Mori

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