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La gatta

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La gatta

Il piccolo Leonard arrivò fino alla cucina. Lì cercò sotto tutte le sedie e i mobili, e solo alla fine si rivolse a sua madre. "Mamma, hai visto la gatta?"
"No" fece sua madre, continuando a lavare i piatti, "ma prova a cercare in giardino: prima l’ho vista in terrazza, può darsi che sia saltata giù…"
Il bambino annuì e scese di corsa le scale. Aveva già setacciato metodicamente l’intera casa, cercando in tutti i luoghi dove normalmente la gatta andava ad acciambellarsi.
Leonard aprì la porta e uscì fuori. Era una bella mattina di maggio, il giardino era nel pieno della sua rigogliosa bellezza. Le piante rampicanti che, travalicando i muri, avevano invaso ogni cosa, inglobato alle pareti vasi, creato ponti verdi tra gli alberi, allungato tentacoli verso gli spiragli luminosi tra i rami, avevano reso ormai l’intero giardino una grande ragnatele di edere. I cespugli frondosi e verde intenso che sua madre aveva piantato cinque anni prima erano ormai diventati vere e proprie piccole foreste. Era lì che di solito andava a cacciarsi Sissi, la gatta, quando scappava fuori.
Leonard avrebbe dovuto cercare in due o tre di quei grossi cespugli e alla fine, come sempre, l’avrebbe trovata. Cominciò dal primo, che stava proprio a pochi metri dalla porta di casa.
Si infilò nelle fronde, chiamando a voce la gatta, e cercandola con le mani. Le visite di Sissi ai cespugli del giardino ultimamente erano sempre più frequenti, e Leonard ricordava ancora di quando, circa sei mesi prima, cercandola proprio in quel cespuglio, avessero trovato un’intera nidiata di gattini che Sissi aveva partorito lì.
Poteva darsi, quindi, che Sissi fosse di nuovo gravida e che scappasse in giardino per visitare i cespugli e scegliere quello migliore per il prossimo parto; almeno questo era quello che sperava Leonard, perché forse gli avrebbero fatto tenere ancora i gattini in braccio, e magari li avrebbero lasciati dormire insieme a lui, com’era accaduto l’anno prima…
Leonard esaminò palmo a palmo l’intero cespuglio, senza trovare traccia di Sissi, e poi, sporco di terra e pieno di foglie, tra i capelli e nei vestiti, uscì fuori e di corsa si diresse verso la prossima tappa della propria ricerca, un altro enorme cespuglio dove spesso Sissi trovava riparo.
Il bambino girò attorno alla casa, corse tra le alte betulle del giardino e infine raggiunse il cespuglio. Questo era, a differenza della gran parte di quelli del giardino, che erano verdi, rosso fuoco, e le fronde erano pesanti e larghe, tanto che spesso Leonard e i suoi amici le tagliavano per usarle a mo’ di ventaglio o, qualche volta, di mantello.
Probabilmente quello era uno dei cespugli in cui sarebbe stato più difficile cercare per Leonard, perché per arrivare fino al ceppo della pianta avrebbe dovuto spostare i grossi rami tutto da solo.
Comunque fosse, era fortemente intenzionato a scovare la gatta: aveva voglia di trascinarla su in casa e di giocarci un po’, che avesse o no voglia.
Sollevò le fronde rosse, sbattendo più volte contro i rami di legno scuro del cespuglio, ma anche quando fu arrivato al cuore della pianta, divenendo ormai invisibile per chi avesse passeggiato per il giardino, della gatta non c’era traccia.
Sbuffando e domandandosi dove poteva essersi cacciata, Leonard uscì fuori dal cespuglio, si scosse e si spazzolò quanto più poteva, e alla fine ripartì alla ricerca di Sissi.
In pochi minuti Leonard frugò in tutti i cespugli del giardino, meno uno, dove la gatta non era mai andata, quello in fondo alla siepe, nascosto da tutto, in ombra, sempre umido…
Leonard si fece coraggio e decise di andare a vedere anche lì: poteva darsi che comunque Sissi non fosse nel giardino, e che magari si aggirasse nei dintorni, in cerca di chissà cosa, però poteva anche darsi, pensava Leonard, che avesse deciso di provare un nuovo giaciglio…
Il cespuglio in questione era forse il più grande di tutta la proprietà. I rami erano lunghi e sottili, ma molto forti, e somigliavano in tutto e per tutto a fruste. Le foglie erano carnose e scure, color del legno, con una rigatura che pareva latte al centro. Il cespuglio era sempre al buio, coperto dall’ombra delle siepi qualunque fosse l’ora. Per questo, o per altro, era cresciuto male, con tutto il tronco storto, contorto, e aveva un aspetto malato e venefico, anche se, c’era da giurarci, si trattava di una pianta normalissima.
Leonard arrivò al cespuglio e si chinò a terra.
"Sissi…" chiamò.
La gatta non rispose: se era nel cespuglio non voleva farsi trovare dal bambino.
"Sissi! Sissi, vieni! Dai, non mi far venire a cercarti lì dentro…"
Leonard non amava quella zona del giardino, così lontana dalla casa, dove nemmeno chi avesse guardato dalla terrazza avrebbe potuto gettare uno sguardo, un luogo freddo e buio, rispetto a tutto il resto… Ci era andato solo per prendere la gatta, e ora aveva già voglia di andarsene al più presto. Non gli piaceva lì. Perfino l’erba era brulla, ciuffi sporadici nella terra fredda.
"Sissi!"
Leonard sollevò un’ampia frasca e scrutò nell’ombra. Non ci si vedeva granché… "Sissi! Vieni fuori…"
Qualcosa sotto il cespuglio, in fondo, si agitò.
"Sissi! Dai, sono io!" disse Leonard. "Vieni."
Ma la cosa che si nascondeva sotto il cespuglio non venne verso di lui.
"Sissi!" Leonard entrò gattoni nel cespuglio, muovendosi verso ciò che si era mosso.
"Vieni qui!"
La cosa non si muoveva.
Era ad un solo metro da Leonard, ma nel buio appariva molto più lontana, e il bambino non voleva doversi chinare oltre per penetrare nel cespuglio; perciò allungò la mano e andò a cercare nel buio la zampa della gatta.
La cosa si ritrasse e schizzò via, fuggendo la mano del bambino, e Leonard si ritrovò solo sotto il cespuglio.
"Sissi? Dove sei andata?"
Leonard gattonò all’indietro: non voleva rimanere lì troppo a lungo, quel luogo lo impauriva. Sapeva di essere lontano da tutti, e che se fosse successo qualcosa lì, in quella zona isolata del giardino, nessuno se ne sarebbe accorto. E poi non era troppo sicuro che ciò che aveva visto fosse stata Sissi: se fosse stata la gatta, infatti, avrebbe risposto al suo richiamo…
Quando sentì che aveva messo i piedi fuori dall’ombrello che i rami del cespuglio formavano, Leonard si girò e…
Davanti a lui stava fermo un animale nero, lucido, alto una sessantina di centimetri circa, che si teneva in piedi sulle due zampe posteriori. Aveva il torace diviso in placche rigide che, sovrapponendosi, formavano una sorta di corazza ossea. Due occhi sottili e gialli fissavano il bambino. Dietro l’animale, che tendeva verso Leonard le zampe anteriori, terminanti in artigli affilati e dall’aspetto micidiale, una lunga coda nera si agitava, sferzando l’aria con un rostro tagliente. La bocca era spalancata, e i mille denti bianchi sembravano tutti canini, terribili, pronti ad azzannare.
Prima che Leonard potesse dire nulla, l’animale gli balzò contro fulmineo, infilando in un baleno attraverso il maglione gli artigli acuminati. I denti affondarono in uno dei polsi del bambino.
Leonard urlò e si scrollò di dosso l’animale, cercando di fargli mollare la presa, ma l’animale non si muoveva.
"Sissi! Sissi, mi stai… mi fai male! molla!" Leonard infilò due dita della mano rimasta libera nella branchia a metà collo, tra due placche ossee e tirò. "Molla!"
La gatta stridendo lasciò la presa e fece un salto indietro.
"Ma che fai?" domandò Leonard. La gatta aveva esagerato, nel giocare: ora sul polso del bambino si aprivano quattro piccoli fori da cui uscivano sottili fili di sangue, e il maglione aveva anch’esso parecchi buchi dovuti agli artigli. "Sei matta?"
Leonard si tirò in piedi. "Vieni qui" disse alla gatta, e quella con un balzo fulmineo gli saltò in braccio. "Brava: adesso andiamo dalla mamma per farle vedere cos’hai fatto…"
Mentre Leonard la portava in braccio fino in casa, e poi in cucina, Sissi gradualmente si calmò e smise di dimenare la coda. Alla fine, quand’era a cospetto della padrona di casa, sembrava la gatta più mansueta del mondo, e quando la madre di Leonard, dopo aver medicato il bambino e ascoltato il suo racconto, l’accarezzò chiedendole cos’avesse mai fatto, Sissi prese a gorgogliare a bocca aperta, mostrando tutti i denti.
"Forse ha solo fame…" disse la giovane donna. "Leonard, prova a darle da mangiare."
Al solo sentire la parola, Sissi balzò giù sul pavimento e corse, puntando gli artigli sulle piastrelle, fino alla gabbietta dove tenevano i suoi pasti.
"Eccomi, eccomi", disse il bambino, arrivando vicino alla gatta. Si chinò e aprì la gabbia. "Vuoi un draghetto, eh, vuoi mangiarti un bel draghetto, eh Sissi?" Leonard pescò dalla loro prigione, prendendolo per la collottola, uno dei piccoli draghi pelosi, tutto bianco e con dei grossi occhi blu rotondi, che si contorceva spaventato, e lo lasciò cadere quanto prima possibile a terra, di modo che se ne occupasse Sissi.

Arthur Carponi

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