Io sono diverso io. Lo so e lo sento. Anche se mia madre ha sempre detto che io sono come gli altri, io sono diverso.
Io sono mongoloide io.
La maestra diceva che è una brutta parola. E’ come handicappato. Ma anche lei qualche volta l’ha detta.
"Quel mongoloide mi fa diventare matta" ha detto una volta. Ma il matto non sono io?
"Sei matto?" mi diceva la bambina con le trecce. "No, io sono portatore di handicap fisico io" rispondevo. "Handicap con l’acca".
"Mongoloide, mongoloide mongoloide" mi cantavano questa canzone, ma io non mi divertivo come loro. Sorridevo per farli contenti così smettevano, ma loro continuavano, più forte.
Io sono forte io.
Mio padre diceva che sono come un toro. Ma i tori hanno le corna, sono sicuro che le hanno. Forse cresceranno anche a me. Così, avranno paura delle mie corna.
La maestra aveva paura della mia forza. Diceva che ho lo sguardo innocente e che posso fare del male senza volerlo. Allora non sono innocente, ma io non ho fatto del male a nessuno io. Tutti aspettavano che colpivo qualcuno, lo sentivo, li vedevo come si spostavano quando camminavo vicino a loro. Le altre mamme mi guardavano e non sorridevano come quando guardavano i bambini delle altre mamme. Ma io ero un bambino io. Un bambino buono. Volevo cantare e giocare e correre e saltare come gli altri bambini, ma stavo fermo sulla sedia io. Per far vedere che ero buono e che ero calmo. Anche se una mosca si posava sul banco, io non la schiacciavo mica come gli altri bambini.
Un giorno ho avuto meno paura, non c’era nessuno a scuola, solo io e la maestra che parlava solo a me. Ero contento e facevo finta di capire tutto quello che diceva, da subito senza rimanere a bocca aperta. Per la prima volta mi fa una carezza e sento che le sue mani sono morbide. Mamma è venuta a prendermi prima del pranzo. Io sono contento io, perché così mangio a casa. Ma mamma piangeva. Mentre mangiavo papà ha chiuso la porta e sentivo che parlava forte con mamma.
Papà era molto arrabbiato, diceva "Maledetti sono tutti dei maledetti" ma io non capivo io. Poi mamma disse che se tornavo, la scuola avrebbe chiuso perché i genitori non volevano che i loro figli diventassero dei ritardati come me. Ma io sono sempre stato puntuale a scuola io, non ho mai ritardato io. Poi dicevano che ero troppo forte e potevo fare del male a qualcuno e soprattutto a me stesso. Ma io sto bene io.
Allora è venuta fuori di nuovo quella parola che mi spaventava tanto. L’istituto.
Io non sapevo cosa fosse l’istituto. Ma sapevo che era un posto brutto. Ed è vero.
E’ tanto tempo che sono nell’istituto. Ma adesso non fa più paura.
Solo che ho capito che sono cattivo. Le finestre non sono come quelle della scuola. Sono come quelle delle prigioni degli sceriffi dei film. Mamma è tanto tempo che non viene più a trovarmi e a portarmi i dolci di cioccolata, da quando gli sono diventati i capelli tutti bianchi. O da più tempo?
Ho fatto qualche cosa di cattivo io lo so. Mamma non viene perché sono stato cattivo io.Quindi se sto buono, mamma torna. Nello specchio della finestra ho visto che anche io ho i capelli bianchi come la mamma. Si vede che sono figlio suo, solo che a me sono venuti bianchi tanto tempo dopo di lei.
Oggi ho gridato all’infermiere, volevo che chiamasse la mamma per fargli vedere come sono diventato buono, e lui mi ha detto che la mamma è morta da tre anni.
Ma le mamme non muoiono, i papà si, mamma ha detto una volta, è morto papà e poi ha pianto. Io ho detto "Si lo so, i papà muoiono, ma le mamme no, vero mamma?"
E lei mi ha abbracciato e ha detto: "Si, è vero amore di mamma tua. Ti sarò sempre vicina".
Poi però non è più tornata.
Tornerà, lo sento. Saremo di nuovo abbracciati. Domani.
Amore di mamma
Mario Pavoni