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Benereysiama

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Benereysiama

Capitolo IV


A poche ore dalla distruzione della parte antica della città, le autorità che avevano prestato soccorso ai pochi ancora in vita non avevano potuto fare altro che isolare l’immenso perimetro della zona con alcune barriere ad alta tensione e cercare di capire cosa poteva essere successo dalle frettolose analisi che fino a quel momento erano state fatte : in apparenza, tutto lasciava supporre ad un attacco terroristico della fazione estremista del fronte per la liberazione della Nuova Asia, che negli ultimi decenni non aveva esitato a colpire centri civili per rivendicare l’indipendenza dal trattato che sanciva l’unione politica di tutti gli stati mondiali in una federazione dalla fine dell’ultima guerra , il che si esplicava poi nel dominio pressoché mondiale di quello che restava dell’America sul resto degli stati.
Quello che però non convinceva gli scienziati, svegliati nel corso della notte da chiamate di esasperati rappresentanti delle organizzazioni per la difesa, era la portata del danno e i suoi effetti : dopo l’unificazione , infatti, i terroristi non avevano avuto vita economica facile : non esistevano più molti stati in lotta interessati alla distruzione di centri nevralgici altrui che li sovvenzionassero, e, se in passato procurarsi un ordigno di discreta portata era relativamente facile, ora la cosa era pressoché infattibile, anche per i gruppi più importanti, come appunto il fronte per la liberazione.
Inoltre, ciò che aveva fatto nascere ancora più dubbi era il fatto che i danni erano simili a quelli fatti da un piccolo ordigno atomico, ma nella zona non era presente alcun tipo di radiazione residua , a parte quella delle costruzioni, a cui l’uomo si era ormai abituato : un tipo di arma simile , ovvero un cannone ad alto potenziale atomico, era stato progettato e realizzato in un unico prototipo nel progetto N della U.S. Interlaced poco prima della guerra dei settant’anni, ma non aveva mai visto effettivamente la luce in quanto i costi di produzione si rivelarono proibitivi, ed inoltre non erano riusciti a diminuire a più del 30% la dispersione di radiazioni post impatto. Era quindi assurdo pensare che dei gruppi terroristici, a cui poco mancava di morire di fame per la mancanza di denaro, riuscissero a finanziare la ricerca su di un’arma che nemmeno una delle aziende leader nella costruzione di artiglieria pesante era riuscita completare.
Ovviamente , i comunicati stampa omisero questi dettagli addossando tutta la colpa al fronte di liberazione, e in poco tempo si arrivò ad un’immensa caccia alle streghe, con conseguenti arresti di molte delle figure di spicco del fronte e la loro successiva esecuzione.
Intanto, dalla sua poltrona, l’uomo in giacca e cravatta osservava sorridendo dalla vetrata del suo ufficio la parte della città distrutta dall’ira degli Angeli ; disse quasi compiaciuto : "Ah, Cam , come sei prevedibile, come sei divertente !".
Solo un breve trillo lo trasse dai suoi pensieri e dalla contemplazione di quel panorama apocalittico ; si voltò vero la scrivania e osservò con sufficienza una piccola spia luminosa che lampeggiava nella parte anteriore della scrivania stessa. Schiacciò sospirando un tasto, e lentamente un piccolo schermo nero si iniziò a separare dalla radica pregiata: giunto nella posizione di massima elevazione, lo schermo mostrò il viso estremamente preoccupato e teso del dottor Blake ; alle sue spalle era chiaramente visibile porzione dell’entrata dello scavo e del deserto che si espandeva per miglia alle sue spalle : quel deserto era stato la culla di civiltà antichissime, che avevano affascinato l’umanità per millenni, e ora rappresentavano la testimonianza della vacuità della potenza umana contro la Natura, che in queste regioni si rivela nel suo volto splendido e al contempo terribile. Nemmeno le guerre erano riuscite a cambiare la conformazione di quei luoghi, che persistevano come santuari e sepolcri dei fasti di un’umanità preziosa e sapiente, definitivamente estinta : semmai avevano aggiunto polvere alla polvere, cenere alla cenere.
" Allora, cosa posso fare per lei , dottore ?" disse l’uomo vagamente seccato.
" Come ? Non faccia il finto tonto, Kage ! E’ successo quello che avevo previsto, e ora buona parte della nostra città è in ginocchio ! " Il dottore appariva ora più irritato che teso :" Mi spiega come diavolo farà a coprire tutta la vicenda ? Se qualcuno venisse a sapere che l’unità faceva parte di uno dei nostri progetti, salterebbe ben più di una testa !"
" Non si preoccupi ," rispose brevemente Kage " quello che è successo non ha nulla a che vedere col manufatto ritrovato sul monte Ararat , se non in termini molto lati… " sorrise vagamente alla telecamera.
" Non mi prenda in giro ! " Riprese il dottore ancora più irritato :" E’ ovvio che dei danni simili possono essere stati provocati solo dall’utilizzo delle risorse degli Angeli, non esiste alcuna arma in grado di fare tutto ciò senza lasciare minima traccia di radiazioni. "
" Le ho forse detto che non è stato un angelo ? Lo sa anche lei che esistono tre unità, o mi sbaglio ?"
Il dottore apparve scosso da quest’ultima frase : iniziava a pensare che il sospetto che quell’uomo gli nascondesse qualcosa fosse non solo una sua paranoia, ma la verità pura e semplice. Aveva già iniziato a sospettare qualcosa dai tempi della sua entrata nella fondazione Arcam : il dottor Blake aveva studiato per anni i più antichi ed autorevoli manoscritti che trattavano dell’Arca di Noè e degli Angeli nella vana speranza di trovare un indizio in più sull’esatta collocazione dell’arca stessa, e aveva fatto decine di scavi sul monte sacro, ma senza arrivare mai a qualcosa di concreto. Non era certo stato semplice, per dirla tutta : soprattutto perché l’Ararat era un monte sacro, e la sua ubicazione, al confine tra l’antica Armenia, l’Iran e la Turchia, non rendeva le cose certo più facili : anche se il governo turco dava il suo beneplacito agli scavi, gli integralisti delle regioni circostanti potevano attaccare da un momento all’altro, irritati dalla profanazione di un luogo che per molte religioni aveva la sacralità della potenza di Dio in terra;certo, spesso erano dei piccoli gruppi malamente armati con primitive armi da taglio che giungevano urlando su cavalli che sembravano in fin di vita, ma a quei tempi Blake non era ancora sotto la protezione di alcun gruppo armato, e per degli archeologi che avevano passato la vita alle prese con leggiadri studi, anche un solo uomo con la benché minima preparazione al combattimento poteva rappresentare una seria minaccia di morte.
Poi , seguendo le precise direttive del signor Kage, dopo poche settimane di scavi, era riuscito a mettere le mani sull’Arca ; certo , ci volle molto tempo per capire come aprirla, ma senza l’aiuto di Kage non sarebbero comunque riusciti a trovarla. Ma chi era Kage ? Non era certo un archeologo , questo era poco ma sicuro. Sembrava piuttosto che conoscesse l’ubicazione come chi ci fosse già stato ; ma allora perché affidare gli schiavi a qualcun’altro, col pericolo che il manufatto gli venisse rubato ?
" Lei mi nasconde qualcosa ! " Proruppe il dottore :" E chi sarebbe stato ,allora ,a distruggere buona parte della Metropoli ? ".
" Questo per lei non dev’essere rilevante, le basti sapere che non è problema di competenza dell’Arcam. Inoltre, penso che lei debba iniziare ad andarsene dallo scavo X-22 ,se non vuole tornare qui in una cassa da morto." Kage pronunciò sarcastico e divertito queste ultime parole, quasi in preda ad un estasi bacchica.
" Cosa dice ? Lo scavo è protetto da molti dei nostri soldati migliori. Non ci dovrebbe…". Alcune deflagrazioni interruppero le parole del dottore : questi si voltò improvvisamente verso l’entrata dello scavo, dando così le spalle alla telecamera, ma lasciando una breccia che permetteva a Kage di distinguere cosa stava succedendo : una figura, avvolta in un nero mantello con sopra disegnati alcuni simboli della cabala ebraica e una croce, dalla folta e lunga chioma corvina, stava avanzando tra le mitragliate impietose dei soldati in uniforme da combattimento ; appena uscito dallo scavo, sembrò che la prima raffica avesse sortito l’effetto voluto :il malcapitato si accasciò sulle ginocchia , e appoggiò le mani a terra , trafitto da centinaia di colpi al secondo, la chioma che gli copriva il viso cadente sulla sabbia. Un brivido percorse il corpo della figura, che improvvisamente alzò le mani al cielo : mostrando fieramente che dagli avambracci si stavano separando rapidamente quelle che apparivano due lame , urlò : " Abbà , perché ? ".
Si alzò lentamente, e come per assaporare meglio la morte di coloro che continuavano agghiacciati a sparargli , iniziò a procedere con ancora più lentezza. Ah, quale sublime spettacolo, la danza di morte di Cam ! Mentre gli spari continuavano ad echeggiare, il suo lento incedere era accompagnato da un tappeto rosso sangue.
Il dottor Blake era rimasto bloccato alla vista di tale spettacolo : che la morte stesse danzando anche per lui ? Alla realtà , però , lo riportò il signor Kage con un tono più seccato che mai : " Si muova, Blake, non c’è più tempo da perdere, anche se comunque dubito che lei sia l’obbiettivo di Cam. "
" Come, quello sarebbe Cam ? Io sto assistendo alla dimostrazione della potenza di un Angelo ? " sussurrò il dottore, ormai rassegnato alla morte.
" Quella non è che una briciola del potere di un Angelo ; presto, vedo appena fuori la tenda un mezzo di classe Hoover. Scappi ! Ci serve vivo ".
L’Angelo, che oramai aveva quasi finito la sua danza, vide il dottore correre verso la sua via di fuga ; pensò a come sarebbe stato facile farlo saltare in aria proprio mentre si sentiva ad un passo dalla vita, ma decise di lasciarlo andare e di finire di danzare per fargli capire quanto fossero inutili i suoi anni di duro lavoro su quei soldati, nel confronto con una potenza che è sempre stata, sempre è, e sempre sarà. Concluse la sua danza : arrivò di fronte all’ultimo soldato, a poco meno di un metro da lui : il soldato urlando continuava a sparargli all’altezza dello stomaco, ma l’Angelo continuava a erigersi minaccioso contro di lui. Sorridendo, lo afferrò per il collo e serrò la presa. In pochi secondi , anche l’ultimo del plotone giaceva morto.
" Dannati esseri umani, io vi estirperò dalla faccia della terra." Così dicendo se ne andò, mentre il vento del deserto iniziava ad alzare un polverone denso, come a difendere i propositi dell’Angelo sigillandoli in una coltre di oblio.


L’esplosione aveva colto Benares del tutto impreparato : aveva visto la luce, per poi volare via, come trascinato dalla stessa forza dei suoi pensieri verso un mondo nuovamente buio e silenzioso ; e poi nuovamente la luce, ma più debole, violacea, il cielo della Metropoli :giaceva per terra, ricoperto da calcinacci e polvere, la gamba sinistra incastrata sotto una parte di quello che doveva essere stato un muro. Si sorprese a domandarsi perché non sentisse alcun dolore ; poi, sorridendo e togliendo con una facilità che quasi lo disarmò il masso, sussurrò :" Dopo tutto, non è così male essere un mostro. "
Subito la visione di desolazione che lo circondava iniziò a dominarlo : solo in lontananza poteva vedere le luci della città e palazzi ancora integri. Si rialzò, col pensiero dell’uomo che lo aveva attaccato e pensando a chi potesse essere. Iniziava anche a provare un qualcosa di strano, come se la sua coscienza fosse divorata da un antico senso di colpa : migliaia, forse anche più persone, erano morte. E indubbiamente non erano loro l’obbiettivo. Lui, anche se involontariamente, aveva causato la fine di centinaia di sogni, di speranze, di gioie. Era un prezzo immenso da pagare, un prezzo che non poteva essere ammesso per una guerra che doveva ancora incominciare : l’assassinio di così tante vite era troppo. Gli sarebbe venuto da vomitare, se il suo corpo fosse stato in condizioni di farlo.
L’unica certezza era che Rama aveva decisamente ragione : senza un’adeguata conoscenza delle potenzialità insite nel suo corpo, sarebbe sempre stato in balia degli attacchi dell’Arcam o di chiunque fosse stato il folle a lanciare un simile attacco in un centro civile; e non poteva più permettersi un’impreparazione che era già costata troppo caro.
Doveva imparare a controllare il suo corpo, prima che la Macchina che urlava dentro di lui lo divorasse e prima che qualche altro innocente morisse.
Iniziò a sentire in lontananza il rumore di sirene, probabilmente reparti dei nuclei della protezione civile che cercavano di salvare il salvabile, e non era certo saggio aspettare il loro arrivo. Prese a correre con tutta la potenza che aveva in corpo nella direzione degli edifici alzando un immenso polverone : la polvere si mischiava alle lacrime, unico tributo che poteva regalare alle anime dei defunti: era strano, pensò, come il Creatore di una simile aberrazione non avesse pensato ad eliminare un tratto così umano come le lacrime, in una perfetta macchina bellica: non ne capiva la necessità, ma non rifiutava questo dono; era come se la Macchina non potesse riuscire ad estirpare tutta la sua umanità, e questa era l’unica cosa che veramente contasse.
In pochi minuti fu al sicuro in una strada centrale straripante di folla che osservava con aria allibita i primi resoconti del sopralluogo di una delle principali emittenti: aveva sempre disprezzato la tendenza quasi feticistica della massa di osservare le disgrazie altrui con occhio eccitato e curioso oltre misura, sdegno che ribolliva ora più che mai per la sua partecipazione in tutto questo.
Vagò per alcune ore sperando di non essere nuovamente attaccato e di rincontrare Rama, fino a quando non si sentì battere amichevolmente sulle spalle.
" Stai cercando qualcuno ? " Iniziò Rama sorridendo amichevolmente.
" Direi di si." parlò quasi sentendosi fisicamente male. " Oggi sono morti troppi innocenti, e parzialmente è causa mia. Aiutami in modo da evitare ancora queste cose, ed io aiuterò te. "
Rama annuì brevemente, e sparì insieme a Benares tra la folla.


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Capitolo V

Il viaggio stava durando già da diverse ore :dal finestrino dell’aereo epiatmosferico, Benares poteva osservare il mondo da una prospettiva ben diversa ; ne osservava i lineamenti così profondi e cambiati dai tempi in cui li studiava nelle cartine per obbligo scolastico, ne denotava una così grande bellezza e maestà che si poteva quasi stupire della stoltezza dell’uomo, così intento a ridurre in cenere quel pianeta che aveva dato al genere umano i natali.
Osservava anche Rama, che si era assopito quasi dall’inizio del viaggio : lo divertiva pensare a come una macchina da guerra potesse così pacificamente riposarsi, o avere la possibilità di farlo, e tuttavia non poteva fare a meno di chiedersi a che scopo erano stati creati gli Angeli : forse Dio aveva voluto vedere fino a che punto sarebbe riuscito a portare al limite la sua creazione ? O cos’altro ?
Pensava anche a quello che Rama gli aveva detto prima di addormentarsi, cioè che l’attacco subito non era certo stato condotto dai reparti bellici dell’Arcam ; non possedevano certo simili mezzi offensivi, ed essendo una compagnia che di facciata svolgeva attività decisamente pulite, non si sarebbe potuta permettere un simile disastro, che prima o poi l’avrebbe potuto far incriminare :no, era stato certamente attaccato da Cam, probabilmente intenzionato a testare le capacità del nuovo arrivato. Purtroppo Rama non si era certo dilungato in spiegazioni su Cam, limitandosi a dire che in passato aveva avuto a che fare con lui, e aveva sperato di non rincontrarlo mai più, ma tuttavia era innegabile il fatto che una guerra molto importante stava per iniziare, e loro necessitavano di tutte le informazioni possibili sul Patto, prima di fare la prima mossa : era proprio per questo che si stavano recando a Thinis, la capitale dell’Antico regno egizio.
Rama aprì finalmente gli occhi, come destato da un sonno millenario ; sorrise per un momento e lanciò anch’esso uno sguardo denso di malinconia al pianeta azzurrò su cui per tanto tempo aveva vissuto;infine si voltò verso Benares in attesa.
" Cosa stiamo andando a cercare di preciso in Egitto ? " Iniziò Benares senza remore.
" Dunque," rispose incrociando le mani, " quello che adesso ci deve premere di più è la ricerca di informazioni sul Patto e possibilmente scoprire l’ubicazione del Bresakr. Come già ti dissi, purtroppo durante la mia vita non sono riuscito ad ottenere molte informazioni né sull’una, né sull’altra cosa : pensa che scoprì che cosa fosse un Angelo con precisione solo dopo due o tre millenni che ero stato attivato. Sono però venuto a conoscenza dell’esistenza di alcuni manufatti precedenti alla mia nascita che possono darci qualche aiuto in più, e infatti ci stiamo recando a Thinis alla ricerca del libro sacro di Narmer, l’unificatore del primo regno d’Egitto. Si narra, infatti, che Narmer, alla fine dei suoi giorni, fu guidato da così detti " spiriti magni ", che gli dettarono parola per parola i più indicibili segreti del mondo perché venissero custoditi nella tomba di un uomo saggio e a loro caro, in modo analogo a certi episodi che sono descritti in molti libri sacri : non sono molte, infatti , le persone che nella storia hanno affermato di scrivere i loro scritti sotto divina ispirazione ? Dato che questa è l’unica pista che abbiamo, penso sia saggio sbrigarci, soprattutto perché devo ammettere che colui che ha più informazioni tra noi Angeli è senza dubbio Cam." Sorrise malinconico.
" Giusto, parlando di Cam, chi diavolo è e per quale motivo mi ha attaccato ? Dubito fortemente che Cam mi abbia attaccato solo per testare le mie capacità come tu dici. E come mai ha tutte queste informazioni ?"
" Purtroppo," e corrucciò il viso " Cam non necessità di nessuna ragione valida per decidere di sterminare numerose persone : certo, l’obbiettivo eri tu, ma la tua presenza in un centro civile non ha fatto altro che rendere più appetibile la preda, capisci ? Sa che sei stato attivato e questo gli basta. Adesso deve capire se tu gli puoi essere utile o meno, e non è molto inverosimile che ce lo troveremo davanti spesso. Devi sapere che fece diverse esperienze che lo portarono ad un odio indicibile verso la razza umana, ma non penso che questo sia il momento di parlarne…"
" Bene, se non vuoi parlarmi di lui, dimmi almeno chi sei tu".
" Mi chiedi di parlarti di cose di molto tempo fa, amico mio. Dovrò chiedere aiuto a Ganesa, figlio di Shiva e Parvati, Dio dell’inizio e venerato da chi si appresta a intraprendere una dura prova. Nacqui alcuni millenni addietro durante il medio regno egizio, circa nel XXVII secolo prima di Cristo. Ho ricordi molto precisi della mia infanzia : mio padre Menes era un orefice : devi sapere che la società di quel tempo era principalmente basata sull’agricoltura, ma che gli agricoltori non erano liberi, ma servi : essere quindi figlio di un artigiano era già una grande fortuna . Inoltre, mio padre, grazie alle sue incredibili doti d’artigiano , era riuscito ad ingraziarsi i sacerdoti del tempio di Maat, che si avvalevano sempre dei suoi servigi, e, come se non bastasse, era riuscito ad accumulare un discreto patrimonio ed una grande fama, prerogativa dei più geniali artigiani : in una società totalmente tendente alla coralità come era la mia, si tendeva a lasciare nell’anonimato anche i più abili.
Passai i primi anni della mia vita fino all’adolescenza pensando che avrei dovuto proseguire sulle orme di mio padre, sperando di poter diventare un giorno un artista con una fama magari pari alla sua : mi dedicai anima e corpo per apprendere le tecniche più complesse e raffinate di oreficeria, prestando la più grande attenzione agli insegnamenti che mi venivano di giorno in giorno impartiti. Ricordo in particolare come una volta, dopo aver provato tutto il giorno a sperimentare senza ottenere alcunché una nuova tecnica di fusione dell’oro, mi allontanai irato dall’officina, per andarmi a ritirare su un colle che mi aveva visto crescere ; mentre sedevo in preda a cupi pensieri di fallimento, sentì una calda mano sulla mia spalla. Mi voltai, osservando mio padre che mi sorrideva e che poi diresse lo sguardo alle piramidi che a quel tempo erano ancora in costruzione e al tramonto dorato che lo sormontava.
Poco dopo mi disse dolcemente:" Seth, la vita è un insieme di prove difficili che dobbiamo affrontare ; quello che oggi ti sembra difficile , domani ti apparirà una sciocchezza al confronto delle difficoltà in cui ti troverai. Tuttavia, quello che ci rende umani e degni del giudizio di Osiri è l’essere consci delle nostre misere capacità e tentare di migliorarci costantemente : quando un uomo prova a riuscire in qualcosa in cui crede, non ci può essere fallimento; ricordatelo, figliolo.". Ci fermammo per lungo tempo ad osservare il quieto sole che a poco a poco tramontava al di là delle piramidi gettando soavi ombre che si protraevano sulle sabbie, mentre avvertivo un profondo senso di pace interiore.
Anche di mia madre conservo uno splendido ricordo ; forse ti sembrerà strano che parli di una donna, io, residuato di ere in cui non aveva alcun diritto, ma la figura femminile nella cultura egiziana era tenuta decisamente in considerazione, e non era raro che i giovani si vantassero anche della discendenza da parte di madre, soprattutto se prestigiosa : la mia si diceva perfino che discendesse dalla Dea Maat, la Dea della giustizia e della verità, e non si può dire che non fosse degna di tale discendenza, giusta e dolce come poche donne ho incontrato in vita mia.
Passarono rapidamente gli anni : oh, come si svaluta indecorosamente il tempo, quando non lo si può dominare, e come si inizia ad apprezzarlo e a tenerlo nella giusta considerazione quando ormai se ne ha troppo ! Finì il mio apprendistato e mi sposai : ricordo la prima volta che vidi Isi, splendida nella sua semplice veste come una dea fatta in terra : capì con lei quali fossero i dolci tormenti dell’amore; tuttavia era una donna saggia e dalle immense virtù, che conosceva bene quali erano le cose in cui lei mi doveva vincere e quelle in cui lei mi concedeva la vittoria; presto ci sposammo.
La mia vita sembrava scorrere felice e tranquilla, ringraziavo gli Dei ogni giorno per quello che mi donavano : avevo una moglie che amavo profondamente e che a sua volta mi adorava, devota e bella, quanto giusta nei suoi giudizi e nelle sue critiche anche con me, un’attività che mi dava grande prestigio e che mi permetteva di vivere più che decorosamente, e, poco dopo, un erede in arrivo : non potevo certo desiderare di più, amico mio, nulla di più.
Ma la felicità, purtroppo, non sempre dura come noi speriamo : ci fu un attacco, dei predoni del deserto si radunarono e in gruppo attaccarono la nostra cittadina col preciso scopo di depredarla. Noi uomini, insieme ai militari, che erano prevalentemente stranieri, tentammo una difesa : ricordo la furia della battaglia, l’angoscia di quelle ore come se fosse accaduto ieri. Dopo poche ore tutti noi giacemmo a terra morti o feriti. Il sole mi svegliò improvvisamente : cercai di alzarmi, ma la mia gamba destra non mi permetteva di camminare agevolmente : intorno a me vedevo solo ceneri e fiamme ancora non estinte. Mi precipitai a casa nel modo più veloce che la mia gamba consentisse, sperando in un qualche miracolo e con la paura che cercava di paralizzarmi ad ogni singolo passo, angosciato per la sorte di Isi.
Poche ceneri rimanevano della mia casa, poi la vidi : giaceva a terra, sventrata. Un ira indicibile mi salì fino agli occhi, ira contro le bestie che avevano osato tanto. Le presi il corpo, lo ricomposi come potevo, per darle quel minimo di dignità che doveva avere. Strappai un lembo del suo vestito e me ne andai alla ricerca di quelle bestie.
La ricerca durò diversi anni : era un gruppo di nomadi che visitò molte città, portando disperazione e distruzione ovunque andasse : tuttavia il mio odio mi sorreggeva nella fatica della ricerca.
Finalmente li trovai, accampati alle pendici di un monte : non avevo idea di quanti chilometri avessi percorso, amico mio, ma la fatica improvvisamente scomparve, per lasciar spazio ad un’ira che non osavo neppure ricordare : non ebbi tempo per considerare razionalmente quello che stavo facendo, mi limitai a lanciarmi contro di loro urlando, ridendo e piangendo nello stesso momento, e furiosamente ne ferì gravemente alcuni. Ma la superiorità numerica era schiacciante. In poco tempo mi disarcionarono da cavallo e fecero strazio delle mie carni ; in quel momento tutto mi fu chiaro : non avevo certo inseguito quelle bestie per vendicarmi, avevo sempre saputo che nello scontro tra un umile artigiano solo e un gruppo di predoni che da sempre erano avvezzi all’uccisione avrebbero avuto la meglio questi ultimi : quello che in realtà volevo era probabilmente morire, in modo da potermi ricongiungere con Isi e con il nostro bambino.
Trascinarono il mio corpo lontano dal campo, e lì mi lasciarono agonizzante. Persi conoscenza pensando che stavo finalmente spirando, ma poi riaprì gli occhi : mi trovavo in una stanza spoglia, con tre scheletri davanti a me : era strano, non mi ero certo immaginato in questo modo il regno dei morti ; inoltre facevo fatica a muovermi. All’improvviso avvertì come una voce che invocava il mio nome, prima come il sussurro di un vento di primavera, ma poi sempre più distintamente : essa proveniva dallo scheletro più vicino alla posizione in cui mi trovavo .
Mi chiamava ed io non avevo più nulla da perdere, quindi , con quel poco di forza che mi rimaneva, mi ci avvicinai; ma, non appena giunto nelle sue vicinanze, svenni nuovamente, cadendo su di esso.
Per un tempo che non ebbi la capacità di quantificare finì in un limbo d’oscurità immensa e pura, screziata da riflessi di zaffiro, fino a che, come un lampo, riaprì gli occhi : ero in piedi nella stanza, dove precedentemente era collocato quello che mi appariva come uno scheletro, davanti a me il mio cadavere appariva straziato in una maniera orribile.
Da principio pensai a come la morte non differisse di molto dalla vita, e che quella fosse veramente l’anticamera dell’aldilà, ma non capivo per quale ragione riuscissi ad interagire con le cose materiali presenti nella stanza : poi il dubbio terribile che anche la morte mi avesse rifiutato iniziò a radicarsi in me ; la furia si impadronì di me: come in preda ai deliri delle sacerdotesse eoliche, iniziai a urlare e prendermela contro tutto ciò che potevo vedere. Scappai da quella sala, percorsi un lungo tragitto attraverso un luogo oscuro, attorniato dalle creature più orrende che mai si videro sulla terra, e poi rividi finalmente la luce e lo splendore del cielo senza neanche sapere come ci fossi arrivato.
Non avevo idea di cosa fare, la follia mi stava divorando, ma poi qualcosa mi fece ritornare alla realtà : vidi , infatti,l’accampamento dei predoni, e finalmente mi fu chiaro tutto : la morte mi aveva dato la possibilità d prendermi la mia vendetta, o almeno allora ne ero sicuro. Mi diressi a lenti passi verso di loro, pregustando la dolcissima sinfonia della morte che in poco tempo si sarebbe potuta udire in quel luogo dimenticato da Dio, e non dimenticherò mai le loro espressioni quando mi rividero : il terrore si era personificato e moltiplicato per il numero di quegli stolti. Subito i più audaci cercarono di attaccarmi, ma le loro lance si infrangevano sul mio petto, i loro fendenti li evitavo poiché vedevo i loro movimenti come fossero lenti come lo scorrere dei millenni. Non potei fare a meno di ridere di gusto dei loro miseri sforzi, e la furia che aumentava in me chiedeva di essere liberata : urlando, lasciai che la furia uscisse da me, e pochi istanti dopo non rimanevano che cadaveri carbonizzati davanti a me.
Mi sentivo finalmente in pace, ringrazia gli Dei e attesi la morte : finalmente il mio compito era stato portato a termine e non mi rimaneva che congiungermi con Isi e il mio bambino nel mondo dei morti.
Ma attesi in vano.
Iniziai così un lungo pellegrinaggio che mi portò in molte terre alle ricerca di me stesso, ma che aggiunse solo del dolore alle mie già profonde ferite : ben presto mi accorsi che, sebbene gli anni passassero, io restavo prigioniero del mio corpo, come in un’armatura metallica incapace di cambiare, e non appena i conoscenti si insospettivano, ero costretto a continuare il mio vagabondaggio. Questo è ciò che ero, Benares; un giorno, forse, ti racconterò altre cose."




Federico Mori



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