La vita: un dono di libertà
Da tempi immemorabili voci laiche, cattoliche, valdesi si sono scontrate sul difficoltoso, problematico tema dell’eutanasia. La Chiesa la condanna. Ma quali sono le ragioni teologiche che fondano tale condanna dell’eutanasia? La voce cattolica risponderebbe così: la nozione di vita + indissolubilmente legata a quella di dono; essa non è un mero fatto, bensì il risultato di un atto libero di amore e richiede di essere recepita e vissuta come possibilità di atti d’amore, di riconoscenza, di lode e di impegno. La vita è un dono per altro ricevuto da altri, perché non è stato l’uomo a dare la vita a se stesso: essa è limitata e fragile e il suo inizio, la sua custodia e il suo sviluppo dipendono dall’amore e dalla responsabilità di tanti altri, cosa che diventa chiara ed evidente di fronte ad un feto non ancora nato, al bambino, al malato, all’anziano, al morente e al debole. La vita è un valore primario, strettamente ed inscindibilmente connesso con la dignità della persona; è il punto di appoggio della nostra identità personale, su cui tutti glia altri valori e diritti si radicano. Sempre, anche di fronte a difficoltà enormi, essa va vissuta con coraggio e riconoscenza, deve essere accolta, difesa, aiutata, dal concepimento al naturale tramonto, favorendone lo sviluppo completo. Tutti e ciascuno abbiamo dunque la responsabilità di respingere qualsiasi attentato che sopprima e minacci la vita umana. La persona, che è la principale responsabile della propria vita, deve essere il centro di qualsiasi intervento di assistenza: gli altri devono cioè aiutare, ma non sostituirsi ad essa. Certo purtroppo accade che i medici o i membri della famiglia si trovino a volte nelle condizioni di dover decidere per un malato, per vari motivi incapace di farlo, sulle cure e sulle terapie fa prestargli. In questi casi a loro, più che a chiunque altro, si applica la proibizione assoluta di attentare la vita del paziente, fosse pure per compassione.
Ma ecco un argomento decisivo contro il senso puramente morale della posizione cattolica: se la vita è dono di Dio, questo significa che essa è messa nelle mani di chi la riceve in dono, e non ha alcun senso pretendere che questi non ne possa disporre. Certo è vero che la vita, per il cristiano, è fatta per donarsi agli altri, e dunque il suicidio e l’eutanasia restano peccato, ma questa è una prescrizione morale che non può diventare un obbligo di legge. Anche sul piano puramente morale, quello che si tratta di valutare è se si debba riportare tutto al rispetto di una costituzione naturale dell’uomo, oppure se la vita sia qualcosa di inseparabile dalle nostre libere scelte, fino a quella, eventualmente, del suicidio. In fondo, se l’uomo ha una natura, questa consiste non altro che nel dono della libertà e su questo punto, forse, anche i credenti potrebbero concordare.
L’angolo della riflessione
Francesca Orlando