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L’amica e la puttana

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L’amica e la puttana

C’è un’amica, gentile e discreta, che una sera mi ha invitato a cena, ma non è stata una sprovveduta: trattasi del gesto più pulito mai visto dietro una semplice apertura. Siamo finiti a letto, come previsto, senza ingombranti protocolli di giochi, per il gusto di esserci: spoglio di apparenti motivazioni. Mi ha ascoltato, attenta, il mattino seguente, quando anticipando la mia fuoriuscita dal letto, mi versava sorridente del caffè caldo . Aveva cura nel trattenere le mie parole: grandi inquietudini esternate tra una caparbia voglia di vivere.
– Non tutti gli uomini sanno mettersi in discussione – commentava, misurata, trasmettendomi nel suo tono quel di più di tenere certezze. Abbozzavo, a mia volta, un contratto riso, prima di lasciarla, congedandomi mentre ancora sorseggiavo l’ultimo sorso, macchiandomi i pantaloni.
– Fa nulla – le dico in fretta, mentre afferro il giaccone in mano per infilarmelo. Mi accompagna alla porta dove, cordialmente, le sorrido ancora baciandola fraternamente sulle gote. Poi mi volto, scendo la prima rampa delle scale dove, lei, di nuovo compare, in vestaglia, sulla soglia della porta. Rallento, le dico che fa freddo e la invito a rientrare cadenzando inesorabile il passo fino alla fine della tromba delle scale. Mi fermo e ci ripenso sopra. Mi scopro un volgare avventore notturno che puzza di vino. Un uomo solo, nella strada, che inciampa e sosta, d’inconsolabile languore, nei pressi di un consumato lampione. Un uomo che sogna, tra memorie e presente, uno sconsiderato gesto d’amore. Dall’altra parte della strada, un gran via vai di lucciole e signori, per lo più tutti ben ordinati e seduti in confortevoli automobili. Fanno la fila, poco più avanti a sinistra, attendono Lola, la più carina. Sghignazza, soddisfatto, il dottor Lamberti, stasera ce l’ha fatta. L’ha messa su e se la tromberà contento per pochi svenevoli minuti.
– E’ roba mia!..- commenta risentito al vecchio Brosi che, accostandosi, se la vede portar via. Dovrà accontentarsi d’altro perché stasera sarà più che mai puntuale con Gloria, sua moglie, e tutta la relativa famiglia.
Annaspo dal lampione e, trascinandomi, proseguo a penzoloni. Da un’auto in corsa, mentre attraverso la strada, percepisco appena lo stridere di una sterzata e poi uno strombazzamento di clacson con l’eco di un probabile "vaffanculo". Cado, infine, proprio nel metter piede sopra il rialzo del marciapiede opposto. Un braccio, silenzioso, mi afferra e china sul lato. E’ pietoso ma alieno, tanto da farmi coraggio ed iniziare a parlarle. Le getto tutto fuori, lì, in pochi minuti. Amori ed illusioni svanite, le misere ansie che animano quel mio vago andare, tutta la voglia di mendicare un po’ d’amore…
– Ma no, non qui, per l’amore del cielo…ti pagherò comunque, per abbracciarti e lasciarti sentire quel bambino tenero e offeso che è in me. Salderò il conto, domattina, ma sarà dolce e diverso. Un caffè in fretta: io e te, guardandoci negli occhi, mentre ti racconto inquietudini sopra una caparbia voglia di vivere.
Avanti un altro! – .

Enrico Pietrangeli

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