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Le vergini suicide

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Le vergini suicide

"Le vergini suicide" (The virgin suicides) è il primo film di Sofia Coppola, poco più che ventenne figlia del barone del cinema americano Francis Ford. Nonostante paparino abbia fatto da produttore alla figliuola,
non siamo di fronte a un caso di figlidipaparismo. La giovine ha talento, e il film ha riscosso buon successo di critica al Festival che si svolge in questi giorni a San Francisco. Non è da tutti infatti ritrarre in modo convincente quella strana stagione della vita che è l’adolescenza, i suoi languori, i suoi turbamenti, la malinconia (o meglio, "melanconia", universale filosofico) della scoperta dei sensi mescolata al rimpianto del paradiso perduto dell’infanzia.
Le vergini suicide sono appunto cinque sorelle teen-ager, fra i 13 e i 17 anni, che conducono un’esistenza placida e sonnacchiosa nell’altrettanto sonnacchiosa, perbenista e borghese America degli anni cinquanta. Naturalmente, come ci ha insegnato David Linch, il fuoco cova sotto la cenere. Anche perché papà e mamma sono due tipini in grado di compromettere lo sviluppo di chiunque. Lui è uno sciroccato professore di matematica di High School (James Woods) il cui afflato vitale si è ridotto allo studio di modellini aeronautici della seconda guerra mondiale. Lei (Kathleen Turner) è un concentrato esplosivo di puritanesimo, sessuofobia e attenzione oppressiva verso le figlie.
Dall’altra parte ci sono loro, cinque sorelle alla scoperta della vita, ma fatalmente legate ad un’intimità dorata e prepotente che le unisce e allo stesso tempo le isola dal mondo esterno, fatto di mamme kapò, di padri affettivamente frigidi, di compagni di scuola goffi e imberbi sedotti da una femminilità` prepotente che li seduce ma non si fa mai penetrare. L’isolamento si accresce dopo il suicidio iniziale della sorella più piccola, testardamente (e comicamente) reiterato fino al successo, senz’altre ragioni che l’atto di coscienza che l’adolescenza è insostenibile per chi ne è consapevole. L’episodio scatenante è un party letteralmente da urlo, organizzato dalla madre dopo i primi tentativi di suicidio della piccola. Chiunque, credo, riconoscerà con raccapriccio qualcosa di analogo sepolto dal dottor Freud in qualche angolino inaccessibile della memoria.
Dopo questo fattaccio, mamma allenta un attimo la disciplina, e permette addirittura alle figliole di partecipare a un ballo della scuola. Qui si consuma la storia di amore fra la maggiore delle sorelle e il bellone cretino di turno, che dopo aver posseduto la ragazza, l’abbandona in un campo di football. Scoppia la tragedia familiare, le sorelle vengono rinchiuse in casa dalla madre, e per sopravvivere comunicano con segnali Morse ai compagnucci di scuola innamorati (voce narrante che rievoca i fatti anni dopo) i loro desideri e i loro umori, mentre il loro "menage" si fa sempre più doloroso, sessualmente ambiguo e dolente. Il finale è una sorpresa, e un bel colpo di teatro. Commedia nera, horror perverso, melò adolescenziale, satira sociale, sono i toni che si mescolano in modo insolito e intrigante in questo film.
Tratto da un romanzo di Jeffrey Eugenides, credo debba molto della sua riuscita all’ottima prova dei suoi attori, con menzione speciale per James Woods e Kathleen Turner. Quest’ultima non è nuova a interpretazioni da cui affiora tutta l’inquietudine e le zone grigie della piccola borghesia americana. Speriamo che la piccola Sofia continui così, e che non si faccia tentare tanto dai colossal hollywoodiani quanto dalla possibilità di graffiare la società` americana, oltre alla capacità di tratteggiare psicologie e atmosfere.

Massimo Rontani

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Nome noto per la battaglia a favore della chiusura dei manicomi. Di Basaglia, deceduto, esce in questi giorni "Conferenze brasiliane" , Editore Raffaello Cortina, in cui le sue ragioni ed i suoi metodi emergono nitidi e con grande forza

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Leo… leo… leo…

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