Una guerra invisibile, combattuta da più fazioni che tentano di prevalere l’una sull’altra, con il comune cittadino ignaro e, spesso, vittima delle battaglie che si combattono su tutta la superficie del pianeta. Battaglie in nome di ideali spesso ignorati dalla maggior parte della popolazione che si vede costretta, a sua insaputa, a schierarsi con questa o quell’altra parte in un vortice di poteri che rischia, ancora una volta, di distruggere l’intera umanità.
Il mondo di Deus Ex è un mondo vero, reale, con le sue regole e le sue eccezioni dove ogni singolo essere vivente ha un ruolo, piccolo, misero, impercettibile, ma comunque un ruolo. Dove ogni azione corrisponde a una reazione dove le leggi fisiche più che applicarsi ai corpi, si applicano alle idee. Idee volubili, a volte impalpabili, a volte pesanti come macigni, idee che portano a scelte. Già, le scelte, il fulcro del gioco partorito dalla mente del sempre geniale Warren Spector. Ogni passo in questo mondo futuristico e futuribile sarà accompagnato da scelte. Scelte, a volte, dalla dubbia moralità, a volte sostenute da inflessibile onestà, scelte comunque e in ogni caso da fare, non si scappa. Il proseguimento dell’avventura, la scoperta di nuove informazioni necessarie a completare quel puzzle che è la trama di Deus Ex, sono finalizzate a scelte. "E’ un gioco di scelte" ama dichiarare il suo creatore Warren Spector e così io mi sento di confermare. Un gioco che inaugura un nuovo genere, dove le scelte, non la capacità di indovinare la soluzione di un enigma o di colpire un avversario prima che questo possa reagire, sono il cardine del gioco, sono il gioco stesso.
Dopo questo, necessario, preambolo possiamo passare ad analizzare il gioco dal punto di vista prettamente tecnico. Innanzitutto vorrei precisare che ho giocato ed amato forse più di ogni altro gioco il primo Deus Ex, quindi, riponevo parecchie speranze in questo seguito che attendevo con trepidazione da parecchi mesi. Bene, appena l’ho visto sugli scaffali e, non avendo un PC necessariamente potente a farlo girare (Athlon 1.333, GeForce4, 512DDR), ho optato per la versione X-Box che, a parte il solito e fastidioso aliasing e il sistema di controllo per forza di cose non preciso come l’accoppiata mouse-tastiera, si è dimostrata all’altezza della versione PC. Anzi, dato che le pecche della versione PC sono una grafica non all’altezza dei vari Far Cry-Splinter Cell e i lunghi caricamenti, la versione per la console Microsoft è, addirittura, migliore. La grafica è comunque buona e il televisore lima le magagne che un monitor rende evidenti. I caricamenti lunghi, invece, sono sicuramente meno fastidiosi se attesi comodamente distesi su un divano piuttosto che seduti davanti a un monitor. Naturalmente se si avesse un PC da 3000 o più euro e una postazione con poltrona in pelle davanti a un monitor 21 pollici non ci sarebbe storia, ma credo non sia la configurazione più diffusa in Italia.
Quindi, acquisto il gioco, arrivo a casa, scarto la confezione e mi fiondo nel futuro prossimo immaginato dalla mente del già menzionato, ma mai abbastanza, Warren Spector. Dopo il filmato iniziale che racconta di un terribile attentato terroristico che ha distrutto l’intera città di Seattle e al quale siamo miracolosamente scampati ci si ritrova dentro il proprio appartamento alle Accademie Tarsus, il posto dove siamo cresciuti, a Los Angeles.Non vado oltre nel raccontare la trama anche se mi preme sottolineare che sin dal nostro primo dialogo capiremo che non tutto quello che accade avrà una spiegazione immediata e che molte volte dovremo indagare a fondo, magari raccogliendo informazioni da più fonti diverse. Fin dall’inizio si fa anche la conoscenza con la novità forse più importante del gioco: è possibile interagire con qualsiasi oggetto presente nella scena. Si può raccoglierlo, lanciarlo, appoggiarlo. E’ possibile creare pile di oggetti uno sopra l’altro in maniera estremamente realistica. Lanciando un oggetto questo si comporterà come si sarebbe comportato nella realtà ( a parte il fatto che gli oggetti volano che è un piacere, di qualunque peso essi siano). Tutto questo ben di dio è merito dell’Havok, un motore fisico sviluppato da un team tedesco e già visto in Max Payne 2, nonché negli ormai leggendari video, presentati all’E3 dello scorso anno, di Half Life 2.Tutto molto bello, ma l’utilità non è che sia poi così evidente. Gli sviluppatori hanno sbandierato ai 4 venti la possibilità di utilizzare casse per costruire barricate o utilizzare oggetti uno sopra l’altro per raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili, ma tutte queste feature erano già presenti nel primo Deus Ex senza bisogno di un motore fisico che aumenta in maniera sostanziale il carico di lavoro del processore. Quindi l’Havok porta il realismo alle stelle, ma è di ben poca utilità ai fini pratici del gioco se non di poter utilizzare oggetti per colpire e uccidere gi avversari, ma è una pratica ampiamente sconsigliata, molto meglio utilizzare le svariate armi disponibili o, ancora meglio, nascondersi nell’ombra. A proposito di nascondersi, una delle caratteristiche principali del primo Deus Ex era la componente stealth molto marcata. Certo non si era ai livelli di Thief, ma il tutto aveva un rilevanza fondamentale. Era possibile finire il gioco senza farsi mai vedere o sentire e questa caratteristica è presente anche in questo seguito.Naturalmente le ombre, come Splinter Cell insegna, sono l’elemento principale di un gioco stealth e, anche in questo, Invisible War non sbaglia. Il motore grafico utilizzato è l’Unreal Engine sviluppato dalla Epic per i vari Unreal (II, Tournament, ecc.), ma pesantemente modificato con un sistema di gestione delle ombre dinamiche davvero allo stato dell’arte e, a mio avviso, non inferiore a quello visto sul capolavoro Ubisoft (il quale, tra l’altro, utilizza anch’esso l’Unreal engine). E’ fantastico vedere le ombre dei personaggi che si stagliano sulle splendide (e ripeto splendide) texture dei vari livelli del gioco, oppure l’esaltazione è al massimo quando si scaglia un oggetto su un lampada appesa la soffitto creando un vorticoso movimento di ombre estremamente realistico. Non si può dire la stessa cosa dei modelli poligonali dei personaggi che non sono sicuramente allo stato dell’arte anche se a discolpa dei programmatori Ion Storm va detto che in giro ancora non si vede nulla di letteralmente straordinario come quello che si è visto nei video di Doom 3 e Half Life 2, quindi, lo considero un semplice peccato veniale.Come dicevo in precedenza, comunque, le ombre, a differenza del motore fisico, non sono lì solo per bellezza, ma hanno anche una loro utilità. Più si è nell’ombra e meno si è visibili. E’ quindi consigliato sfruttare zone poco illuminate per evitare di far notare la propria figura ai nemici presenti nell’area, anche se non esiste un qualche sistema, come per altri giochi stealth, che permetta di rilevare "quanto" si sia visibili. Detto questo è evidente che anche questo Deus Ex offra la possibilità di essere finito senza farsi quasi mai vedere da un singolo nemico, ma, come per il primo, è possibile giocarlo anche "alla Quake", tutto sta nella scelta del giocatore (e anche qui ritorna il termine "scelta", il più comune parlando di questo gioco). E’ sparita invece la componente rpg, non ci sono più i punti esperienza e nemmeno le abilità, ma c’è tutta una nuova gestione dei biomod che vengono utilizzati anche per compiere azioni, come hackerare computer o utilizzare armi bianche, che in precedenza erano legate alle abilità. La possibilità inserita in questo seguito di disinstallare un biomod (comunque perdendolo) per fare spazio ad un nuovo biomod è, a mio avviso, una mossa azzeccata in funzione della propensione del gioco a fornire il più ampio ventaglio di possibilità in ogni situazione mantenendo fede alla struttura "a scelta" del gioco stesso.Non è sparita invece la struttura dei livelli a "scelta multipla". Deus Ex, sempre fedele al suo essere un gioco di scelte, permette, come accadeva per l’episodio precedente, di giungere a conclusione di un obbiettivo seguendo strade diverse. E’ possibile cercare di passare inosservati su un cornicione sfruttando l’abilità di muoversi silenziosamente, oppure rendersi invisibili, grazie all’apposito biomod, e passare a fianco dei nemici ignari della nostra presenza, oppure utilizzare una qualche grata di areazione, oppure ancora prendere controllo di una torretta e, comodamente distanti dal luogo della battaglia, eliminare tutti i nemici presenti in zona, ma è possibile anche imbracciare il lanciafiamme e fare una entrata alla Duke Nukem ingaggiando un combattimento all’ultimo sangue in pieno stile Quake 3 Arena o Unreal Tournament. Le possibilità sono, quasi, illimitate e se non fosse per una intelligenza artificiale non proprio al top, ma questo accadeva anche nel predecessore, sarebbe lo stato dell’arte della giocabilità. Questa struttura di gioco permette anche di allungare notevolmente la longevità. Infatti, dopo aver terminato la prima volta il gioco, è possibile rigiocarlo in maniera totalmente differente cambiando le alleanze e, quindi, avendo obbietti differenti e, soprattutto, nemici diversi con caratteristiche diverse. C’è da dire che comunque la trama e le missioni non cambiano e che le scelte che portano ai 4 finali possibili sono da effettuare nell’ultima mezz’ora di gioco, quindi, a chi non interessasse rigiocarlo, dico che in una dozzina di ore al livello difficile il gioco si finisce.
Dell’aspetto tecnico non ho ancora parlato del sonoro, il quale si assesta nella norma, niente di trascendentale. Le musiche sono adatte, ma non mi hanno particolarmente coinvolto.Non c’è un tema principale come quello, magnifico, del primo capitolo, anche se non è del tutto male nemmeno quello di questo seguito. Diciamo che si è sentito di meglio, ma anche di peggio.Le voci dei personaggi sono, invece, decisamente azzeccate anche se non localizzate nel nostro idioma, a differenza dei sottotitoli.
Concludo dicendo che il gioco è un gran bel gioco, molto diverso sotto alcuni aspetti dal primo Deus Ex, ma che ne mantiene inalterata la struttura. Un must per chi ha amato il primo capitolo e per chi ama i giochi alla Thief o alla System Shock (tutti di Warren Spector). E’ anche più giocabile alla Quake del precedente episodio, l’interfaccia è stata semplificata, ma a mio avviso migliorata (le munizioni sono uniche per qualunque arma, tutti gli oggetti occupano lo stesso spazio nell’inventario), anche se adatta più a un pad da console che al sistema mouse-tastiera. Sicuramente è adatto a un numero maggiore di giocatori del primo, ma non è adatto ai giocatori occasionali. Questo gioco va iniziato e finito, magari più volte, per poterne gustare a fondo tutte le mille sfaccettature. Non finire Deus Ex sarebbe come uscire dalla sala del cinema 15 minuti prima della fine del film, sarebbe perdersi molto di quello che i programmatori hanno fatto, sarebbe perdersi molto del gioco stesso, sarebbe come non averlo giocato.
Dopo tanto parlare di scelte eccoci arrivati a quella forse più importante: "Comprarlo o non Comprarlo?".La mia risposta, probabilmente, la conoscete già, ma, per rimanere in tema col gioco, lascio a voi la scelta, giusta o sbagliata che sia, comunque, sarà vostra e di nessun altro.
Cospirazione, secondo il dizionario italiano che ho sotto mano, è "una unione di più persone che si accordano segretamente per intervenire più o meno radicalmente e violentemente in una situazione politica", ma è il secondo significato che più si adatta al nuovo gioco di Ion Storm: "Concorso di persone o di energie (non necessariamente ostili) a un determinato fine (non necessariamente dannoso)". Ecco, questo è il succo di tutto il lavoro che sta dietro a
Deus Ex: Invisible War
Alessio Galli