L’ordinamento giuridico penale del nostro Paese (ma, in pratica, di quasi tutti i paesi del Mondo) si dimostra assolutamente non preparato per rispondere al fenomeno della commissione di reati attraverso la rete Internet. Ciò che rende estremamente difficile l’opera del Legislatore è, in particolare, la varietà dei ruoli e delle categorie di soggetti che operano sul Web. Ma facciamo subito qualche esempio, riferendoci a al tema della pornografia2: l’art.528 codice penale punisce con la reclusione da 3 mesi a 3 anni e la multa non inferiore a 200.000 lire “chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie”. Notiamo subito che la formulazione della norma, molto ampia3, non permette di stabilire, in relazione all’ ambiente telematico, se la responsabilità per questo reato,si estende fino a raggiungere i providers o se, invece, essa si limita agli autori materiali dell’inserimento in rete dei dati illeciti.
Stessa incertezza di fronte ad altre norme che prevedono sanzioni penali (tutte conseguenti al fatto di riprodurre, diffondere, detenere a scopo commerciale ecc.) come quelle in materia di violazione dei diritti d’autore4, che rappresenta peraltro uno dei terreni più fertili per la commissione di reati attraverso Internet. Ancora in materia di Diffamazione (art.5955 c.p.), la rivelazione di segreti (artt.261″…di Stato”, 326″…di ufficio”, 617-quater”Intercettazione,impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche”, 618″Rivelazione di contenuto di corrispondenza”, 621″Rivelazione del contenuto di documenti segreti” e seguenti cod.pen.) la diffusione di codici di accesso a sistemi informatici o di programmi diretti a danneggiarli (artt.615-quater e quinquies cod.pen.), l’istigazione e la propaganda contrarie all’ordine pubblico (artt.266, 272, 302, 414 cod.pen.) ecc. A complicare la situazione intervengono le norme sul concorso6 criminoso: a quali condizioni si può ritenere che il Provider abbia partecipato al reato altrui? E’ necessario che questi conoscesse effettivamente l’intenzione o la condotta dell’autore del reato o è sufficiente un dolo7 eventuale? Oppure il Provider ha l’obbligo giuridico8 di impedire l’evento?
Come si vede, la tranquillante e ricorrente affermazione secondo cui ciò che è illegale “off-line” lo è anche “on line” (quindi un reato rimane tale anche se commesso su Internet e dunque la rete delle reti non è uno spazio libero dal diritto) risulta poco efficace nella realtà: infatti, anche senza considerare le difficoltà per individuare il giudice nazionale competente ad agire, quell’affermazione riguarda esclusivamente la punibilità del cosiddetto “produttore di contenuti” mentre tace del tutto rispetto alla posizione degli altri soggetti operanti su Internet.
Ho trovato notizia, recentemente, di numerosi Disegni di legge presentati alla Camera dei Deputati, diretti a contrastare il fenomeno della pedofilia, dunque basati sulla repressione della circolazione di materiale pornografico concernente minori degli anni 18. Di fronte alla totale assenza di una normativa che reprima l’attività dei pedofili sulla rete Internet9, tutti i progetti di legge, su cui non pare necessario soffermarsi, sono accomunati dalla chiara intenzione di “demonizzare” la Rete, presentata come uno strumento di comunicazione più adatto rispetto ad ogni altro per commettere i reati di cui si parla, senza tener conto, per di più, del già citato problema della diversità di ruoli dei soggetti presenti “on line”; per questi motivi una volta tanto l’inerzia del Parlamento risulta il male minore, anche se è fuor di dubbio che una regolamentazione sia necessaria.
In Italia alcune recenti sentenze10 hanno esteso ai giornali “telematici” la disciplina amministrativa della stampa o hanno equiparato gli organi di stampa ai siti Internet. La dottrina più recente è, però, molto critica, in quanto interpreta in modo rigido la legge11 sulla stampa, il cui art.1 tassativamente stabilisce: “sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”, dunque non sarebbe nemmeno possibile l’applicazione dell’art.57 c.p. che prevede una responsabilità colposa per il Direttore o Vicedirettore in tema di stampa periodica rispetto ai reati commessi con il mezzo della pubblicazione.
Quali strategie adottare dunque per la prevenzione dei reati su Internet? La responsabilità dell’autore materiale del materiale illecito è evidente ma è anche possibile costruire una responsabilità del Provider? Innanzitutto quest’ultimo è pacificamente punibile quando è anche produttore dei contenuti ovvero svolge il compito di controllare o rivedere il materiale da pubblicare nella BBS o nel newsgroup o nel forum di discussione, in quanto può decidere della sua accessibilità da parte degli utenti. Il problema, come è ovvio, riguarda le ipotesi in cui manca qualsiasi partecipazione attiva del Provider rispetto ai dati illeciti immessi sul suo Server. Non è certo possibile esigere che il Provider eserciti un effettivo controllo, almeno per i fornitori di maggiori dimensioni, sui dati immessi nel Server, a causa non solo della loro immensa quantità ma anche della loro continua mutevolezza12; né sarebbe possibile fare affidamento sulla installazione di filtri che reagiscono a determinate parole chiave in modo da scollegare automaticamente l’utente e impedire così il passaggio di dati indesiderati; sarebbe una soluzione macchinosa che potrebbe ingenerare equivoci13. L’unica ipotesi di azione possibile e lecita sarebbe un intervento di propria iniziativa o a seguito di segnalazione, del Provider sul proprio Server, ma i casi sarebbero del tutto marginali, anche rispetto alle innumerevoli vie alternative d’accesso agli stessi contenuti.
A tutt’oggi la Germania è l’unico paese europeo che si sia dato una disciplina compiuta sulla responsabilità degli operatori su Internet. L’art.5 della legge 22/7/1997 sui servizi di informazione e di comunicazione dispone che: “1. I fornitori di servizi sono responsabili secondo le leggi generali dei propri materiali da essi resi disponibili. 2. I fornitori di servizi sono responsabili dei materiali altrui da essi resi disponibili solo se hanno conoscenza dei loro contenuti e sia tecnicamente possibile ed esigibile impedirne la disponibilità. 3. I fornitori di servizi non sono responsabili dei materiali altrui ai quali essi hanno fornito solo l’accesso. Un’automatica e di breve durata ritenzione di materiali altrui,conseguente alla richiesta di utenti, va intesa come fornitura di accesso. 4. Qualora, nel rispetto della riservatezza delle comunicazioni a distanza …, il fornitore di servizi acquisisce conoscenza di contenuti illeciti e una chiusura sia tecnicamente possibile ed esigibile, rimangono salvi, secondo le leggi generali, gli obblighi di impedimento della disponibilità di materiali“.
Questa norma appare abbastanza corretta nel affrontare il problema in quanto il Provider è riconosciuto responsabile per i materiali di cui è autore (propri), mentre l’impedire che materiali illeciti di altri si diffondano sul proprio Server è subordinato alla effettiva conoscenza della illiceità dei contenuti ed alla possibilità tecnica effettiva14 di bloccarli (anche rispetto al tempo di permanenza dei dati sul Server stesso). Anche sul piano della tecnica legislativa, la legge tedesca esprime “regole generali”, in grado di adeguarsi sempre ai mutamenti tecnologici delle “possibilità tecniche” di soppressione dei contenuti proibiti.
Parlare, a questo punto, delle difficoltà pratiche15 ed interpretative della introduzione di una normativa simile anche in Italia, sarebbe solo appesantire il discorso senza aggiungere nulla di innovativo e interessante per il lettore non addetto ai lavori, dunque preferisco trarre qualche conclusione sul tema di questo mese, conclusioni che non vogliono assolutamente essere definitive visto, comunque, che la materia potrebbe essere (questo rimane, in ogni caso, l’auspicio) disciplinata in un prossimo futuro, sia legislativamente16 sia con strumenti di “autoregolamentazione17“.
Il panorama non è incoraggiante, nel senso che il Legislatore nazionale, nella fretta di combattere un fenomeno (pedofilia) che genera molto scandalo, non sembra avere colto la complessità reale del fenomeno Internet, ipotizzando discipline che si dimostrerebbero, ben presto, inadeguate, e gli “addetti ai lavori” non sembrano in grado (o non vogliono) di affrontare la questione con quel rigore che sarebbe necessario. Certo sarebbe di grande utilità il poter stabilire, a livello internazionale, una disciplina “minima” e “comune” che riconosca la illegalità di certi fatti ovunque siano commessi sulla Rete. Ma, è appena il caso di dirlo, solo nel regno dell’utopia la globalità di Internet oggi può trovare corrispondenza nella globalità di un “diritto comune”.
Alberto Monari
Qual’è il miglior governo?
Quello che ci insegna a governarci da soli.
J.W.Goethe
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-patrimoniale, riguardante l’utilizzazione esclusiva dell’opera (tale diritto è riconosciuto per tutta la vita e per 50 anni successivi alla morte, a favore degli eredi).
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Diritto1 Penale e Internet.
Nell’immagine: Antica ghiacciaia, Monastero di S.Ambrogio, Milano
Per approfondimenti ulteriori vedi “La responsabilità penale degli operatori su INTERNET” di Sergio Seminara (ordinario di Diritto Penale Commerciale presso l’Università di Pavia) pubblicato sulla rivista giuridica “Jus e Internet”,(www.jei.it).
Non pare necessario, in questa sede, soffermarsi sulla drammatica realtà dello sfruttamento sessuale dei minori che, spesso, trova un canale di esercizio e diffusione privilegiato nel World Wide Web.
La norma giuridica dovrebbe, nella maggior parte dei casi, essere caratterizzata dalla “GENERALITA’ ” e “ASTRATTEZZA”, nel senso che la sua formulazione dovrebbe essere in grado di riguardare in astratto, tutti i casi concreti, possibili nella realtà.
Attraverso il diritto d’autore, la legge tutela quelle “opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla scienza, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”(art.2575 cod.civ.). Esso ha un duplice contenuto:
–morale, riguardante la paternità dell’opera, che comprende il diritto di farsi riconoscere autore dell’opera, il diritto di modificare l’opera e di mantenere l’anonimato;
Mentre il diritto “morale” è imprescrittibile e inalienabile, il diritto “patrimoniale” si prescrive ed è trasmissibile mediante il contratto di edizione. La legge 22/4/1941 n.633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) contiene una regolamentazione approfondita, prevedendo anche sanzioni penali a tutela del diritto (artt.171e seguenti).
“Chiunque…comunicando con più persone offende l’altrui reputazione…”
Il CONCORSO DI PERSONE NEL REATO si ha nel caso in cui una pluralità di soggetti commette un reato. Possiamo avere due tipi di concorso: –necessario: si verifica per quei reati (plurisoggettivi) che, per loro natura, sono commessi da più persone(il “duello”, la “rissa”); –eventuale: ricorre, invece, per la maggior parte dei reati che possono essere commessi indifferentemente da una o più persone, per i quali il concorso è una semplice eventualità. Nel nostro ordinamento, la disciplina del concorso eventuale è dettata dall’art.110c.p., che si ispira al principio della pari responsabilità dei “concorrenti”, per cui “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”.
Si ha quando la volontà non si dirige direttamente verso l’evento, ma l’agente lo accetta come conseguenza eventuale, accessoria alla propria condotta. Es: un terrorista piazza una bomba ai piedi di un traliccio nelle sue intenzioni solo per abbatterlo, ma l’esplosione uccide una persona che passava. L’agente risponderà di omicidio (art.575 c.p. e non di semplice “Attentato a impianti di pubblica utilità” art.420 c.p.), perchè anche se non direttamente voluto, l’evento è stato accettato come una possibilità.
Si ricorda che a norma del 2°comma dell’art.40c.p. “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.” E’ chiaro, cioè, che una norma giuridica deve contenere quest’obbligo, è il caso del Pubblico Ufficiale (polizziotto) rispetto ad un reato che si stà consumando, o del Genitore responsabile nei confronti del figlio minorenne, ecc.(i penalisti parlano in questo caso di “reato omissivo improprio”).
Attività “che qui ha trovato un mezzo tecnologico su cui scambiare informazioni ed immagini attraverso siti non riconducibili a soggetti direttamente identificabili“. (Presentazione del prog.2931, on.Signorini)
Spesso, in particolare nel nostro paese, in mancanza di una espressa disciplina legislativa che regola un fenomeno, sono i giudici (la Giurisprudenza) ad intervenire, essendo costretti a risolvere le cause (civili o penali), applicando “analogicamente” la normativa esistente o ricorrendo a “principi generali” che ispirano il nostro ordinamento.
Legge 8 febbraio 1948, n.47, Disposizioni sulla stampa.
Nel caso specifico dell’e-mail, i messaggi vengono trattenuti solo temporaneamente sul Server (specie quelli in uscita) e un loro controllo o soppressione integrerebbe l’art.616 cod. pen. che al 4° comma punisce la violazione della corrispondenza telematica.
Il Provider America On Line tentò nel 1995 di intercettare i messaggi con alcune parole di carattere sessuale, tra cui la parola “seno”, bloccando così un foro destinato a consigliare le donne vittime di cancro al seno.
Il Provider può cancellare i dati illeciti dal proprio Server, ma non può precluderne l’accessibilità su alti Server (da qui la incompletezza di fondo di tale soluzione rispetto al problema di una prevenzione assoluta dei fenomeni criminali). Nè potrebbe chiudere l’intera connessione alla Rete agendo sull’indirizzo IP, dato che così si coinvolgerebbero diritti di terzi estranei (senza escludere del tutto l’accesso a materiali illeciti), e la misura sarebbe assolutamente sproporzionata.
Relative soprattutto alla compatibilità di queste figure di responsabilità con altri principi del nostro ordinamento.
Anche dall’Unione Europea provengono numerosi contributi sul tema della disciplina di Internet, sottoforma di “Risoluzioni” delle istituzioni (Consiglio dei Ministri, Parlamento Europeo), Decisioni e Relazioni varie, accomunate dalla preoccupazione che “impostare il problema solo in termini repressivi delle Reti informatiche, nuocerebbe molto al contributo di queste ultime al progresso delle società europee, anche se sono necessarie forme efficienti di autoregolamentazione”.
Nel nostro Paese una proposta in tal senso, è giunta nel 1997 da alcune associazioni di categoria (Associazione Italiana Internet Provider AIIP, Associazione Nazionale Editoria Elettronica ANEE, Telecom Italia, Olivetti) una proposta di “Codice di Autoregolamentazione per i servizi Internet”, basato sulla esclusione di Responsabilità del Provider qualora non sia il materiale autore dei dati illeciti, e su un obbligo generalizzato di ogni “soggetto” operante in Internet di informare L’Autorità Giudiziaria della presenza di dati accessibili illeciti. Tali elementi, insieme al fatto che l’efficacia di questi codici sta nella loro preventiva accettazione volontaristica, rendono debole la loro funzione preventiva, e debole la loro capacità di ispirare il legislatore.