KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Al Termine

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AL TERMINE
Niente di diverso.


Azzurro. Bianco. Odore di carta bruciata. Primo piano su labbra femminili secche. Freddo addizionato a polvere. insieme verso quel nuovo orizzonte e tutto si colorerà di verde. Ci saranno grandi distese di terra e vacche nere e orchidee sui cigli delle strade." Marta tossisce, cade tra le braccia di Giorgio. Si frantuma in terra.
"Non faccio mai caso a quello che vedo. Tutto appare confuso. I colori si sfocano fino a scontornare gli oggetti. Per me è difficile mantenere le forme. Ne ho parlato anche con l’oculista e lui mi ha detto che forse poi divento cieco e che dovrei giusto operarmi. E io allora ho pensato che in fondo le forme non restano e i colori sono confusi e comunque ciascuno li vede alla cazzo tipo i daltonici. E gli ho detto che non era poi così importante e che di forme non si vive, che tanto tutto cambia, e quello poi ci è rimasto male." Giorgio la tiene tra le braccia, si muove ritmando col corpo una musica metallica.
"Ci credo. Ci avrà perso un pacco di soldi. Gli hai tirato un bel pacco…" Ora lei è in terra. Giorgio le sta sopra il corpo, la penetra con tre dita.
"E’ una questione di fede, mica solo di soldi… E’ che io credo in qualcosa di diverso da quello che si vede e quindi non è che me ne freghi tanto. Dici che sbaglio?" Si accende una sigaretta.
"E i tuoi polmoni a cosa credono…"
"Forse ai sigari." Le sputa in faccia. Lei si guarda intorno, si dimena. Tiene tra le mani un pene. Marta che sorride.
"E’ che la gente a cui ci tieni scompare giusto quando pensi che resti e poi tutto ti si scioglie tra le mani, ti resta qualcosa sul genere origano."
"Tu funzioni meno di me. Di cosa cazzo stai parlando?"
"Fuma e stai zitto, che tanto offro io. E poi dopo fumiamo i sigari, contento?"
"Vedi un po’ di andare a cagare."
"Lo sai che mi piaci tanto?" Lei allarga la bocca perché lui le conti i denti.
Un colore rosso sfocato si sovrappone all’immagine. Lei è in bilico. E’ su un ponte. Intorno luce fitta di aria tagliata a fette dalla neve. Credo di non avere fame. Mangia tu se hai fame. Io bevo qualcosa. Intorno gente che sorride o sbadiglia o urla. In fila dinanzi all’ingresso. Vado nel cesso a fumare…Lo so che il film poi inizia…Troppa merda intorno. Piazza larga di ore e carne che ondeggia issata su gambe ovali. Voci si intrecciano in tappeti larghi e intarsiati di storie estranee. Lei piegata sulle ginocchia, la pelle che le esplode; lei incastrata nel nylon. Credi di potermi credere? Sono stanca, scusami. Lei gli cerca gli occhi nelle tasche, sorride; lei persa tra i denti di un qualsiasi altro. Sangue tagliato con stricnina, dolore che copre occhi bianchi di luce. Confuso. Lei qui è distante, sta sulla destra, muove il capo in tondo disegnando cerchi concentrici. Io non parlo. Le ossa mi si sfrangiano, cado lentamente.
Cos’è?…niente. E’ che questo non lo capisco, e ci ripenso e non è che ti scorre via…Non è che c’è tanto da capire. Quando una cosa capita vuole dire solo che è successa; e pace…Vuoi che ci fermiamo? E’ che a volte tutto sembra una macchia indistinta. Cambia gli occhiali, o prova a pulirli. E smettila di starci a pensare. Tanto le cose cambiano, no? Già. Senti. Io ora vado. Quando vuoi ci si sente. Cos’è? Che vuoi che ti faccia un pompino?! Sei una merda, sei solo una merda. E levati dal culo. Credi di essere migliore di me giusto che non ti sei trombato nessuna per la gioia di tirarti seghe dietro qualche porta ripensando a qualsivoglia tipa sommata a qualche mia amica…Almeno io me lo sono fatto il tipo e non è che poi ci abbia provato questo immenso piacere, ma mi sento pulita perché sono stata onesta e sono stata onesta con te e con me. Vai via, cazzo, vai via. Via.
Io qui ho le spalle legate al muro, mi sembra di affondarci dentro.
Solo in scena,
GIORGIO: "Sono stanco: è come se i polmoni siano neri di sangue. Cerco di fissare un punto ma perdo subito interesse. A volte qualcosa nella carne mi attrae e io vorrei prenderla, ma poi tutto scompare lasciando soltanto macchie nella mente. Sono stanco e ho voglia di bere, di respirare, di poter raccontare storie. Ho fame di avere fame. Credo di non poter resistere. Lei mi aspetta e lei si chiamerà sempre Marta. Io sono qui e cammino e camminerei in eterno, ma le scarpe mi pesano, sono sempre più larghe e pesanti. Non mi giustifico."
Entra Marta in scena.
MARTA: "Giorgio!"
GIORGIO: "Dimmi cara…"
MARTA: "Cosa stai facendo?"
GIORGIO: "Stupro il bambino, cara…"
MARTA: "Ma Giorgio, non è melodrammatico, dovresti pensare a me…Perché non stupri anche me…Anzi, stupra me al posto suo…"
Musica gonfia di archi e oboi si piega sotto il peso delle tende di velluto, alte, che delimitano il palcoscenico. Le ore si accavallano. La musica si piega sul pubblico, corruga la fronte: ride. Gli toglie la pelliccia, gli dice di spogliarsi, via anche le mutande. Il pubblico eiacula in un solo istante: schizzi di gioia inondano la sala. In questo modo così, sulla schiena a cercare di entrarci, a cercare di fare qualcosa. Sposta la mano e tiene qualcosa di freddo, e fa così e allora il pubblico vede la lama che entra. Musica moderna.
"E a chi credi che interessano queste troiate? te ti sei fumato il cervello. Vuoi un sigaro?"
"Io a questa roba ci credo, e poi c’è il dolore, la compenetrazione."
"Tu compenetri troppo. Ti va di scoparmi?"
"Se te me la vuoi dare…"
"Per questa sera no. Racconti troppe storie. E smettila di bruciare la carta. Questo non è un ufficio statale. Cerca di avere un po’ di rispetto. E’ che stasera sono sola, ma domani arrivano le mie coinquiline e non vogliono trovare bordello, sai, sono di Lecce, fanno le fricchettone ma non capiscono un cazzo: una è rimasta anche incinta, ma poi ha abortito. Bestie."
"Una volta ho avuto un attimo che mi ha bloccato la vita, quando una mamma mi ha detto di avere un bambino e che…"
"Tu sei sbronzo. Io non mi scopo maschi sbronzi. Levati dal culo. Vattene a dormire. T’ho visto sempre solo perdere."

Christian del Monte

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