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Costituzione Europea: ovvero il secondo Trattato di Roma

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Costituzione Europea:
ovvero
il secondo Trattato di
Roma1
L’Europa è l’unico continente
con un contenuto
José Ortega y Gasset
Con lo sfondo2 dei Fori Imperiali è difficile evitare la trappola della retorica, ma la grande Europa, da Cipro alla Lettonia, ha la sua Costituzione.
Una data, quella del 29 ottobre 2004, che entrerà nella storia, dunque tanto vale liquidare subito le formule di rito, e precisare che il "Trattato che adotta una
Costituzione3 per l’Europa" non è "tecnicamente" una Costituzione (atto che costituisce, crea uno Stato, unitario o federale che sia). Non ostante la denominazione, esso, infatti, continua ad essere un Trattato Internazionale, pur andando a regolare nuovamente, e in modo onnicomprensivo, il funzionamento dell’Unione Europea, una Organizzazione Internazionale di Stati sovrani4 a tutti gli effetti.
La sua reale "portata politica", tuttavia, vorrebbe (o dovrebbe) essere molto più ambiziosa. Infatti, il Trattato contiene come parte integrante la Carta dei Diritti
Fondamentali5, che conferirebbe ad esso, a parere di molti, il valore di vera e propria Costituzione.
Il varo della "Costituzione" è stato, come noto, abbastanza sofferto e non per contrasti sui principi basilari, ma sul peso degli Stati nazionali nei dosaggi delle presenze negli organi e nei processi decisionali europei, non più basati sul principio, spesso paralizzante, dell’unanimità, ma su maggioranze qualificate che garantiscano che alcuni Stati, di volta in volta, non compiano delle forzature per far prevalere interessi di parte a danno di altri.
Peraltro la nuova "Costituzione" non rappresenta una gabbia per nessuno, perché sono previste le modalità di ingresso per nuovi
membri6, ma anche di eventuale uscita di singoli Stati7.
Eppure, nel complicato calcolo di chi abbia vinto o perso nei
negoziati8 che hanno portato all’accordo sul nuovo Trattato, una vittima è sicura: la chiarezza. Una Carta fondamentale dovrebbe avere l’obbligo di essere il più semplice, concisa e lapidaria possibile, per ogni cittadino alla quale è rivolta, ed esclusi gli addetti ai lavori, pochi hanno letto le oltre 350 pagine del testo integrale (suddiviso in 448 articoli), mentre le sintesi di argomenti così complessi richiedono una particolare abilità tecnico-giuridica; ecco perché tralascerò (o sintetizzerò all’estremo) tanti "particolari", che proprio particolari non sono.
Tuttavia, il testo, realizzando una profonda opera di semplificazione e razionalizzazione, sostituisce l’insieme dei Trattati
esistenti9 e definisce il quadro in cui l’Unione Europea agisce, i principi su cui si fonda e la sua compagine istituzionale.
Il Trattato è strutturato in quattro
parti10:
– la parte prima contiene le disposizioni che definiscono l’Unione e individuano i suoi obiettivi, le sue competenze, le sue procedure decisionali e le sue istituzioni;
– la parte seconda contiene la
Carta11 dei diritti fondamentali;
– la parte terza riguarda le politiche e le azioni dell’Unione, riproducendo un numero considerevole di disposizioni dei precedenti Trattati;
– la parte quarta contiene le disposizioni finali e le procedure di adozione e revisione.
Il preambolo inizia con le parole "ISPIRANDOSI alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa…", ma non precisa quali religioni. La questione, tema di aspre contrapposizioni, è stata risolta affermando che non c’era spazio per un riferimento al cristianesimo, al fine di non escludere qualsiasi altra
religione12. Anzi, per eliminare il problema, si è preferito non fare riferimento ad alcuna "radice culturale13".
Infatti, c’è chi ancora vuole considerare il Trattato come una sorta di semplice "regolamento di condominio" che stabilisce quanto pagare, e soprattutto quanto si riceve, e chi la considera un passo decisivo verso lo Stato federale, gli Stati Uniti d’Europa.
L’enunciato dei
valori14 dell’Unione è stato completato con un riferimento ai diritti delle persone appartenenti a una minoranza, nonché alla parità tra uomini e donne (che prima non figurava fra gli obiettivi); la stabilità monetaria (con la riconferma sostanziale delle norme del Trattato di Maastricht), figura ormai fra gli scopi principali dell’Unione in vista di una "economia di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale".
Uno dei principali contributi del Trattato risiede nella precisazione delle competenze dell’Unione e dei ruoli rispettivi delle sue
istituzioni15. L’Unione può agire unicamente nel quadro delle competenze attribuitele dal Trattato, che provvede anche a una loro classificazione: competenze esclusive16 (settori in cui l’Unione agisce da sola a nome di tutti gli Stati membri), competenze concorrenti17 (settori in cui l’Unione agisce solo quando apporta un valore aggiunto all’azione degli Stati membri), competenze di sostegno18 (settori in cui l’Unione interviene soltanto per coordinare o completare le azioni degli Stati membri).
Il Trattato definisce per la prima volta i fondamenti democratici dell’Unione e prevede nuovi obblighi a carico delle istituzioni in materia di consultazione della società civile, trasparenza, accesso ai documenti e protezione dei dati di carattere personale. Il testo sancisce inoltre il ruolo delle parti sociali e prevede per l’Unione l’obbligo di mantenere un dialogo regolare con le chiese e le organizzazioni non
confessionali19.
Il nuovo Trattato riprende le principali disposizioni istituzionali vigenti, ridefinendo in parte le rispettive competenze e introducendo due novità: una presidenza più stabile del
Consiglio europeo20 e un Ministro degli Affari21 esteri. Il quadro istituzionale propriamente detto comprende il Parlamento europeo22 (che acquisisce sempre più rilevanza facendo aumentare il tasso di democraticità del sistema), il Consiglio europeo23, il Consiglio dei ministri24, la Commissione europea25 e la Corte di giustizia dell’Unione europea.
Il Trattato-costituzionale stabilisce che il Consiglio adotti le proprie decisioni a maggioranza, salvo nei casi in cui è espressamente prevista un’altra procedura, come ad esempio l’unanimità. La maggioranza è attualmente calcolata secondo un sistema di ponderazione dei voti, che tiene conto della popolazione degli Stati. Secondo la procedura introdotta dalle nuove norme, a decorrere dal 2009 si passerà al sistema a doppia maggioranza: una norma è adottata quando raggiunge il consenso di almeno il 55% degli Stati che rappresentino almeno il 65% della popolazione UE.
Questo complesso meccanismo di voto, costituisce, senza dubbio, il limite più significativo del nuovo sistema di procedura
legislativa26, da cui può derivare una minor capacità di azione dell’Unione, e un parallelo riappropriarsi di potere decisionale da parte dei Governi dei Paesi membri, che hanno prevalso da questo punto di vista.
Evidentemente il nuovo Trattato è il frutto di un compromesso tra quegli Stati convinti della necessità di una forte integrazione europea e quei Paesi più preoccupati di difendere la propria sovranità nazionale. Molti osservatori lo ritengono un Trattato debole, poco ambizioso, non innovativo.
I commenti negativi, sono per lo più espressi da politologi, sociologi o filosofi usi a considerare più importante l’attività dell’Unione Europea in politica estera rispetto a quella che incide sull’ordinamento dei singoli Stati
membri27. In realtà la Politica estera è soltanto un aspetto, e non il più rilevante, dell’originale struttura istituzionale realizzata in mezzo secolo di integrazione europea. A partire dal primo Trattato CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio-1951), ogni successivo Trattato comunitario (Roma 1° CEE/Euratom-1957, Atto Unico Europeo-1986, Maastricht-1992, Amsterdam-1997, Nizza-2001), ha avuto i suoi critici, sempre solleciti a prevedere un fallimento o l’irrilevanza dell’impatto. Ogni volta le critiche si sono dimostrate infondate e spesso sono state clamorosamente smentite. Alla base delle critiche vi è sempre stata la delusa aspettativa di veder trasformata l’Unione Europea in un’entità principalmente politica. Ci si dimentica lo straordinario risultato raggiunto, quello che ha creato una struttura in grado, tramite una normativa vincolante, di gestire in modo unitario i rapporti economici, sociali, giuridici e, alla fine, anche politici.
L’impatto di tale normativa è sotto gli occhi di tutti. L’abolizione delle dogane, l’abbattimento degli ostacoli al commercio intra ed extra-comunitario, la competitività nel sistema bancario e assicurativo, la trasparenza negli appalti pubblici, la disciplina della concorrenza, la soppressione dei monopoli, il controllo degli aiuti di Stato, la liberalizzazione dei trasporti e delle telecomunicazioni, l’armonizzazione fiscale e societaria, una completa integrazione monetaria, un’ampia normativa per la tutela dei consumatori, un’avanzatissima disciplina di protezione dell’ambiente, etc.: tutto ciò è la conseguenza dell’applicazione di una serie impressionante di disposizioni comunitarie che, lentamente e silenziosamente, nell’arco di qualche decennio, hanno trasformato il contesto giuridico ed economico dell’Europa e soprattutto del nostro
Paese28. Questo sistema ha permesso di erodere gradualmente e progressivamente la sovranità degli Stati membri, trasformando l’Unione Europea in una specie di Federazione in tutti i settori nei quali le decisioni devono essere adottate a maggioranza qualificata, e in una sorta di Confederazione nei settori nei quali le decisioni possono essere adottate soltanto all’unanimità29.
Le decisioni di politica estera devono ancora essere adottate all’unanimità, e anche il nuovo Ministro degli esteri europeo quale intenzione, ci si chiede, potrà esprimere se siamo ancora lontani dall’avere una volontà unanime in questo campo? Si tratta quindi di passare da una votazione all’unanimità ad una votazione a maggioranza qualificata, magari con maggioranze diverse a seconda dell’importanza della materia sulla quale occorre decidere. Ma noi sappiamo che lo sviluppo dell’integrazione europea è avvenuto proprio in questo modo, nel corso dei suoi cinquant’anni di
storia30.
Si arriverà quindi ad adottare le decisioni a maggioranza anche in politica estera. Sarà la forza delle cose che lo esigerà e lo imporrà a tutti gli Stati, perché è una soluzione ragionevole che va nel senso della storia.
Ora il rischio principale (anche per il presente articolo che perderebbe ogni senso), per la piena entrata in vigore del nuovo Trattato-Costituzionale, resta nella volontà dei singoli Parlamenti o Popoli che potrebbero decidere di non ratificare, o di rifiutare con referendum, la "nuova Costituzione".
Ed è probabile che si arrivi a qualche bocciatura, non perché i popoli non capiscano, ma perché quando si vota a favore o contro, è sempre più facile spiegare le ragioni del no che quelle del si, qualunque sia la posta in gioco. Chi boccia la Costituzione dovrebbe per coerenza uscire dalla Comunità, ha detto l’ex-commissario Mario
Monti31. È una minaccia simbolica, ma ha la sua logica. Non si può essere d’accordo sull’agricoltura o sul commercio, e ignorare i doveri politici.
Questa "Costituzione", senza dubbio appesantita da un carico eccessivo di compromessi non sempre positivi, dunque è preziosa, storica e necessaria. Forse "si poteva fare di più". Ma è il miglior risultato che si sia potuto raggiungere nell’attuale contesto storico-politico, con 10 nuovi Paesi dalla ricca storia e dalle tradizioni tanto diverse.
Nessuno considera perfetta la "Costituzione". Tutti convengono, però, che un’Unione a 25 Stati sarebbe incapace di padroneggiare il proprio destino se dovesse funzionare con le regole obsolete alle quali il nuovo Trattato ha posto, almeno in parte, rimedio. Senza questa più robusta architettura, dopo tanti sforzi di approfondimento e allargamento la costruzione europea crollerebbe su se stessa.
Questa nuova "Costituzione" (per fortuna) non ci renderà mai compatti e tristemente uniformi, ma ci darà le regole per risolvere insieme le nostre vertenze. Ci vorrà forse qualche decennio ancora, ma al cospetto dei Fori Imperiali di Roma gli anni non contano.
Alberto Monari
Gli uomini e le nazioni ricorrono a soluzioni ragionevoli
dopo aver sperimentato ogni altro mezzo.
Arthur Bloch


1
Nell’immagine: la scultura ufficiale commemorativa della firma della Costituzione, realizzata da Pietro LaCamera, rappresentante il Campidoglio di Roma.

2
Sono stati apprezzati dall’autore i contributi giornalistici di Roberto Giardina, Antonio Patuelli, Paolo Francia, Stefano Sepe, Jacques Ziller.

3
Questo il nome formale dell’atto firmato a Roma dai Capi di Stato e di Governo dei 25 paesi membri dell’Unione Europea.

4
Valéry Giscard d’Estaing, Presidente della "Convenzione sul futuro dell’Europa", del cui complesso lavoro, tra il 2002 e il 2003, il Trattato è risultato, ha paragonato la stessa alla Convenzione degli Stati Uniti del 1787, ma il paragone appare inadeguato. La moderna Convenzione Europea non ha fatto una rivoluzione mentre, con quella di Philadelphia, si creò un nuovo Stato.

5
Proclamata nel dicembre 2000, in occasione del Consiglio europeo di Nizza. Essa definisce i diritti di libertà (dal diritto alla vita al diritto di sciopero), ovvero i valori democratici e di giustizia su cui si fonda l’Unione. Il suo testo non era stato, però, inserito nei Trattati e quindi non era giuridicamente vincolante. Le istituzioni, gli organi e le agenzie Ue sono tenuti al rispetto dei diritti sanciti dalla Carta. Gli stessi obblighi incombono agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione. Il rispetto di queste norme è assicurato dalla Corte di Giustizia.

6
Uno Stato europeo, per poter aderire all’Unione, deve rispettarne i valori. Ogni nuova adesione richiede una decisione del Consiglio all’unanimità, l’approvazione del Parlamento europeo, nonché la ratifica dell’accordo di adesione da parte di tutti gli Stati membri.

7
La libertà di uscire dall’Organizzazione, esplicitata nell’art. I-60 "Recesso dall’Unione", è una delle novità politicamente più rilevanti del nuovo testo.

8
Conclusi il 18 giugno 2004 dalla Riunione dei Capi di Stato e di governo (Consiglio Europeo) sotto la presidenza Irlandese.

9
La nuova "Costituzione", all’entrata in vigore, andrà a sostituire più di 1500 pagine (almeno) di atti normativi dello stesso livello, sedimentati in poco meno di 50 anni di storia comunitaria, eliminando la distinzione tra Comunità Europea e Unione Europea, organizzazioni fondate ognuna su un proprio Trattato (quello di Roma del 1957 per la CE e quello di Maastricht del 1992 per la UE).

10
Ogni articolo riporta un numero romano relativo alla suddivisione interna e un numero arabo progressivo.

11
Il Trattato-Costituzionale prevede, inoltre, l’adesione dell’Unione europea alla CEDU (Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), vedi Kult/Diritto n.3, dicembre 1994. L’accordo di adesione deve essere adottato dal Consiglio a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento Europeo.

12
Non si è inserita alcuna frase sulle radici giudaico-cristiane, come chiedevano con insistenza Polonia e Italia. "Da cento anni si distingue tra Stato e Chiesa, non è il caso di tornare all’Ottocento!", ha dichiarato il Presidente francese Chirac.

13
Non si tratterebbe, in realtà, di "battezzare" l’Europa, ma di fare una onesta opera di memoria e di definizione di confini, di appartenenza e di identità, nel momento in cui l’Europa democratica tocca ad est gli immensi territori della Russia, e a sud il Mediterraneo con l’Islam e Israele. Non bisogna temere per la propria laicità di fondo, perché la vera laicità consiste nel rispetto delle convinzioni di ognuno e nella serena valutazione di ciò che è stata la storia dei popoli.

14
Un valore imprescindibile nel processo di integrazione è il rispetto dell’uguaglianza fra gli Stati membri, della loro identità nazionale e delle loro funzioni essenziali, compresi la salvaguardia dell’integrità territoriale, il mantenimento dell’ordine pubblico e la tutela della sicurezza interna.

15
"Avremo procedure molto più chiare, sarà molto più facile capire chi fa cosa e come lo fa." Jaques Ziller, in "Meno Unione più Stati. Hanno vinto i governi e la logica dei veti" ne Il Resto del Carlino del 19/06/2004, pag.11.

16
– unione doganale; – definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno;- politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro;- conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca;- politica commerciale comune.

17
– mercato interno; – alcuni aspetti della politica sociale; coesione economica, sociale e territoriale;- agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare;- ambiente;- protezione dei consumatori;- trasporti;- reti transeuropee; – energia;- spazio di libertà, sicurezza e giustizia;- alcuni aspetti dei problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica; – alcune competenze nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio;- alcune competenze nei settori della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario.

18
– tutela e miglioramento della salute umana; – industria;- cultura; – turismo; – istruzione, gioventù e sport e formazione professionale; – protezione civile; – cooperazione amministrativa.

19
Un nuovo meccanismo permette ai cittadini di dare un proprio impulso diretto al processo legislativo, purché siano almeno un milione e provenienti da un numero rilevante di Stati membri. Il Trattato prevede infatti che i cittadini possano invitare la Commissione a presentare al Consiglio e al Parlamento una proposta di legge.

20
Attualmente il Consiglio europeo, come pure il Consiglio nelle sue diverse formazioni, è presieduto dallo Stato membro che esercita, secondo un ordine prestabilito, la presidenza semestrale dell’Unione. Il sistema viene modificato mediante l’istituzione di una figura permanente di Presidente eletto dal Consiglio europeo per un periodo di due anni e mezzo, con mandato rinnovabile una sola volta. Il Presidente ha il compito di presiedere e animare i lavori del Consiglio europeo e assicura anche la rappresentanza ad alto livello dell’Unione per le materie relative alla Politica Estera e di Sicurezza Comune.

21
Costituisce una delle principali innovazioni introdotte dal Trattato. Con esso si vuole garantire maggiore coerenza all’azione esterna dell’Unione, sia a livello politico che economico. Esercita contemporaneamente le funzioni ora affidate all’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune e al Commissario alle relazioni esterne. È quindi nel contempo mandatario del Consiglio per la PESC e membro della Commissione in qualità di vicepresidente e di responsabile delle relazioni esterne. Presiede il Consiglio dei ministri degli Affari esteri e assicura la coerenza dell’azione esterna dell’Unione.

22
È l’istituzione che rappresenta i cittadini degli Stati membri. Il numero dei deputati, eletti a suffragio universale per un periodo di cinque anni, è fissato dal Trattato a un massimo di 750. Ogni Stato dispone di un minimo di sei e di un massimo di novantasei seggi (gli Stati piccoli aumentano di 1 deputato, gli Stati grandi ne perdono 3, concessione politica indolore per tutti). Il numero preciso di seggi attribuiti a ciascun Paese sarà deciso prima delle elezioni europee del 2009. Nella maggior parte dei settori il Parlamento ha un ruolo di colegislatore. La Costituzione estende a nuovi settori il campo di applicazione della procedura di codecisione, ora denominata "procedura legislativa", in base alla quale il Parlamento decide congiuntamente al Consiglio.

23
Il Consiglio europeo nei Trattati vigenti non è un’istituzione dell’Unione, ma è tecnicamente una "Conferenza internazionale intergovernativa" composta dai Capi di Stato o di Governo degli Stati membri, ed è incaricata di dare all’Unione l’impulso politico necessario al suo sviluppo. Non legifera e di norma decide per consenso unanime.

24
È l’istituzione nella quale sono rappresentati i governi degli Stati membri. Esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, le funzioni di legislazione e di bilancio.

25
È l’istituzione che rappresenta, in piena indipendenza, l’interesse generale europeo. Sul piano legislativo costituisce l’organo propulsivo: propone le norme e le presenta al Parlamento e al Consiglio per l’adozione. La Commissione assicura la programmazione e l’attuazione delle politiche comuni, cura l’esecuzione del bilancio e gestisce i programmi comunitari. Sul piano esterno, rappresenta l’Unione e conduce i negoziati internazionali. Avrà 25 commissari, uno per Stato, ma poi si scenderà di nuovo a 18, a partire dal 2014, per rendere l’organismo più funzionale.

26
Nell’ottica della semplificazione, il Trattato riduce a sei gli strumenti di cui l’Unione dispone per condurre la sua azione: la legge (corrisponde all’attuale Regolamento CE), la legge quadro (l’attuale Direttiva CE), il regolamento (atto vincolante non normativo, rivolto a tutti), la decisione (atto vincolante non normativo rivolto a particolari destinatari), la raccomandazione e il parere (atti non vincolanti).

27
Le successive considerazioni, condivise dall’autore, sono di Fausto Capelli, www.lavoce.info – giugno 2004.

28
La normativa, all’origine di tali cambiamenti, è stata prevalentemente adottata sulla base di quel particolare meccanismo decisionale dell’Unione Europea che, coinvolgendo le tre istituzioni più importanti (Parlamento, Consiglio dei Ministri e Commissione), permette di ottenere accordi ragionevoli per gli interessi dei cittadini, evitando il perpetuarsi di conflitti dovuti agli scontri politici tra maggioranza e opposizione.

29
La Confederazione è un’unione di Stati sovrani che non determina la creazione di un nuovo Stato. Differisce dallo Stato federale che, invece, rappresenta una Unione di Stati autonomi che danno vita ad un nouvo Stato. Nella Confederazione si ha un’associazione di Stati sovrani dotata di organi che rappresentano gli Stati aderenti, i quali decidono normalmente all’unanimità.

30
Negli anni ’60 occorreva l’unanimità persino per modificare i dazi doganali; nei decenni successivi con la sola maggioranza qualificata è stato possibile eliminare i monopoli statali ritenuti intoccabili.

31
"Che succede se uno o più Paesi non ratificano? Uno scenario meriterebbe di essere discusso. Nulla cambia per ciò che è già stato stabilito: nei 25 Stati i parlamenti o, nei casi di referendum, gli elettori si esprimono sul quesito che è oggi all’ordine del giorno, approvare o respingere la ratifica della Costituzione. Se anche solo uno Stato la respinge, la Costituzione (essendo un "Trattato Internazionale", n.d.a.) non può entrare in vigore per nessuno. Ma per evitare che il giusto diritto degli uni (magari qualche centinaio di migliaia di cittadini di un solo Stato) di rifiutare liberamente una Costituzione che non vogliono, implichi la perdita della libertà degli altri (magari centinaia di milioni di cittadini di 24 Stati) di darsi una Costituzione che vogliono, i 25 capi di governo dovrebbero assumere un comune impegno politico, prima che il ciclo delle ratifiche inizi. Un semplice impegno in tre punti: 1) Sarà ovviamente rispettato l’esito del voto, parlamentare o referendario; 2) Nel caso esso sia negativo, un nuovo e diverso quesito sarà proposto entro una certa data, per via parlamentare o referendaria: «Volete voi che il nostro Paese continui a far parte dell’Ue, ratificando la Costituzione firmata a Roma nell’ottobre 2004, o cessi di far parte dell’Ue?»; 3) Simmetricamente, ogni capo di governo assumerebbe l’impegno di assicurare la necessaria cooperazione nell’affrontare i problemi, non insuperabili secondo i giuristi, che si incontrerebbero in sede di recesso di quello o quegli Stati nei quali la seconda prova desse esito negativo.", da "Come promuovere la Costituzione Ue: nuovo impegno per l’Europa" di Mario Monti, Corriere della Sera, 13 dicembre 2004.

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