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Non si nasce, si vive

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Non si nasce, si vive

Qualche volta mi chiedo se il proprio destino sia scritto da qualcosa o qualcuno, al momento della nascita.
Non sono un bambino che pensa molto alle conseguenze delle azioni, come tutti i bambini.
Passo l’infanzia con mia nonna, perché i miei sono sempre al lavoro, o perché faccio troppo casino e la mia povera mamma vuole dormire.
Così, la nonna mi parla, mi porta in passeggino, mi racconta le storie di quando era giovane ed era mondina o di quando c’era la guerra. E io l’ascolterò sempre volentieri, finché sarà capace di raccontare.
L’aiuto a fare la pasta per i tortellini, a infilare l’ago, a pulire il giardino, e nella bella stagione giochiamo a pinnacolo mangiando l’anguria.
Sono piccolo, non ho problemi e la gente agisce per me. In questo modo ho sempre il sorriso sulle labbra. Passo il tempo libero in giardino. Mio nonno è sempre lì fuori: o zappa, o taglia i rami, oppure costruisce e ripara oggetin, di ogni tipo.
Mio nonno è sempre stato abituato ad arrangiarsi da solo, e io sto con lui per imparare.
Per me è un simbolo di autonomia, e la mia idea é di insegnare ai miei futuri nipoti a ricorrere alle proprie mani.
La scuola si fa sempre più impegnativa e i miei nonni invecchiano. Passo molto più tempo con i miei e inizio a parlare sempre meno. Intanto sono già in terza elementare. Spunta la mia prima ragazza. Ho uno strano rapporto con l’altro sesso. Non rifiuto mai un’amicizia con una bella signorina, ma impiego molto tempo a capire perché le persone hanno cosi bisogno di sentirsi vicine. Una sera non riesco a prendere sonno, capisco che dovrò convivere con il sesso per tutta la vita.
Dall’altra parte c’è il mio amico Sbob. La persona per bene con condividolIa simpatia dell’infanzia. Guardiamo il cielo con incredulità, come se fosse la prima volta. Siamo sempre d’accordo su tutto, perché i parenti ci hanno insegnato più o meno le stesse cose su sesso, droga, storia e giustizia.
In questo giorno indefinito non me ne sto accorgendo, ma noi due ci stiamo staccando, anche se non provo subito smarrimento. Sembriamo per la prima volta scontrarci: abbiamo obiettivi diversi. E’ la prima volta che riconosco i miei obiettivi, li faccio capire e la gente ne è stupita; anche Sbob.
Adesso che siamo alle medie, lui c’è, ma so che non è più come quando confrontavamo le nostre leggende sul bacio con la lingua.
E piango per la prima volta consapevolmente.
Pensatore, silenzioso. Amante delle ragazze, delle sensazioni e della giustizia. Musicista immaginario. Non leggo tanto ma appassionatamente. E così amo.
Sono così, adesso. Ma se domani è un altro giorno, chissà come mi guarderà in faccia.
Sono solo, su un tavolo freddo. Il sole non tramonta ancora, ma il mare ha l’aria scura. Gli abeti hanno radici forti anche se il vento soffia bene.
Sento di affacciarmi a un balcone. Non un balcone qualunque. Un balcone di una persona suprema, del cielo. Non è possibile contare le montagne. Mi sento piccolo, quando apro gli occhi. Sento voci dentro di me: i miei nonni, i miei genitori, le ragazze, Sbob. Poi solo una pigna cadere. E lo scorrere delle onde, che non parlano nessuna lingua, non scrivono il destino di nessuno.
Anche la piccola presunzione, di conoscere le montagne, a 13 anni.

Turci Tommaso

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