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Resident Evil 2

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Resident Evil 2

Eccolo. Dopo un tempo interminabile è finalmente giunto sulla mia scrivania. Ho criticato la sua non disponibilità due mesi fa e come se qualcuno di molto in alto mi avesse ascoltato, mi ritrovo la confezione sul lato del mio PC. Non posso resistere alla tentazione e dopo averla aperta, estraggo voracemente i due CD. Si comincia bene. Attraverso il millenario rito della monetina, mi accingo a scegliere quale dei due inserirò per primo: non esiste, infatti, un ordine per utilizzare gli argentei supporti. La scelta stabilirà con quale dei due personaggi (uno maschile Leon e un femminile Claire) si comincerà l’avventura: al termine della stessa sarà memorizzato uno speciale salvataggio che, se caricato con l’altro disco, permetterà di continuare il gioco fino al vero finale. La moneta cade, rotola, si gira su se stessa e alla fine giace sul pavimento immobile. I miei occhi focalizzano la parte superiore per giungere ad una sentenza. Testa. La risposta è Leon. Apro dunque il lettore di compact ed inserisco il CD. Dopo alcuni secondi appare l’AutoRun. A sinistra, un ritratto della terribile creatura che avrei poi scoperto chiamarsi Licker. A destra, opzioni di configurazione varie, tra le quali la scelta della propria scheda grafica: a mio parere, indice di uno sviluppo mirato alla maggior velocità di funzionamento ma in tempi di DirectX questo mi sembra inutile dato che conta più il supporto di N schede che l’ottimizzazione. Oltretutto il gioco si limita a girare in 640*480*16b. Clamoroso, al momento della scrittura, il fatto per i possessori di Matrox G400 (forse la più potente scheda oggi in circolazione sul mercato PC), rimangano a bocca asciutta dato che né nel gioco, né tanto meno sul sito, si ha traccia del supporto per la nuova scheda della casa della Mistyque. Fortunatamente, ho una Creative 3DFx Banshee che è in lista. Faccio la mia scelta e mi accorgo della possibilità di giocare, non installando neanche un bit sul mio lindo hard disk. Qui deve esserci una fregatura….
Neanche per sogno: al click del mio mouse segue l’oscuramento del monitor, proseguendo appare la sigla di presentazione della Capcom, la casa giapponese ultra-conosciuta per quel capolavoro di picchiaduro che è Street Fighter. Fade in Black ed ecco la Umbrella che, in un primo momento, potrebbe sembrare la software house appaltatrice della conversione PC di RE2, mentre chi ha giocato al primo sa bene che essa è più che il male. Infatti, è la ditta farmaceutica dalla quale è uscito il virus responsabile dell’epidemia di zombismo.
Apparentemente messa a tacere nel primo episodio non si è mai fermata e questa volta il loro prodotto sembra essere ancora più letale. Dopo questo breve flashback, la vedo trasformarsi da logo in un etichetta di una lattina che è immediatamente calpestata da Leon inseguito da zombi, proiettili che vagano e distruggono tutto fino a che un enorme occhio non mi si staglia davanti.

Sconvolto mi trovo davanti il menu: Carica, Versione Originale, Versione Giapponese, Speciale, Opzioni. Devo aver letto da qualche parte nel manuale che la differenza fra l’originale e la Giapponese è il fatto dell’automira: io però voglio poter decidere come sparare, quindi mi getto a capofitto sulla prima e scelgo la modalità facile che mi consenta di avanzare per i livelli senza dover utilizzare i cheats che sono la morte del divertimento. E ora … Via!
Un’animazione mi informa della storia dell’Umbrella e mi racconta di come grazie agli sforzi congiunti di due componenti della S.T.A.R.S. (Redfield e Valentine) si stata smantellata. (Fosse vero…). L’inquadratura si sposta su Leon che in macchina arriva in città. In poche parole, per evitarvi di distruggervi i particolari, dopo averla scampata bella dagli zombi, incontra Claire, le salva la vita e fugge in macchina con lei verso la stazione di polizia. Peccato che un camion impazzito divida le loro vie e li costringa ad arrivare al posto sicuro ognuno per la sua strada.
Da qui ha inizio il gioco vero e proprio. Lo stile è una sorta di Alone in the Dark con la grafica poligonale texturizzata adatta a questo fine millennio. Per chi non lo ricordasse o non ci fosse passato (in effetti, si parla di almeno 4 anni fa che in tempi informatici sono secoli) la caratteristica fondamentale di quel titolo era la visuale. Era come se una serie di telecamere fosse piazzata negli angoli più strani delle stanze e da esse si poteva osservare il personaggio principale. La medesima cosa avviene in RE2: potrete vedere il vostro personaggio attraverso alquanto bizzarre inquadrature, quali il punto di vista di un topo nascosto in un buco del pavimento o quella di un ragno che cammina tranquillo sulle pareti. Per darvi un idea l’occhio elettronico nella prima visuale è posto su un mucchio di auto dalla parte opposta di dove è esploso il camion di prima.
A darvi il benvenuto troviamo cinque zombi. Avete una pistola e i colpi sono limitati. Usateli bene: gli zombi sono uno dei mostri più stupidi ma anche più resistenti alle pallottole del mondo virtuale. Perciò, il consiglio che vi do è …. SCAPPATE! Fin che potete evitate lo scontro e rifugiatevi nella stazione di polizia. Ma se dovete sparare, prendete la mira e buttate giù il vostro uomo.
Se avesse seguito questo consiglio, l’avventore del bar, che incontrerete poche schermate dopo dall’inizio, sarebbe ancora vivo. La sequenza della sua morte vi sarà mostrata con un sistema cinematografico che ha poco da invidiare ad un film: esso si avvale dello stesso motore del gioco e di due strisce orizzontali nere che ricordano da vicino il grande schermo. L’uomo di prima paga la troppa fiducia riposta nei vetri del suo locale ed è massacrato a morsi dalle non-morte creature. Questo farà sì che un comodo fucile a pompa sia ceduto a voi. Non vi resta che fare giustizia dei suoi assassini.
Proseguendo comincerete ad abituarvi allo spettacolo visivo e raffinerete il vostro udito: ad ogni passo produrrà un rumore consono al tipo di terreno calpestato … veramente piacevole. Sulla scatola non ve ne è traccia perciò non resta che sperare in una patch che renda giustizia ai chip della mia SBLive. Un vero peccato dato che le potenzialità ambientali ci sono tutte. Non che l’audio non sia godibile, anzi, ma manca quel non so che di surround che ci si potrebbe aspettare come contropartita dalla maniacalità del supporto video. Dopotutto, è nella miglior tradizione che gli zombi attaccano alle spalle!
Torniamo all’azione. Stavamo, infatti, correndo per raggiungere la stazione di polizia: essa si trova non troppo lontano da dove siete partiti ma sempre oltre le umane capacità, se non fosse per la nostra arma. Il virus ha colpito veramente duro e molto probabilmente l’avventore morto era l’unico vivente in una città di non-morti: per essere il vostro primo day-at-job non è niente male!
Correndo, arriverete al portone del quartiere generale cittadino degli S.T.A.R.S. Entrati troverete un grande salone con al centro una reception completa di PC, scartoffie e una macchina da scrivere. A prima vista inutile, l’antico strumento meccanico vi servirà per salvare i vostri progressi nel gioco.
Questa è una delle due note dolenti che ho trovato nel gioco. I salvataggi possono essere eseguiti solo in determinati punti chiave, caratterizzati appunto dalla presenza di una macchina da scrivere e solo se si è in possesso di un nastro, con il quale imprimere sulla carta il proprio stato. Questo fa sì che non si possa salvare dopo ogni ammazzamento, come durante una frenetica partita a Half-Life, e che, se di la è pronto da mangiare, non si possa abbandonare la propria posizione fino a che le due condizioni di cui sopra, non siano state soddisfatte.
Fortunatamente, la buona volontà dei programmatori ha fatto sì che, in modalità semplice, i nastri siano abbondanti e che le macchine siano disposte in modo intelligente. Non so voi ma il fatto di non poter salvare a iosa è, a mio parere, veramente stressante.
Visto che sono giunto qua in buone condizioni, salvo e comincio ad esplorare la stanza. Una miriade di porte si affaccia dinnanzi a me e la scelta condizionerà la mia sopravvivenza. Dopo un paio di accessi mi ritrovo davanti quattro zombi. Li freddo senza pietà e uno strano bagliore brilla nella stanza. Mi avvicino e premuto il giusto tasto (tutti i comandi sono personalizzabili nel menu principale) mi ritrovo in mano una chiave. In effetti, mi si erano piazzate davanti un paio di entrate con i simboli delle carte sotto le serratura: porte che chissà quali segreti nascondevano ma che ora sono mie! (Risata isterica).
La chiave porta il segno dei cuori ed è di colore rosso. Apro il menu dell’inventario che, oltre a contenere un sezione zaino dove sono riposti otto oggetti non uno di più, ha anche una etichetta "Maps" dove sono riposte le mappe della stazione con contrassegnati i punti principali: fra gli altri le porte chiuse a chiave oltre che, naturalmente, al celeberrimo "Voi siete QUI" seguito da un’inequivocabile X. A proposito degli oggetti, come vi dicevo vi è la possibilità di averne solo otto, numero veramente esiguo contando che la pistola con i relativi proiettili di scorta occupa 2 posti. Anche questa è una scelta discutibile che, se da un lato tende ad aumentare la longevità del gioco, dall’altro provoca una non piacevolissima sensazione di stress, quando ci si trova il bagagliaio pieno e si è giunti in presenza della enne-sima chiave, a lungo cercata. Anche qui è stata messa una sorta di patch a questa mancanza (che in realtà mancanza non è, forse è più un’ostentata ricerca di realismo): in alcune stanze, in particolare nelle vicinanze delle macchine da scrivere troverete delle casse che servono appunto da contenitore per gli oggetti in soprannumero. Le casse sono linkate, in questo modo troverete in ognuna tutti gli oggetti che avete depositato nelle altre. Credibile ma molto scomodo.
Ma mano che proseguirete vi troverete davanti un numero sempre crescente di enigmi, nulla che non si possa risolvere con la strategia oggetto – posto ma è un piacevole intrattenimento in quello che dovrebbe essere un gioco da vietare per le scene di violenza contenute. Oltre agli enigmi, dei quali non vi dico niente … sarebbe un delitto alla suspance, troverete anche documentazione cartacea, pezzi di diario e quant’altro che vi permetterà di capire come la stazione non sia stato quel paradiso che tutti credevamo. Le lotte qui devono essere state terribili e purtroppo il popolo romboide ha vinto.
In conclusione vi do un paio di consigli da Leon vissuto:
1.
Sparate solo in caso di necessità o netta sovrabbondanza di munizioni
2.
Cercate dappertutto perché esattamente come in AITD gli oggetti non si vedono sono nascosti nelle cassettiere e nelle librerie.
3.
Nel caso vi mordano non disperate non diverrete zombi ma se sentite il virus che avanza, sparatevi. Credetemi è molto meglio per voi.

PS Una maledizione alla Telecom che dopo per la seconda volta ha deciso che la mia borchia ISDN era troppo per me e che il sabato e la domenica potevo anche non telefonare. La scusa del personale ridotto è veramente troppo. Aspettando la liberalizzazione delle urbane….

PPS Il numero di estate mi hai visto in copertina. Colgo l’occasione per salutare Raffaella che oltre che essere l’autrice della foto, è anche quella che mi sopporta da un anno e mezzo. Con affetto…


Simone Rebucci
simone.r@pianeta.it

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