Barbara Burgio, 26 anni, di Piacenza, è stata premiata come la voce più significativa tra i nuovi collaboratori di SUSSURRI, nel corso dell’annuale festa di Kult.
La sua prima opera pubblicata dalla rivista è stata "Ho visto Dio", nel marzo 1999; successivamente, ha pubblicato: "Passioni e rivelazioni di una cassiera del Sidis"; "Io, il mio Dio"; "Il pensatore"; "La storia del Brucimmondo"; "Il dono; e, in questo mese, "Visioni dall’interno".
La incontro a casa sua, mentre è in preda a un forte mal di testa, che spero non sia aumentato dopo questa intevista.
D) Ciao Barbara. Innanzitutto complimenti per il premio: ti aspettavi questo riconoscimento
da parte della rivista?
R) No, assolutamente, anzi, devo aver fatto una gaffe: quando Marco Giorgini mi ha chiamato per il premio, ero distratta e non stavo ascoltando. Poi, sul palco, l’unica cosa che sono riuscita a dire, nell’imbarazzo, è stata "grazie"…
D) Ti va di offrire una tua breve biografia ai lettori?
R) Sono nata a Piacenza, ma sono cresciuta in Svizzera fino a quando non ho avuto la possibilità di trasferirmi prima in Francia e poi in Inghilterra, per inevitabilmente tornare nella città emiliana.
Mi sono iscritta al Liceo Pedagogico, ma l’anno prima del diploma ho abbandonato gli studi per rendermi indipendente; mi sono diplomata l’anno dopo da privatista, in ragioneria.
Due anni più tardi ho ricevuto una borsa di studio per frequentare l’Accademia di Belle Arti e ho ottenuto il titolo di maestra d’arte. Nel frattempo ho coltivato le mie principali passioni: la musica, in particolare il canto, suonando con vari gruppi di Piacenza, scrivendo testi e partecipando alle relative fanzine, e la scrittura, scrivendo poesie e partecipando a concorsi, grazie ai quali ho deciso di approfondire la conoscenza di quella materia. Quindi ho ottenuto un’altra borsa di studio, questa volta per frequentare la scuola Holden di AlessandroBaricco (che tra l’altro non sopporto), mi sono avvicinata alla narrativa e mi sono diplomata sia in "Narrativa e Racconto", sia in "Editing". Inoltre, mentre frequentavo la scuola, a Torino, ho scritto per la rivista In-Edito, di Feltrinelli, per la fanzine Crome e MK dei Marlene Kunz.
Tornata stabile a Piacenza ho ricominciato a viaggiare, più a lungo e più lontano possibile,
anche se per il momento non sono riuscita ad arrivare a San Francisco, città che sogno di
visitare da tanto tempo.
Col successivo diploma ambientale di "Globalizzazione e Sviluppo Sostenibile" sono rimasta
per quasi un anno inattiva, finchè non sono stata scelta come giudice-critico per
Adriaticocinema di Bellaria. Da quel momento mi sono svegliata…e ho ricominciato sia con
attività più disparate che coi viaggi.
In questo momento sto frequentando un corso di teatro.
D) Hai avuto senz’altro una vita molto attiva.
Le tue opere penso per esempio a "Il dono", o "La storia del Brucimmondo", ma potrei
citarne altre hanno una vena paradossale, a volte ironica, a volte tragica. Qual è il retroterra in cui nascono? Quali sono le esperienze, letterarie e umane, che pensi abbiano formato la tua scrittura?
R) Penso che la definizione "paradossali" si adatti bene ai miei racconti, mentre le poesie sono più introspettive.
Per quanto riguarda il "retroterra" in cui nascono, posso dire che quasi tutto quello che ho scritto, l’ho scritto prima di approfondire qualsiasi lettura, prendendo spunto da ciò che
vedo per strada, dalla musica, da particolari che mi colpiscono.
Solo "Il dono", che comunque è in larga misura autobiografico, nasce dopo la lettura di
Kafka, il mio autore preferito: infatti, ho chiamato il protagonista con l’iniziale puntata, S.,come il personaggio principale del "Processo". Aubiografico, anche se sospeso tra la realtà del film e l’immaginazione della sala, è pure "Visioni dall’interno".
Ne "Il pensatore" ho inserito situazioni che ho osservato, e anche negli altri racconti.
Ne "La storia del Brucimmmondo" mi interessava lasciare l’ambiguità sul personaggio principale, il dubbio se fosse matto o no. Alle persone che lo ascoltavano, sembrava che quell’uomo stesse farneticando, delirando: invece le frasi che diceva erano riferite a fatti realmente accaduti (Mussolini è stato davvero sul Po assieme ai socialisti…), se pur interpretati in modo confuso. Le sue parole avevano dunque un filo logico non compreso.
La gente spesso considera "matte" le persone in cui non riesce a immedesimarsi, e giudica farneticazioni i discorsi in cui non riesce a identificarsi: forse però siamo noi che diamo poca importanza a un senso che c’è sempre.
D) Hit-parade. Quali delle tue opere pubblicate da Kult metteresti ai primi posti, quali ami di più e perché?
R) Non c’è un’opera che amo in modo particolare, ognuna è legata a un diverso momento della mia vita; ma quella che mi rappresenta di più, che davverto parla di me, è "Io, il mio Dio". Nell’incompiutezza della poesia ritrovo l’incompiutezza di me stessa.
D) Se ti capita di leggere SUSSURRI, che giudizio dai delle opere proposte e delle critiche?
C’è qualcuno, tra gli scrittori abituali della rubrica, che stimi in modo particolare? E quali sono, invece, i difetti che riconosci agli scrittori dilettanti che ruotano attorno alla rivista? Puoi riferirti anche alla tua esperienza di giurata al concorso Ottokappaomeno.
R) La rubrica in generale mi piace, è bella l’idea di presentare le opere con un sommario-
critica iniziale. E’ uno degli spazi della rivista che preferisco, assieme a "Immagini" e alla parte riservata agli "Scacchi": è interessante, curioso, trovare in un unico sito gli scacchi vicino alle poesie e ai dipinti… Purtroppo, però, non ho mai letto gli autori proposti con con sufficiente attenzione, quindi non mi azzardo a dare giudizi su pregi e difetti.
In generale, posso dire che chi inizia a scrivere forse fa poca autocritica, si compiace troppo presto di quello che scrive, mentre dovrebbe riguardarlo di più.
D) Secondo te, da una iniziativa come un concorso di fantascienza, si può capire qualcosa
della mentalità contemporanea, della personalità dei giovani di oggi?
R) L’argomento proposto da questo tipo di competizioni è in sè ininfluente, anche perchè
molti scrivono solo per partecipare, senza considerare la materia. Senz’altro però tutto quello che si scrive è frutto di quello che si vive, di quello che si legge, di quello che ci si immagina…quindi credo che possa servire a capire la personalità dell’autore.
D) Ciliegina finale: un tuo giudizio sulla letteratura in rete.
R) La rete è un nuovo e utile strumento di comunicazione. Io preferisco il vecchio metodo
cartaceo, ma Internet è un’ottima occasione per farsi conoscere e per conoscere nuovi generi letterari; rimane sempre, però, il problema del copyright.
Intervista a Barbara Burgio
Lorenza Ceriati