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Fluorescenze

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Fluorescenze
(Giovanni Buzi – Edizioni Il Filo)

Con stile raffinato e lessico ricercato Fluorescenze mette in scena personaggi duplici e misteri insondabili dell’animo umano. Cosa si nasconde dietro le apparenze? Qual è la vera essenza dell’essere umano? Fin dove si spinge la mente nel creare le proprie ossessioni?
Leggendo i racconti brevi di Giovanni Buzi il lettore si accorge di non essere in grado di attribuire in modo immediato un genere, un’etichetta, si trova spiazzato da suggestioni e richiami letterari che si intrecciano, da descrizioni dettagliate che depistano, rendendo ancora più assurde le storie narrate, che partono tutte in sordina, in una giornata qualunque o in una sera come tante, fino al finale spesso ironico, grottesco (come in Metamorfosi e in Fluorescenze), comunque sempre ad effetto.
Racconti horror? Noir? Non proprio, non in senso classico, almeno.
Non troviamo i soliti omicidi, serial killer o mostri deformi o meglio troviamo tutte queste presenze come alter ego di persone comuni. Personaggi che alimentano negli abissi del loro essere il germe del male, personaggi inquietanti e sconvolgenti, proprio perché apparentemente normali. Dai loro occhi, dalle loro abitudini, dai loro rituali traspare una fluorescenza, una luminescenza che preannuncia lo sfogo dell’animalità, vissuto come dimensione liberatoria contro le imposizioni del vivere quotidiano. La realtà non è ciò che appare. Dietro la facciata, trovano spazio vizio e corruzione.
Nella Roma aristocratica, come in una Venezia invernale o nella provincia umbra, sempre in atmosfere polverose, malinconiche, languide e autunnali, oltre le apparenze marmoree e le bellezze statuarie del reale, troviamo la materia putrida e sporca, che inquina sentimenti e ambienti, contamina e deturpa tutto ciò che incontra, senza rimorsi, senza valori, senza morale.
Sotto l’apparente tranquillità della vita di una nobildonna, nei sontuosi palazzi della capitale (La lupa di Roma), di un facoltoso uomo di mezza età (Bianca Venezia, rosse le rose), di un padre di famiglia in gita domenicale (Haiku), di un marito (Metamorfosi), si nasconde il doppio, l’altro, la malattia, la follia, la perversione, tutto l’orrore del sadismo, l’inconfessabile malvagità, essenza profonda, primitiva e cruenta.
Personaggi che assecondano il loro lato oscuro con intima soddisfazione, che si sentono appagati nel dare sfogo alle loro pulsioni più belluine, per fare poi ritorno alla vita di tutti i giorni dimentichi, sazi di lussuria e di violenza, dopo avere sperimentato una sorta di piacere negativo in grado di distorcere e corrompere la rispettabilità della facciata.
I racconti di Fluorescenze narrano "fenomeni che sfuggono a chiunque", alla scienza e alla ragione, come "l’invisibile presenza" che guida la contessa di La lupa di Roma verso un destino di sangue o come il magnetismo che imprigiona la donna del racconto Bianca Venezia, rosse le rose, l’amata che sperimenta un’attrazione morbosa per il protagonista, che calibrando ogni parola, calcolando ogni gesto prepara un rituale che sconvolge i canoni dell’amore nell’atrocità di un gioco erotico accettato con arrendevolezza dalla vittima. Sadismo, masochismo e acceso sensualismo si fondono nel narrare il vizio e la malvagità di persone spinte verso il fondo terrificante del loro essere, oltre ciò che è razionale, sociale, morale.
La duplicità di piani è evidente anche nel racconto Metamorfosi, dove protagonista è ancora una volta una personalità altra, una forza indomabile che trasforma e ancora la sensazione di euforia che l’esperienza omicida è in grado di procurare.
Maschere, personalità doppie, folli, ruoli che si intrecciano e si confondono, uomini e donne che vivono e soffrono la dolorosa esperienza di un’inebriante energia vitale che prorompe senza regole e senza freni e che dà la morte, in una mescolanza di carne, sangue, vita, eros e morte.
Personalità doppia anche in Haiku, dove un uomo cerca di entrare in sintonia con l’universo, oltre il mondo visibile, verso il mondo vero, un uomo che si isola da una vita come tante, dalla famiglia, dai figli, che rallenta il passo per ascoltare il mondo, per perdersi nel mondo, diventare parte del tutto, che lo attrae, come nei fondali degli abissi marini le sirene (Il canto della sirena).
Buzi in modo originale esplora la notte dell’essere umano, si addentra nei corpi, oltre l’epidermide, spesso di una bellezza cristallina, e trova la belva. Buzi crea una fantasmagoria di vita e di morte che avvince e cattura il lettore, che si trova a inseguire, con i personaggi, "l’eco effimera" di una realtà più profonda che si intravede negli occhi delle donne, nel magnetismo e nella capacità di seduzione dell’uomo, nei fenomeni naturali (la pioggia, il fulmine). Il lettore si trova a inseguire fluorescenze, segnali che indicano la strada di un mondo sommerso che l’essere più profondo dell’uomo vuole raggiungere, perché come afferma il personaggio di Haiku, "il mio essere tende ad essere altro da me, altrove…".

Stefania Gentile

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