(Luigi Bernardi – Dario Flaccovio Editore)
Tutta quell’acqua
Devo dire la verità, quando mi è arrivato questo romanzo di Luigi Bernardi il primo impulso è stato quello di metterlo da parte e non leggerlo neppure. Sì, perché voi forse non lo sapete ma io oltre a scrivere recensioni fuori ordinanza, mando avanti una piccola casa editrice e a tempo perso scrivo pure qualcosa. Ora, a Luigi Bernardi, direttore di riviste e case editrici, grande esperto di fumetti e di noir, avrò mandato una quantità industriale di cose pubblicate. Bene, non ho mai avuto uno straccio di risposta, pure un "lascia stare che non è il caso", "tutta roba da buttare", cose così. Niente. Silenzio assoluto. Però mi sono detto che se non lo leggevo ero come tutti gli altri che si scambiano i favori invece di scrivere recensioni sui libri che piacciono per davvero. Mi sono detto che a comportarmi così magari facevo le marchette alla rovescia, ma sempre marchette erano. E allora l’ho letto da cima a fondo questo romanzo, in due giorni scarsi, tutto d’un fiato, perché si fa leggere così questa storia scritta a due voci che alla fine si ricongiungono in un accorato epilogo. Tutta quell’acqua è un bel romanzo che va fuori dai generi, o meglio è la dimostrazione pratica di come si possa fare letteratura di ottimo livello prendendo a prestito le categorie della narrativa di genere. Bernardi racconta una storia fantastica (ma mica poi tanto) intrisa di malinconia e pessimismo, ambientata in un futuro prossimo venturo sconvolto dalla guerra. La guerra è la vera protagonista del romanzo, uno scenario infernale che si fa personaggio ed esce con prepotenza per ricordare al lettore che lei è un pericolo reale, un mostro terribile con cui fare i conti. Un uomo e una donna si innamorano dopo uno strano scippo, due vite tormentate si rincorrono sotto le bombe in uno scenario apocalittico degno del miglior cinema postatomico. Leggendo Bernardi mi sono venute a mente alcune sequenze di Enzo G. Castellari, non so se ricordate quei film dei primi anni Ottanta come I guerrieri del Bronx e Fuga dal Bronx. Certo, il tema affrontato dallo scrittore è diverso, ma lo scenario di una città distrutta dai bombardamenti è lo stesso. Il professor Vanni insegna filosofia e sostiene che la guerra non lo ha cambiato, ma non è vero, la guerra cambia tutti, rende folli, tristi, senza speranza per il futuro. L’azione si potrebbe svolgere ovunque, sospesa com’è in una dimensione senza spazio e senza tempo, in un futuro prossimo, purtroppo probabile. Ma Bernardi non ricorre a trucchetti da quattro soldi stile Baricco di Senza sangue, qui l’ambientazione fuori dal tempo ha una sua ragion d’essere. L’autore trasmette al lettore tutta l’angoscia dei suoi personaggi, la follia che li attanaglia, il cupo dolore che giorno dopo giorno prende il sopravvento. La guerra che fino a poco tempo prima tutti credevano solo uno spettacolo televisivo adesso è protagonista del quotidiano: manca la corrente elettrica, gli aeroplani colpiscono di notte e la gente ha paura. Mette angoscia questo romanzo di Bernardi, ci fa pensare che siamo tutti in pericolo, che i timori di Vanni e di Bianca potranno essere presto i nostri timori. Non c’è lieto fine, come si conviene a un buon romanzo nero, senza etichette, fuori dai generi. Produce dei bei libri Dario Flaccovio, non c’è che dire, curati sotto l’aspetto grafico, con copertine d’effetto che inquadrano bene la tematica, soprattutto ottimi come scelta di narrazioni. Tempo fa ho letto pure un buon giallo intitolato Robinia blues, ma di quello non parlo ché mi verrebbe male, a me il giallo puro appassiona poco, pure se ammetto che per gli amanti del genere è un’ottima lettura. In tempi di abissale ignoranza editoriale si sente il bisogno di marchi nuovi e coraggiosi, epurati dal sensazionalismo da best-seller che spesso fa pure perdere il senso della grammatica italiana. Non so se avete letto il titolo del terzo libro della trilogia di Oriana Fallaci edito da Rizzoli. Intervista a sé stessa. Sì, proprio sé stessa, con il sé accentato. Non so a voi, ma a me certe cose fanno proprio incazzare e questo analfabetismo di ritorno non lo sopporto. E allora leggetevi Bernardi che è meglio, lui parla di guerra in modo romanzato, non dà giudizi avventati, ci tiene con il fiato sospeso per centosessanta pagine e soprattutto non commette nessun delitto ai danni della povera lingua italiana.
Gordiano Lupi