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Pane e latte

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Pane e latte

Un uomo viene dimesso dall’ospedale, dove seguiva una cura contro l’alcolismo, il giorno prima della fine della terapia, perché l’indomani inizierà uno sciopero di tutto il personale. Inizia così la pellicola che ha vinto a Venezia il Leone del Futuro come migliore opera prima, ed il suo autore è un giovane regista sloveno, Jan Cvitkovic.
Il titolo "Kruh in mleko" (Pane e Latte), come racconta lo stesso regista, si riferisce ad un episodio a lui accaduto una ventina di anni fa. Pane e latte erano il contenuto di un sacchetto che un suo conoscente alcolizzato, incontrato un giorno per strada, portava con sé, ed era l’ultima spesa che aveva fatto prima che la sua
dipendenza per l’alcol lo portasse a rovinare sé e la propria famiglia. Ed è il tema di questa pellicola, un piccolo gioiello in bianco e nero di 68 minuti, uno dei migliori film personalmente visti a quest’ultimo Festival Cinematografico.
Ritornando alla trama, dopo le dimissioni dalla clinica, l’uomo ritorna a casa sua dove la moglie ed il figlio adolescente lo aspettano. L’uomo dice di essere completamente ristabilito, e promette che non toccherà mai più un goccio d’alcol e di non ritrovarsi mai più nelle condizioni di prima. L’uomo sembra realmente ristabilito e deciso a cambiare. La moglie lavora come donna delle pulizie e l’indomani il marito chiede se può rendersi utile andando a fare la spesa. Il marito si ferma allo spaccio locale ad acquistare pane e latte per la famiglia. Durante il ritorno a casa incontra un vecchio amico che lo invita all’osteria per bere qualcosa. L’uomo, pur riluttante, accetta per cortesia, ma ordina un succo di frutta. All’insistenza dell’amico per brindare "seriamente" con lui, accetta, ma continua ad ordinare cose non alcoliche.
(Nota di cortesia: chi non desidera sapere il seguito ed il finale del film si fermi qui…).
La conversazione muove vecchi ricordi, e l’amico si fa raccontare di quando lui ha conosciuto sua moglie.
Nel racconto si viene a scoprire che l’amico era in realtà stato con sua moglie poco prima che lui la conoscesse. Questa storia viene a scoprirla solo ora, e nonostante l’amico affermi che è una storia vecchia di vent’anni prima, l’uomo rimane turbato e nella rabbia del momento ricomincia inconsapevolmente a bere.
Ben presto l’uomo perde completamente il controllo e i due si ritrovano notevolmente sbronzi.
Usciti dal locale, l’uomo ubriaco si dirige verso l’osteria dove era solito ritrovarsi con gli amici, e lì ricomincia pesantemente a bere. Si fa tardi, la moglie a casa s’immagina già il peggio, e preoccupata lo va a cercare. Lo trova naturalmente alla solita osteria dove, dopo una lite fra lui e altri ubriachi, viene chiamata la polizia. L’uomo mezzo addormentato non si accorge dell’arrivo della donna, che completamente furibonda si lancia contro i gestori del locale, accusandoli di avere dato da bere ad un uomo appena uscito da una clinica di disintossicazione.
La donna è inarrestabile e la polizia la carica sulla camionetta per portarla al comando. Il marito che sta dormendo all’esterno in mezzo ai rifiuti non si accorge di nulla. Chi si accorge della scena è invece il figlio, anche lui nel locale ed appena uscito dal bagno dopo un "buco" di eroina. Il ragazzo in preda alla furia ruba un motorino, non si accorge del padre fra i rifiuti, e si getta all’inseguimento della camionetta della polizia.
Dopo aver imboccato una scorciatoia, il figlio incrocia e si scontra con la camionetta. Incidente tremendo.
L’ultima scena del film si svolge in ospedale. L’uomo si sveglia in una camera, la sbronza è passata, ma si accorge che alla sua destra e alla sua sinistra due letti ospitano la moglie ed il figlio incoscienti e completamente ingessati dalla testa ai piedi. L’uomo al centro ha ancora in braccio il sacchetto della spesa con dentro il pane ed il latte.
Il film tratta un tema drammatico come quello dell’alcolismo, ma anche indirettamente della droga, e di come la dipendenza distrugga tutto quello che circonda l’uomo, non solo se stesso, ma la sua stessa famiglia. Non vengono esaminati i problemi sociali o il passato dei protagonisti, ma solamente la loro incapacità di esprimere l’amore e l’affetto che li lega. Nonostante questo, la pellicola a tratti è esilarante, straordinario l’attore protagonista Peter Musevski; le situazioni ed i dialoghi, pur nella loro tragicità, contengono una grande vena comica che probabilmente rispecchiano il carattere del regista, alla luce anche della sua performance al ritiro del premio nella serata conclusiva del Festival.
Premio assolutamente meritato, uno dei film in assoluto migliori di questo, in verità modesto, Festival 2001.

Andrea Leonardi

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