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Il risveglio del dormiente

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STAR TREK
THE NEXT GENERATION
IL RISVEGLIO DEL DORMIENTE

Capitolo Undici

Una secchiata d’acqua colpì in pieno volto il tenente Dax.
Dopo essersi asciugata con la manica dell’uniforme la Trill si sporse oltre il bordo della piscina.
"Deanna, tutto bene?" gridò alla figura che stava per risalire dal fondo.
Ci volle un’infinità prima che la Betazoide riaffiorasse sputando l’acqua che aveva inghiottito nel suo ennesimo tentativo di lancio, con una smorfia di disgusto esclamò ironicamente.
"Vuole sapere se va tutto bene? Ma certo, tutto a posto, a parte il fatto che per poco non sono rimasta annegata lì sul fondo…le dispiacerebbe adesso allungarmi una mano ed aiutarmi a risalire?"
Sconsolata Dax le mise l’accappatoio sulle spalle frizionandole la pelle per riscaldarla, sorreggendola la fece sedere al lato della vasca.
La lasciò riposare per alcuni minuti poi si diresse verso il replicatore ritornando con un gelato al cioccolato.
"Sono certa che questo la tirerà su di morale."
"Ne dubito, sono ore che provo quel tuffo, e quali risultati ho ottenuto? Se non fosse perché i parametri di sicurezza del ponte ologrammi sono ancora in funzione, ci sarei rimasta secca. Bella prestazione, non trova? Forse è meglio che rinunci, sono ancora in tempo a ritirarmi dal Khit’hagh." rispose sconsolata l’empatica trattenendo a stento uno starnuto.
"Non pensavo che lei fosse una donna così fragile consigliere, e soprattutto con così poco carattere. Se avesse fatto esattamente quello che le ho insegnato non sarebbero successe nulla di tutto questo."
"Non è vero! Ho eseguito alla lettera le sue istruzioni, semplicemente, nessun essere umano può sopravvivere a quel salto, figuriamoci poi se deve attraversare anche un cerchio infuocato. Lei è una visionaria."
Jadzia sospirò e con estrema pazienza indicò le onde increspate della superficie.
"Mi ascolti bene consigliere, nei primi tuffi lei si è presentata con un costume a due pezzi, se ben ricorda non appena è entrata in acqua la violenza dell’impatto l’ha lasciata completamente nuda, cosa aveva intenzione di fare? Uno spogliarello? Poi fortunatamente si è convinta che un costume intero sarebbe stato più appropriato, ma non ha voluto darmi retta in merito alla tecnica del lancio. Lo vuole capire? Deve rannicchiarsi come una sfera se vuole oltrepassare indenne il cerchio di fuoco, e subito dopo stendere il corpo per rallentare il suo ingresso in acqua, se continua a rimanere chiusa come un riccio non solo entrerà con una violenza tale da toglierle il fiato, ma farà anche un bel buco sul fondo della piscina."
Deanna si passò l’asciugamano sul volto ed in silenzio si diresse verso la scaletta del trampolino, prima di risalire si rivolse alla Trill e le strillò.
"D’accordo, è colpa mia! Si auguri solo che Worf, una volta che l’avrà sposata, non le chieda d’eseguire uno dei suoi assurdi rituali Klingon."
Poi iniziò a risalire i gradini maledicendo il giorno in qui avesse incontrato Worf, Jadzia e qualsiasi altra persona che non fosse del tutto sana di mente.

***

Il Runabout trainò la navetta del comandante Riker fino al pilone d’attracco della stazione.
La squadra d’emergenza si vide costretta ad aprirsi un varco con i phaser spalancando il portello bloccato. Il dottor Bashir sollecitamente prestò le prime medicazioni impartendo l’ordine agli infermieri di portare il comandante d’urgenza in infermeria.
Riker scosse il capo divincolandosi, balzò in piedi vacillando verso l’uscita.
"Dottore, adesso non c’è tempo per questo, devo parlare immediatamente con il comandante Sisko e con il consigliere Troi prima che succeda l’irreparabile."
Bashir lo rincorse e lo fermò contro la parete nel tentativo di praticargli un’iniezione di sedativi.
Agilmente Riker lo scansò ed iniziò a correre attraverso i livelli della stazione fra le sirene che iniziavano a risuonare lungo i corridoi.
Non conosceva esattamente la planimetria della stazione, ma da quello che aveva letto l’ufficio del capitano doveva trovarsi nell’anello principale.
Come un lampo passò di livello in livello, nascondendosi quando vedeva sopraggiungere le guardie o qualche infermiere, s’infilò nel condotto di condizionamento dell’aria e proseguì strisciando fino al soffitto della sala comando.
Diede un’occhiata in giro e balzò di sotto fra gli sguardi allibiti del personale in servizio.
"Sono il comandante William Riker della nave stellare Enterprise, devo parlare immediatamente con il comandante Sisko." esordì movendosi verso l’ufficio.
Volgendosi sentì lo scatto secco degli otturatori dei phaser e vide il maggiore Kira che lo stava puntando con la sua arma.
"Comandante, le dispiacerebbe calmarsi ed attendere gli infermieri? Non faccia un altro passo o la stendo lì dove si trova."
Le porte dell’ufficio alle sue spalle si spalancarono ed il comandante Sisko apparve fermandosi sulla balaustra rialzata.
"Fermi, deponete le armi! Comandante Riker la prego di seguirmi, sono stato informato del suo arrivo su Deep Space Nine, ma l’attendevamo alcune ore fa."
"Ho avuto qualche problema." si giustificò il Primo Ufficiale passando di fronte al maggiore Kira, la quale lo stava osservando ancora con diffidenza.
Quando le porte l’ufficio si richiusero Riker sprofondò nella poltrona passandosi una mano sulla fronte insanguinata.
"E’ sicuro di non volere essere curato dal nostro medico?" chiese Sisko con estrema calma.
"Non c’è tempo! Capitano, è a conoscenza del fatto che il consigliere Troi si sottoporrà a qualche rituale Klingon?" esordì il Primo Ufficiale entrando subito nel vivo della discussione.
"Certo comandante, lo so perfettamente, ieri sera ho avuto un lungo colloquio con lei, e malgrado il mio consiglio ha deciso d’acconsentire al Khit’hagh."
"Khit’hagh? Ma qualcuno vuole spiegarmi di cosa diavolo si tratta?"
Sisko spiegò per filo e per segno tutta la cerimonia, movendosi di soppiatto alle spalle di Riker spinse un bottone nascosto dietro ad una paratia immaginando l’ovvia reazione dell’ufficiale.
"Ma siete tutti pazzi? Volete che Deanna si uccida per una stupida credenza Klingon? Lei è il responsabile di questa stazione, come ha potuto permetterlo?" inveì a squarciagola.
"Qui siamo in un territorio di frontiera comandante, non ci giudichi come dei selvaggi. Ho fatto l’impossibile per persuadere il consigliere Troi, ma non ha voluto darmi retta, e dal momento che in questa stazione abbiamo molti ospiti Klingon, ho preferito assecondare i suoi desideri. Inoltre si ricordi che siamo in guerra con il Dominio, in questo momento non possiamo inimicarmi l’Impero, abbiamo bisogno delle loro navi per rafforzare la nostre difese. Questi sono tempi difficili."
Riker sentì pulsare la testa come stesse per esplodergli, ascoltò le parole del capitano ma non poté credere che avrebbero lasciato morire una donna per della stupida politica.
Si alzò di slancio sentendo la nausea stringergli lo stomaco, si appoggiò con le mani alla scrivania vedendo tutto intorno girare come in una giostra.
"Lei è un opportunista! Ci penserò io a convincere Deanna ad abbandonare questa dannata stazione…"
Non poté aggiungere una sola parola, il dottor Bashir lo raggiunse alle spalle riuscendo finalmente a praticargli l’iniezione di sedativi.
Prima di perdere i sensi Riker strinse un pugno minaccioso verso Sisko.
"Lei me la pagherà di persona…"
Poi crollò svenuto fra le braccia del medico.

"Comandante, si svegli."
Riker si destò di soprassalto, sentendo ogni muscolo gemere si sollevò dal lettino diagnostico e mise a fuoco le persone che lo stavano osservando.
"Bashir..O’Brien…ed il capitano Sisko." balbettò sedendosi sul bordo, "da quanto tempo sono qui?"
"Tre ore." rispose il medico scollegando i sensori appoggiati sulla fronte.
Riker si preparò ad esternare tutto il suo risentimento quando Sisko lo interruppe con tono autoritario.
"Adesso basta comandante! Se continua così la farò rinchiudere in cella d’isolamento finché non le saranno passati i bollenti spiriti, si calmi e mi ascolti, abbiamo un piano per salvare il consigliere Troi, ed è nel suo interesse aiutarci a portarlo a compimento. E’ stata un’idea del signor O’Brien, è rischiosa, ma potrebbe funzionare. Le interessa?"
"Che domanda banale, certo che m’interessa, di cosa si tratta?" ribatté Riker sentendosi preso in giro.
O’Brien prese la parola esponendo il suo ingegnoso piano.
"Durante il rito del Khit’hagh i protocolli di sicurezza della sala ologrammi verranno disabilitati, in quelle condizioni il consigliere Troi ha veramente poche possibilità di uscire indenne dalla prova, tuttavia, si potrebbe fare in modo che i protocolli vengano ripristinati in un punto preciso della simulazione, esattamente lungo il percorso di caduta del consigliere, lei non se ne accorgerebbe nemmeno completando così la simulazione con successo."
Riker tirò finalmente fiato e pose una mano sulla spalla dell’Irlandese.
"Signor O’Brien, lei è un vero genio, non ha idea di quanto la rimpiangiamo a bordo dell’Enterprise."
"Veramente signore, è stato il capitano Sisko ad organizzare tutto, lasciandoci tuttavia una certa libertà d’azione."
"Diplomazia di frontiera." sottolineò il dottor Bashir indicando il capitano alla sua destra, poi aggiunse con urgenza, "abbiamo però un altro problema, per rendere realistica la simulazione dovremo fare sì che la pelle del consigliere venga in parte ustionata dal fuoco dell’anello, si tratterà ovviamente di innocue ustioni olografiche, ma lei comandante dovrà essere pronto a metterle l’accappatoio non appena uscirà dalla vasca ed a condurla fuori prima che il giudice s’accorga dell’inganno. La porterà qui in infermeria dove io fingerò di medicarla evitando a chiunque di accertare le sue condizioni fisiche."
"Mi sembra un piano astuto." confermò Riker ritrovando il suo tipico buonumore.
Sisko indicò i due cospiratori al suo fianco ed aggiunse.
"Comandante, purtroppo non è tutto. La sala ologrammi è gestita da un Ferengi di nome Quark, lei dovrà convincerlo a lasciare libero l’accesso dei controlli, in modo che O’Brien possa intervenire in tempo reale sulla simulazione. Non sarà un’impresa facile, ma sono certo di poter contare su di lei. E segua il mio consiglio, è meglio che non incontri il consigliere prima di aver portato a termine il Khit’hagh, ho come l’impressione che provi del rancore nei suoi riguardi."
"D’accordo, farò come dice, dove posso trovare Quark?" domandò Riker preparandosi a lasciare l’infermeria.
"Al bar della stazione." risposero in coro i tre ufficiali.

Riker si sedette come qualsiasi altro avventore in attesa di ricevere il menu.
Osservò incuriosito l’attività frenetica che si svolgeva a pochi metri da lui: tavoli da gioco, roulette ed altri divertimenti esotici meno conosciuti.
Il rumore era assordante, molti urlavano di aver vinto mentre altri si disperavano di aver perso l’ultima barra di lathinum che avessero a disposizione.
I camerieri Ferengi si muovevano come anguille fra i clienti che li chiamavano da ogni direzione, sgattaiolando con i loro vassoi stracolmi di ogni ben di Dio.
Riker ne fermò uno che stava passando proprio in quel momento e gli disse.
"Voglio parlare con Quark."
"Adesso è molto impegnato."
"Non ti avevo chiesto questo."
"Mi lasci andare per favore, sono già in ritardo, se vuole parlare con Quark lo troverà laggiù al banco, vicino alla cassa." implorò l’inserviente strattonandogli l’uniforme.
Riker mollò la presa e con estrema difficoltà guadagnò un posto proprio di fronte al banco.
Dopo nemmeno un secondo il padrone del locale lo raggiunse con una bottiglia in mano.
"Cosa prende da bere?"
"Niente." rispose Riker con la sua tipica faccia da poker.
"Come sarebbe a dire, niente? Straniero, qui siamo in un bar, e se non vuole consumare laggiù c’è l’uscita."
"Ferengi, ho un affare da proporti, un affare molto remunerativo."
Quark cambiò prontamente espressione, si fece avanti come volesse ascoltare di soppiatto ed esclamò.
"Un affare? Bene, mi dica di cosa di tratta."
"Non qui, c’è troppa gente, non c’è un posto più appartato? Sono questioni private e segrete." precisò Riker alzandosi dallo sgabello.
"Mi segua nel mio ripostiglio." lo invitò prontamente il barman sfregandosi le mani.
Non appena entrarono nell’angusto locale Quark esordì con distacco.
"Solitamente non tratto con i Federali, troppi grattacapi e pochi profitti, tuttavia in considerazione del momento difficile che sto attraversando sono pronto a fare un’eccezione per lei, cos’ha da propormi?"
Riker afferrò una piccola busta dal risvolto dell’uniforme, l’aprì ed una piccola pastiglia bianca rotolò sul tavolino.
Quark si massaggiò il mento sospirando sconsolato.
"…e mi ha fatto perdere del tempo prezioso per vendermi quella? Cos’è? Una pastiglia per il mal di denti? Ne ho a quintali nel magazzino, perché non me l’ha detto prima?"
Il Ferengi s’apprestò a lasciarlo fra i più brutti improperi quando Riker allungando la gamba gl’impedì di proseguire.
"Tu guardi troppo alle apparenze, osserva meglio."
Con uno scatto di un comando a distanza la compressa cambiò colore diventando fluida, emise alcuni sbuffi di vapore e poi esplose con una fragorosa fiammata verso il soffitto.
Quark si coprì d’istinto la testa rannicchiandosi fra le ginocchia di Riker.
"Ingegnoso." esclamò risollevandosi lentamente.
"Lo credo bene, è l’ultimo ritrovato dei servizi segreti della Flotta, la fai ingoiare ad un tuo nemico con qualche abile raggiro, e poi…pufff."
"Ma è illegale! Non potrò pagarle una cifra spropositata per quella merce, comunque quanto mi costerebbe una partita completa?"
Riker richiuse il contenitore e raccolse la polvere sparsa.
"Voglio che lasci in mia custodia la sala controllo del ponte ologrammi durante la cerimonia Klingon che si terrà domani."
Quark emise un rantolo indescrivibile, sbarrò gli occhi e fissò l’ufficiale che nel frattempo si era fatto serio e minaccioso.
"Non se ne parla nemmeno! Ci sono delle scommesse in corso, io stesso ci ho puntato su una fortuna."
"Spiegati meglio."
"Beh, mi sembra ovvio, la donna non sopravvivrà al rituale, avrebbe dovuto vederla durante le prove, al botteghino la diamo spacciata per venti ad uno. Non avevo mai raccolto delle puntate così alte fin dal tempo della morte del mio bisnonno, e lei vorrebbe stravolgere i miei pronostici per rifilarmi delle banali bombette a gas? Se ne vada immediatamente oppure la denuncio alla sicurezza!"
"Come desideri." rispose Riker senza aggiungere alcun commento.
Quark non si rese conto di quello che successe nei secondi successivi, vide un’ombra balzare e si ritrovò sul pavimento con le mani del Primo Ufficiale che gli tenevano spalancata la bocca.
Gli sembrò di soffocare mentre grugniva e si disperava, si agitò come un forsennato cercando di mordere, ma Riker non allentò la presa, afferrò una seconda pastiglia e gliela fece ingoiare con forza attraverso la fitta rete di denti aguzzi.
Quando mollò la stretta il Ferengi balzò come una molla lanciandosi come un fulmine verso il portello d’emergenza, prima che potesse attivare l’interfono la voce di Riker lo raggiunse dal fondo della saletta.
"Se fossi in te non lo farei, se non torni subito qui sarò costretto ad usare questo." spiegò agitando il comando a distanza nel palmo della mano, poi maliziosamente aggiunse, "se lo desideri possiamo provare immediatamente queste stupide bombette a gas."
Quark sbiancò in viso diventando pallido come un fantasma, deglutì con fatica e tornò sui suoi passi.
"La prego, mi lasci chiamare l’infermeria, non voglio morire."
"Non morirai, a patto di restare quieto nel tuo alloggio fino al termine della cerimonia. Vedi, quella pastiglia è molto sensibile alle sollecitazioni, se continui ad agitarti in questo modo potresti rischiare di vedere di che colore sono fatte le tue budella. Il dottor Bashir non ti aiuterà, stanne certo, ti consiglio di non crearmi problemi e di sparire immediatamente dalla mia vista; quando tutto sarà finito ti darò l’antidoto, non prima. Allora, cosa ne pensi?" chiese Riker riaprendo la porta.
Il Ferengi lo guardò con disprezzo, dimenticandosi per un istante della sua situazione precaria spalancò la bocca per chiedere aiuto.
"Ehm, ehm, ricordati della pillola nel tuo stomaco…" sottolineò Riker con un sorriso affabile.
Movendosi con estrema lentezza Quark gli passò davanti nel più totale silenzio.
Quando Rom lo intravide nei pressi dell’uscita lo rincorse richiamando la sua attenzione con urgenza.
"Fratello, perché te ne vai nell’ora di punta? Il locale è stracolmo di gente e da solo non posso farcela."
Quark bisbigliò qualcosa ma non si fermò, continuò a camminare sulla punta dei piedi come un automa.
Non comprendendo la risposta, Rom lo affiancò ponendo l’enorme orecchio vicino alla bocca.
"Fratello, ti dispiacerebbe ripetere?"
Capì solamente due parole ben distinte.
"…taci cretino!"


Capitolo Dodici

Il cubo Borg uscì dal tunnel lasciandosi alle spalle una lunga scia di materia interstellare.
Iniziò a rallentare la spinta non appena si trovò a distanza di sicurezza dall’insenatura scandagliando la regione alla ricerca di una nave federale.
Quando i sensori identificarono l’Enterprise il Dormiente gioì dalla sua postazione di controllo, diede ordine ai droni d’iniziare le manovre eseguendo una rotta diretta d’intercettamento.
In effetti era abbastanza strano che l’ammiraglia della Flotta fosse lì ad attenderli, ed il Dormiente non era certo il tipo che credesse alle coincidenze, fece quindi alzare gli scudi protettivi seguendo personalmente l’imminente attacco.
In pochi minuti fu di fronte all’avversario pronto a scaricare tutta la furia offensiva del suo vascello, l’Enterprise era lì, immobile nello spazio e non sembrava per nulla intenzionata a difendersi.
"Mio padrone, siamo pronti." riferì l’attendente, "apriamo il fuoco?"
Il Dormiente osservò nuovamente l’immagine statica nel visore alla ricerca di una risposta alla sua domanda, perché non reagivano?
Il cyborg vedendolo incerto domandò nuovamente.
"Attacchiamo, mio signore?"
Il tiranno gli rispose con uno schiaffo in pieno viso, poi con voce rauca sbraitò.
"No, mantenete la posizione! Siete degli idioti, non capite che c’è qualcosa di strano? Perché non si muovono? Ormai ci avranno rilevati, eppure sono ancora fermi, non mi fido del loro capitano, aprite un canale, voglio parlare con lui."
"Parlare è irrilevante, noi siamo Borg, la resistenza è inutile, loro saranno assimilati." recitarono in coro gli addetti di sezione distogliendo per un istante l’attenzione dai monitor.
Esasperato il Dormiente gli fece eco in falsetto.
"Questa cantilena l’ho già sentita troppe volte, ma non sapete dire altro? Se non volete subire delle conseguenze poco piacevoli vi consiglio di eseguire i miei ordini alla lettera."
"Come desideri nostro signore."
Il volto rilassato del capitano Picard comparve sul grande schermo, non sembrava per nulla turbato della loro presenza, infatti in tono amichevole dichiarò.
"Qui parla il capitano Jean-Luc Picard della nave stellare Enterprise, benvenuti nel Quadrante Alpha."
Al Dormiente servirono alcuni secondi per comprendere il significato di quelle parole, da quello che aveva letto sulla razza umana era comprensibile che avrebbero combattuto con ogni loro risorsa prima di capitolare, eppure quell’uomo gli stava dando il benvenuto.
Certo della propria superiorità smise di teorizzare e dichiarò spavaldamente.
"Questo territorio adesso è nostro! Arrendetevi alla forza d’invasione Kendas e preparatevi ad essere abbordati."
"Non sapevo che i Kendas avessero l’abitudine di assimilare le loro vittime, come del resto non mi sarei aspettato di sentire parlare un Borg come un Kendas. L’ultima volta che ci siamo incontrati non avevate l’aspetto di droni da battaglia…non me lo dica, voglio indovinare, siete stati assimilati dai Borg?" aggiunse Picard continuando sfacciatamente il suo bluff.
"Io non sono un Borg!!!" ringhiò il Dormiente con il pugno serrato, "ciò che io sono, tu umano non puoi nemmeno comprenderlo Io sono la sublimazione dello spirito Kendas, io sono l’avanguardia della forza che svuoterà questo Quadrante dalla vostra inutile presenza, io sono la fine della vostra civiltà. Non devi salutarmi, devi tremare e sottometterti."
Picard fece un cenno convenzionale al navigatore, poi avanzò verso lo schermo in modo che il suo interlocutore non potesse guardare oltre le sue spalle.
"Stento a credere che condurrete l’invasione con un solo cubo, anche se devo ammettere di essere alquanto perplesso in merito all’alleanza fra Kendas e Borg, pensavo foste due popoli troppo diversi per convivere in armonia. Comunque…volete questo territorio? Bene, è tutto vostro. Picard chiudo."
Mentre la trasmissione s’interrompeva Picard deviò verso l’ufficiale tattico domandando con crescente apprensione.
"Allora signor Harrison, la Base Stellare ha risposto alla nostra chiamata?"
"Purtroppo no capitano, non capisco, siamo stati tagliati fuori dalle loro comunicazioni e non è certo opera dei Borg."
"Ammiraglio Anderson, che tu sia dannato, finirai davanti alla Corte Marziale per tradimento!" imprecò Picard vedendo scemare l’unica possibilità d’affrontare il nemico ad armi pari, si risedette sulla poltrona di comando sentendo su di se gli sguardi angosciati dell’equipaggio in attesa della prossima mossa.
"Signor Harrison, contatti il Comando e li informi della nostra situazione, richieda supporto tattico a qualsiasi nave nelle vicinanze, anche se temo giungeranno troppo tardi per esserci di qualche aiuto. Signori, il nostro piccolo stratagemma è già terminato, dobbiamo fare affidamento solamente sulle nostre forze. Signor Solok, alzi gli scudi e si prepari ad entrare in curvatura, se non altro vediamo di seminarli."
La fiancata destra venne scossa da una scarica energetica ad alta intensità, il pavimento del ponte iniziò a vibrare mentre la nave incassava il primo colpo d’avvertimento, l’Enterprise lanciò una raffica di siluri quantici di copertura ed in bagliore accecante si gettò nell’iperspazio.

Il cubo accorciò le distanze avanzando a piena potenza.
Entro breve i Borg avrebbero attivato il raggio traente, e dopo…dopo sarebbe stata veramente la fine.
Picard ordinò ogni tipo di manovra evasiva nella speranza di aumentare il distacco, anche se sapeva perfettamente che quel gioco non li avrebbe salvati.
"Situazione tenente Harrison."
"Ci sono addosso capitano, sono quasi a portata di teletrasporto."
"Incrementi la velocità e faccia nuovamente fuoco con i siluri di poppa, massima dispersione."
I globi di fuoco investirono in pieno il vascello inseguitore, il quale assorbì i colpi senza eccessivi problemi, in risposta i Borg lanciarono una bordata di raggi al plasma che spinsero l’Enterprise violentemente in avanti, costringendola all’interno di una cavitazione subspaziale.
Il navigatore ebbe non poco difficoltà a mantenere la rotta, viaggiare in una cavitazione poteva compromettere seriamente l’integrità strutturale della nave, come ben presto il computer sottolineò.
"Pericolo, fluttuazione del nucleo di curvatura, esplosione fra otto minuti."
Picard s’asciugò il sudore, slabbrò leggermente il colletto dell’uniforme e serrò le labbra.
Parlò ad alta voce in modo che tutto l’equipaggio in plancia lo sentisse inserendo contemporaneamente l’interfono interno.
"Tranquillizzatevi, stiamo per uscire dalla cavitazione. Al di fuori ci attendono i Borg, sicuramente non appena emergeremo subiremo il loro attacco, io confido su tutti voi e su questa nuova nave, costruita appositamente per fronteggiare la loro minaccia. Non fuggiremo più, li attaccheremo frontalmente cogliendoli di sorpresa, dimostreremo di cos’è capace una nave stellare di Classe Sovereign, non ho dubbi che ciascuno di voi farà il proprio dovere fino in fondo."
Nessuno aggiunse nulla alle parole del capitano, sentendosi in parte rincuorati si volsero con determinazione verso le rispettive postazioni preparandosi allo scontro.
"Tenente Solok, ci porti fuori dalla distorsione ed inserisca una rotta d’intercettamento per il cubo Borg."
"Agli ordini capitano." confermò il Vulcaniano apportando le dovute correzioni.
L’Enterprise virò bruscamente lasciandosi alle spalle il fenomeno subspaziale che li stava fagocitando, come previsto la nave avversaria era in attesa ai limiti dell’area, non tentò nemmeno di rimettersi in contatto, li martellò con nuove raffiche plasmatiche proseguendo l’offensiva.
Il cubo ingigantì spaventosamente sullo schermo principale fino quasi a occultare le stelle di fondo, i dettagli della struttura risultarono nitidi mettendo in evidenza i droni intenti a riparare le parti danneggiate dallo scontro precedente.
"Signor Harrison, concentri il fuoco dei phaser sulla parte centrale del cubo e lo mantenga fino al mio comando."
"Si signore." confermò l’ufficiale dando inizio all’offensiva.
"Signor Solok, si prepari a virare di trenta gradi." ordinò Picard iniziando a contare mentalmente i secondi che li separavano dalla collisione.
Gli scudi dell’Enterprise scesero velocemente al quaranta per cento assorbendo in gran parte il fuoco di sbarramento, il raggio dei phaser iniziò ad intaccare la struttura del vascello alieno con la precisione di un bisturi laser, finalmente i loro schermi oscillarono permettendo al raggio distruttivo di colpire la zona designata.
Con una violenta esplosione il cubo rollò di lato perdendo stabilità, probabilmente era stata innescata una reazione a catena che devastò alcuni centri vitali della nave, le parti traslucide della struttura furono divelte disperdendo nello spazio una miriade di detriti che intersecarono la rotta dell’Enterprise.
Picard esultò fra il fumo che iniziava a fuoriuscire copiosamente dalle paratie della plancia, ben presto le fiamme avvolsero le stazioni laterali costringendo gli operatori ad allontanarsi lasciando i loro posti alle squadre d’emergenza, dalla sala macchine la voce del signor La Forge giunse alquanto alterata.
"Capitano, stiamo andando a pezzi, non possiamo mantenere questo regime ancora a lungo."
"Signor la Forge, usi tutta l’energia disponibile, l’attinga anche dal supporto vitale se necessario, non possiamo interrompere la manovra in questo momento."
"Va bene capitano, farò l’impossibile."
L’Enterprise lanciò una nuova raffica di siluri quantici dando fondo al proprio arsenale bellico, il bersaglio fu colpito ripetutamente finché il nemico non iniziò a rimpicciolire a vista d’occhio sullo schermo.
Veloce come una meteora la nave federale sfrecciò a fianco del cubo sorvolandolo maestosamente mentre i droni uscivano nuovamente a centinaia per riparare le parti danneggiate dello scafo.
La felicità dell’equipaggio salì alle stelle, l’invasione per il momento sembrava scongiurata ed i Borg nuovamente sconfitti, ma il loro entusiasmo purtroppo non era destinato a durare a lungo.
Tre sfere, depositate precedentemente dalla nave madre, li stavano attendendo nei pressi dell’insenatura del tunnel.
Quando entrarono nel loro raggio d’azione esse attivarono un rete di smorzamento troppo fitta per essere evitata, in tale frangente le manovre evasive non ebbero alcun effetto, malgrado Picard avesse ordinato una deviazione d’emergenza, l’Enterprise rimase intrappolata come una mosca nella ragnatela.
Furono necessari alcuni minuti per rallentare la velocità, ma infine anche la nave della Federazione si ritrovò priva d’energia ad osservare il nemico che inspiegabilmente aveva ripreso ad avanzare.
Le risate del Dormiente si diffusero negli altoparlanti facendo rabbrividire l’intero equipaggio.
"Bella mossa capitano, ma del tutto inutile, e adesso, abbassate immediatamente gli schermi."
"Non ci arrendiamo." rispose istintivamente Picard.
"Siete forse impazziti? Le ordino nuovamente d’abbassare gli scudi."
Dall’Enterprise non ci fu risposta, le luci degli oblò della prua, e poi quelle della sezione a disco vennero spente all’unisono.
"Ma che razza di strategia sta seguendo? Vuole rispondermi?" sbraitò il Dormiente a pieni polmoni.
Picard ordinò il silenzio radio, scese rapidamente in sala macchine per verificare la situazione ed incontrò Geordi che stava lottando con le sue apparecchiature danneggiate.
"Signor La Forge, com’è la situazione?"
Aprendo il palmo delle mani l’ingegnere rispose tristemente.
"Lo vede anche lei capitano, purtroppo non ci rimane molto."
Improvvisamente Picard si sentì spingere in avanti, incespicando si trovò disteso lungo il pavimento a fianco dell’ingegnere capo.
"Raggi traenti." esclamò La Forge massaggiandosi la nuca indolenzita.
"Vogliono trascinarci verso il cuore della Federazione," suppose Picard rialzandosi, "fra i Borg non dovrebbe esistere la figura di un capitano, eppure sono certo che quel Kendas abbia in qualche modo assoggettato l’intera collettività, deveessere successo qualcosa di molto strano nel Quadrante Delta."
"Probabile capitano, ma adesso cosa facciamo?"
"Signor La Forge, mi dica che in qualche modo può ancora mantenere operativi gli schermi protettivi, sono certo che tenteranno di teletrasportarsi a bordo dell’Enterprise, e purtroppo in quel caso saremmo del tutto inermi."
Geordi raggelò al solo pensiero di vedere la sala macchine trasformata in un’alcova Borg, controllò il pannello diagnostico, poi storcendo il naso rispose.
"Direi di si capitano, dal momento che siamo al traino devierò tutta l’energia residua agli scudi sperando che reggano uniformemente intorno alla nave, a ripensarci bene capitano, non mi attira per nulla l’idea d’indossare il look dei Borg."
Picard si sforzò di sorridere e dopo un gesto di saluto s’infilò nel tubo di Jeffries.
L’energia al turboelevatore era stata momentaneamente sospesa, ma di questo non si lamentò, una bella scalata verso la plancia era quello che ci voleva per ritemprare lo spirito e riflettere sulle opportune misure per il contrattacco.

Claudio Caridi (continua)

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