La prima cosa che colpisce è la particolarissima disposizione delle poesie nella raccolta. Le poesie sono accoppiate a due a due, la prima di Davide, la seconda di Danzio. In forma chiastica, titolo testo – testo titolo, le liriche si incrociano racchiuse tra due titoli che si riferiscono vagamente alla stessa tematica, che suggeriscono lo stesso argomento di riflessione.
Voci diverse che si rincorrono, si rafforzano, si allontanano, stonano, si incontrano, si scontrano, tese diverse e comunque sempre unite da un filo misterioso, sotterraneo che il lettore è chiamato a scoprire, a seguire. Il primo titolo suggerisce un ambito narrativo/evocativo, il primo testo ne sviluppa un aspetto, fa da prima voce, e di seguito la seconda poesia che risponde, riprende il tema, lo amplia, lo modifica, lo stravolge o lo integra, sempre lo arricchisce di particolari e di sfaccettature nuove, fino alla conclusione nel secondo titolo, che Danzio pone alla fine delle sue poesie, per non imporre una chiave di lettura, per non influenzare il lettore, che è chiamato in questo modo a "giocare" con i poeti, che completa con la propria sensibilità l’esperienza degli autori.
Suggestivo e originale; un poeta parla, l’altro risponde mentre il primo si mette da parte in ascolto, si fa lettore a sua volta; per sottolineare questa esperienza, per darle uno spazio reale, grafico, se una poesia è più lunga dell’altra vengono lasciate pagine bianche, che sembrano fatte apposta per accogliere le parole e i pensieri dell’altro, che scorrono, scendono lenti e si depositano come petali in caduta libera. Sì, petali di fiori. Per l’OPIEMME il messaggio poetico è un fiore da "sfiorare", da scoprire a poco a poco, inoltrandosi sempre più verso il nucleo del significato, poesia dopo poesia.
E questo è, come spiegano gli stessi autori, il significato del titolo che suggerisce al lettore di avvicinarsi per scoprire il senso nascosto, oltre le parole, sfiorando con tocco lieve, lasciando cadere i fragili petali, fino a comprendere, verso dopo verso, la poetica dell’OPIEMME.
Se in un primo momento il lettore tenta di tenere divise le poesie dei due poeti, cerca di entrare in sintonia con l’uno o con l’altro, si chiede quale preferisce dei due, quale sia più vicino alla propria sensibilità, leggendo si rende conto della vanità di questa operazione. Solo in parte il lettore è in grado di distinguere le tematiche, diverse se pur simili, le immagini ricorrenti dei due autori, ben distinti per poetica e stile (più innovativo, sperimentale e scanzonato Danzio, più classico Davide, creatore di splendide immagini); ma piano piano, leggendo, il lettore si perde nel fluire delle suggestioni e si rende conto che i continui richiami di parole e di simboli contribuiscono a formare un tutto unitario originalissimo e inscindibile, nel quale le caratteristiche personali si fondono, le due individualità si incontrano e dialogano dando vita a un’opera innovativa.
Solo insieme le due esperienze poetiche, per quanto diverse, riescono a creare un mondo comune, articolato, vario, ricco di spunti e strade tutte da percorrere, di significati nuovi che si generano nel linguaggio comune, di voci che si uniscono in un tutt’uno che rafforza e dilata il senso del messaggio poetico.
A questo proposito si può considerare chiave di lettura di tutta la raccolta l’ultima poesia di Danzio "Fiammella notturna", sperimento di poesia incrociata: due poesie a sé stanti, opere autonome in tutto e per tutto, che lette insieme ne creano una terza, diversa, totalmente nuova.
Questa tecnica, per estensione, ovviamente non verso per verso, ma poesia per poesia, è quella adottata per costruire "Sfioraci". Poesie separate, come le voci e le personalità dei due poeti, che generano una nuova poesia, altra rispetto alle parti che la compongono.
Il linguaggio dell’OPIEMME è il linguaggio di tutti i giorni, lontano dalle auliche terminologie classiche; la parola viene studiata, rimaneggiata, vissuta, al fine di sperimentare nuovi significati.
La poesia dell’OPIEMME riflette pensieri ed emozioni, parla di esperienze e sentimenti comuni, della fragilità dell’uomo, solo, senza dei, illuso e disilluso, incapace di credere in se stesso, "vagabondo nell’incertezza senza fede", sovrastato da un "pesante tumulo di precarietà", alla ricerca di un ruolo nella complessa società moderna ("Voglio un idolo / perché mi hanno insegnato / a non credere in a me stesso. / … / Basta mi illuda / nella sua sicurezza. / Rinuncio a me stesso. / Voglio un idolo" – "Idoli"). Parla della solitudine ("Ogni giorno vivere è un tormento / micidiale monotono movimento / incalzante incessante competizione / … / non credo a ciò che sono / continuo a lottare solo / …" – "This is my world") e delle maschere che il conformismo sociale impone ("Siamo tutti dei fantocci. / Recito, / sono un pagliaccio / vestito di convenzioni" – "Maschere"; "Non riesco a pensare, / mi voglio solo adeguare. / Per farmi accettare." – "Clonica" ; "Mi sento schiavo / degli errori passati. / Schiavo / di scelte obbligate. / … / Cerco il mio pensiero. / Scelgo di non scegliere. / Creo scatole aperte" – "Scatole"). Soprattutto parla del male di vivere e del disagio esistenziale, esperienza comune a molti giovani ("vorrei avere il controllo di me stesso, / ma non posso / perché mi sento il male addosso" – "Morbus"; "Crediamo nell’oggi / Senza vedere domani / … / Temendo delusioni / Non cerchiamo verità / Preferendo le illusioni" – "La ballata" ), e ancora parla dell’individuo, bambino malato, incapace di ridere e di giocare, che vaga nel buio, nel "bosco oscuro, nel bosco di tenebra".
Questa poesia del quotidiano affronta inoltre il tema dell’incomunicabilità e dell’incapacità di agire, di reagire, della debolezza e dell’apatia dell’individuo che aspetta, "fiore immobile, agonizzante in giardini di pietra" e i temi del dolore e della malinconia, sono espressi con lucida rassegnazione nella bella poesia di Davide "Gli amanti del caffè" ("… / Nero / Amaro / Corto / Come il nostro vivere.").
Queste tematiche, ricorrenti nell’intera raccolta, sono simboleggiate dal buio, dal freddo, dalla notte e dall’inverno, psicologico e affettivo, realtà alla quale i fiori, i petali fragili tentano di sottrarsi.
Anche il poeta è solo, forse più degli altri, ("Aspetto, / sussurrando ciò che nessun vede / che qualcuno scenda sul mio sentiero" – "Spirito"), è solo con la sua poesia, quasi un’ancora magica nel naufragio quotidiano, e vaga "per raccogliere sensazioni", si riempie di emozioni.
Per Danzio il poeta è un fotografo di pensieri e le poesie sono istantanee di emozioni, le parole vanno vissute, "provate", sperimentate nell’intimo prima di essere scritte.
Danzio affida al lettore le sue emozioni cristallizzate in immagini poetiche e lascia al lettore stesso il compito di farle rivivere, di rimetterle in movimento, di colorarle della propria sensibilità ed esperienza.
Davide invece vuole che la poesia rompa gli schemi ed erompa oltre la norma, la folla, la gente, l’automa, l’uguale agli altri. La poesia per Davide è la magia che può cambiare l’esistenza, è il mondo psichedelico dei sognatori che permette di intravedere sempre nuovi sentieri, più veri e più vivi, oltre i percorsi del reale.
Per concludere, diamo un’occhiata alla veste tipografica del libro. Non so se sono state fatte ristampe, ma se vi capita di leggere l’edizione del 2003 vi accorgerete che manca la pagina 19 e che le pagine 36 e 37 sono ripetute e così la poesia "Giorno grigio" compare due volte e la poesia a pagina 18 rimane senza titolo e senza finale.
L’editore ha commesso alcuni (evidenti) errori di impaginazione.
Un vero peccato, in un’opera dalla struttura complessa come questa, dove la disposizione delle liriche e di conseguenza la numerazione delle pagine riveste un ruolo primario per fruire della bellezza del messaggio e dove l’innovazione grafica apre nuove possibilità espressive e cognitive.
Infine, una curiosità sulle iniziative dell’OPIEMME. Alcune poesie di "Sfioraci" sono state stampate su carta adesiva con l’intento di diffondere la poesia nei luoghi di aggregazione, di renderla viva nella città, per la città. Così la poesia dell’OPIEMME non rimane in una torre d’avorio, alta, impenetrabile, scostante, ma va incontro al passante, alla persona comune che ha modo di cogliere, in vari momenti della sua giornata cittadina, un po’ del mistero che questi giovani poeti sanno trasmettere. Questi adesivi sono stati attaccati in molte città italiane. Quindi non è escluso che, a una fermata dell’autobus, nei tunnel delle metropolitane, sui muri degli edifici della vostra città, possiate per caso imbattervi in questa nuova forma di street-art e, in modo immediato e per nulla artificioso, accostarvi alle opere dei promettenti Davide Danio e Danzio Bonavia.
"Sfioraci" è il primo libro dell’OPIEMME, è una raccolta di poesie di due giovani poeti Davide Danio e Danzio Bonavia.
Stefania Gentile