Il gigantesco portone bronzeo a due battenti si spalancò di colpo.
Un corridoio alto e stretto, formato da grossi blocchi basaltici, si perdeva nel buio.
"Accessori" Pensò Nick premendo il pulsante; la bussola indicava Nord-est.
Livello 7. Avanzò con circospezione brandendo le Colt 45; la luce si diffondeva da feritoie poste sul soffitto di ampi saloni marmorei. Nick poteva vedere a distanza di una ventina di metri e le pareti, molte delle quali ricoperte da vaste zone di muffa verdastra, apparivano uguali a quelle del Livello 6.
Lanciò un’occhiata rapida al suo stato di salute: Integrità 30%. La prossima ferita gli sarebbe stata fatale.
Coni d’ombra s’allargavano dall’imbocco dei corridoi laterali. Tese le orecchie: suoni di natura poco identificabile gli giunsero sottili. Acqua, probabilmente un’altra vasca. Avanzò ancora. Percepì il rumore di un respiro appena oltre l’angolo formato da un corridoio sulla destra; e poi un suono metallico, tintinnante.
Sogghignò. "Qui ci vuole l’artiglieria". Rinfoderò le pistole e nelle sue mani si materializzò un pesante fucile a pompa modificato.
-Nick!…Nick!…- Una voce femminile gli giunse dall’altro capo del cervello.
Prese la rincorsa e superò con un balzo il corridoio appena in tempo per veder balenare una grossa scure che si abbatteva su di lui. Atterrò con una capriola e fu in piedi in un attimo. Nick strinse l’impugnatura e tirò il grilletto. Una, due, tre volte.
I lampi delle esplosioni rischiararono il buio e svelarono la presenza di un mostro dalle ampie narici dilatate e gli occhi rossi iniettati di sangue. I suoi muscoli poderosi stringevano il manico dell’enorme scure. Il terzo colpo andò a segno e il muso della bestia si rovesciò all’indietro con una espressione di dolore.
Dall’oscurità dei muri laterali emerse uno sciame di pipistrelli che lo fece sussultare. Il cuore gli batteva forte.
-Beccatevi questo, maledette bestiacce!- scaricò alcuni colpi in direzione delle forme nere.
-Nicola!- Il papà accese la luce nella stanza. -Tua madre è da un’ora che ti chiama!-
Nick premette sulla tastiera il pulsante "P" e la scritta "PAUSA" campeggiò nel bel mezzo dello schermo; l’immagine si congelò all’istante.
-Sempre attaccato a quei maledetti videogames!- Lo rimproverò suo padre.
Nicola sbuffò. -Che c’è?-
-Vai a prendere l’acqua minerale, per piacere. Tra pochi minuti la cena è in tavola.-
Nicola diede uno sguardo all’orologio e tentò di ottenere una proroga. -Va bene fra cinque minuti?-
-No! Vai subito, che è già pronto!- rispose con fermezza il padre.
Nick Tempest 49368, neanche 700 punti ed avrebbe avuto un bonus di energia vitale: che rabbia.
Nicola rimuginò qualcosa e s’infilò le scarpette da ginnastica; dalla mensola dell’ingresso prese il mazzo di chiavi della mamma ed uscì.
Nick Tempest in missione si disse.
Sull’ascensore premette il tasto "T" e percepì il movimento di caduta della cabina.
Osservò i numeri scorrere all’indietro sulla striscia scura del visualizzatore: tre…due…uno…ding! Livello zero.
Le porte cromate dell’ascensore si spalancarono di colpo.
L’ingresso era deserto, la passatoia bordeaux conduceva verso la grande vetrata brunita dell’uscita: fuori tutto era affogato nella notte.
Nicola girò dall’altra parte, verso la porta degli scantinati e, passando attraverso il reparto lavanderia, s’introdusse nei lunghi corridoi delle cantine. Una porta metallica con affisso un cartello di pericolo nascondeva l’enorme mostro ribollente della caldaia; un rumore sommesso di acqua gli giunse all’orecchio. Nick Tempest attraversa le Grandi Vasche fantasticò.
Un cavo scuro che passava sul soffitto fece una scintilla in prossimità del quadro di deviazione della luce scale.
L’odore di chiuso e di umido permeava l’aria e davanti a lui sfilavano i cancelli degli scantinati; raggiunse il fondo e svoltò a destra fino all’altezza della grata 18.
"Accessori" recitò Nicola estraendo il mazzo di chiavi dalla tasca.
Accese la luce e scavalcò le biciclette infilate nel piccolo locale; una volta agguantato un pacco di bottiglie d’acqua guadagnò l’uscita. "Missione compiuta." Si congratulò con se stesso. "Nick Temp…" la frase gli morì fra i denti, tutto il corridoio era piombato nell’oscurità. Si concesse una di quelle imprecazioni da vero duro e completò la mandata della porta.
Certo che non si vedeva assolutamente nulla! Avrebbe dovuto procedere a tentoni; raccolse il pacco d’acqua e s’avviò con circospezione.
Un suono indecifrabile gli giunse da lontano. Piccoli tonfi susseguiti da un fruscio, un tintinnio leggero e ancora piccoli tonfi sulle pareti. Una ventata di aria umida gli portò l’odore di stantio e di muffa. I rumori dall’altro corridoio si avvicinavano progressivamente.
Nicola si chiese se potesse essere un animale, un cane, forse? Chi poteva procedere nel buio in modo così sicuro?
Le scarpe da ginnastica di Nicola non producevano alcun rumore ma doveva muoversi piano, rasente i muri se non voleva perdersi. Quanto mancava alla svolta nel corridoio?
Una paura sottile cominciò a salirgli dai piedi: cosa avrebbe dovuto fare?
Forse avrebbe dovuto dire ehilà! Ma la voce non usciva dalla gola. Il rumore si avvicinò fino a svoltare dalla sua parte e Nicola si appiattì sul muro.
Sentì il cuore battergli forte nel petto e si ripeté: coraggio, chiedi chi è!
Erano proprio passi, sicuri e accompagnati da un tintinnio metallico.
Ting! Ting! Era ormai a pochi metri da lui quando la cadenza regolare s’interruppe; ci fu un lungo istante di silenzio durante il quale Nicola avrebbe voluto far tacere il suo cuore che sembrava una grancassa.
Sentì qualcosa fendere l’aria e sbattere contro il muro a pochi centimetri dalla sua gamba. Ting! A quel punto la paura di Nicola ruppe gli argini e straripò in un urlo disumano che riempì la stretta cavità del corridoio; contemporaneamente, si lanciò in avanti abbandonando il pacco d’acqua e sbattendo contro un corpo che reagì con un suono gutturale.
Corse disperatamente, continuando ad urtare le pareti e a graffiarsi le mani protese in avanti. Raggiunse la svolta e corse fino alla porta metallica della caldaia che ribolliva, cadde e si rialzò, corse fino alla porta tagliafuoco dell’ingresso sbucando nell’atrio illuminato.
Il vecchio impiegò diversi minuti per rialzarsi: La botta allo stomaco l’aveva lasciato senza fiato. Chi diavolo poteva essere? Un vagabondo? Un ladro?
Di certo si era approfittato della sua condizione. Il cieco impugnò il suo bastone d’alluminio e saggiò la parete. Ting!
L’indomani avrebbe protestato col capo-condominio: circolava troppa gente strana in quel posto!
Il labirinto
Luciano Bevini