Accanto ai grandi Maestri, ormai consacrati, sfilano gli emergenti della più importante, esaustiva esposizione fieristica, non starò a dilungarmi sui Grandi Maestri, ormai consacrati, imballati e mummificati come reliquie sottoteca. Son parecchi, gli emergenti sperimentatori di materiali inediti, ma una selezione naturale impietosa sarebbe auspicabile, per liberarci dal Museo degli orrori, che ancora ci affligge. Pollice verso il peggior stand: quello della
Svizzera, con quei cadaveri non eccellenti, di raggelante fissità. Non sono uno Schwarzenbach alla rovescia: ma perché questi Paesi ospiti in
Fiere e altre manifestazioni, non ultima l’opaca Biennale veneziana
’97, non sono perentoriamente sottoposti a una Commissione internazionale, per farci ammirare il meglio, invece di affibbiarci questi nipotini noiosi dell’Espressionismo tedesco, con 50 anni di ritardo? Il sollievo, nel liberarci della zavorra delle gozzaniane
“buone cose di pessimo gusto”, paccottiglia coriacea che sottoporrei a una censura meritatissima, come arte degenerata! Stendiamo un velo pietoso sugli autori deprecabili e loro reggicorda, priviamo questi dilettanti di ogni ormeggio, che se ne vadano alla deriva, come naufraghi senza zattera, né un appiglio, in quel gran mare dell’approssimazione per difetto degli improvvisati. Ce n’è davvero per tutti i gusti, per districare il bandolo della intricata matassa e trovare il filo smagliante della qualità e dell’originalità nel labirinto delle tendenze artistiche.
Ci si incanta dinanzi alle squisite rarefazioni cromatiche e ai baluginanti tocchi radiosi degli spartiti lirici di Riccardo
Guarnieri; l’astrattismo geometrico sfila sotto l’egida MAC con i
“Reticoli” dell’ottimo Mario Nigro, insieme a esponenti del Futurismo
Doc, Prampolini, con quel suo raffinatissimo polimaterico Béguinage e i bozzetti scenografici in buona compagnia delle “Compenetrazioni irridescenti” di Balla. Né mancano i toccanti, rigorosi eclettici lavori di Bice Lazzari. Ci calamitano i teatrini e le tensostrutture musicali di Melotti, le raffinate “Tabulae affinitatum” di G. Novelli, che mise a punto una poesia visiva ante litteram sul fatidico, osannato Gruppo ’63.
Tra le migliori artiste italiane annoveriamo le materiche prove di
Gabriella Benedini, consacrata dalla Biennale veneziana ’91 e le poliedriche opere di Lucia Pescador.
Tornano a rifulgere i postcubisti soli affocati di Bruno Saetti, gli stralci guizzanti di padanità terragna si rilevano nelle “Marcite” del coriaceo Mattioli. Ci si proietta nella Galassia senza MIR, con i
Nucleari e i vortici spazio-siderali delle “Spirali” di Crippa, le
Nebulose di Dova, i “Tagli” di Fontana che applicava il verbo del
Manifesto Bianco e certe rare raffinate prove di Enrico Donati; avvincenti, le materiche astrazioni di Spazzapan.
Di rara finezza, le suadenti, superbe prove grafiche di Giuseppe
Viviani, intrise di ironia sorridente. Di toccante levità, all’insegna dell’Abstraction lirique, le scansioni ben calibrate di Dorazio. Di struggente lirismo, le trascoloranti rarefazioni delle opere cartacee di Luciano Bartolini, consacrato da un’esaustiva retrospettiva, presso la G7. Una vasta messe di nature morte appena percettibili del
Ferroni, targato anni ’60-’70, ci attrae per la perizia e la finezza della composizione, tracciata in punta di bulino e di pennello.
La Pop scultura di accumulazione accattivante di oggetti in assembages astiftici ci attrae con Arman, Spoerri, César alla Cesarea.
Ci si immerge negli estenuati, diafani languori della Scuola di Burano con Moggioli, Vellani-Marchi, Semeghini; più materiche le opere del lagunare Gianquinto che ormai vira all’opera al vero; preferibili le sue antiche opere azzurre, o immerse in un’aurea aura impalpabile.
L’originale pitto-scultore Marcello Jori accosta i suoi raffinati lavori alle liriche strutture di Sartelli.
Inimitabili gli scudi, gli elmi, le corazze, i cimieri, i paludamenti ferrigni di un immaginario torneo degni dei cimenti del Tasso e dell’Ariosto, recano la firma del belga J.C. Saudoyer.
Risente dell’alto magistero di Arturo Martini, l’ottimo scultore
Antonio Caselli, varato dal fiuto del talent-scout Stefano Forni (buon sangue di figlio d’arte non mente!).
Uno dei migliori grafici nostrani è Silvio Lacasella, autore di splendidi, metafisici paesaggi, di rara perizia segnica e pittorica, accanto all’ottimo Ferroni e del luciferino e angosciante Z. Music.
Alla grande stagione dell’ottima pittura astratta, appartengono
Boille, Dorazio e Strazza, nonché lo scultore E. Colla.
L’incantevole, fiabesca produzione di G. Foppiani come illustrazione di un immaginario manierista per l’eleganza delle immagini e la sobrietà delle “Tabulae Pictae”; accanto al bravo “bibliomane”
Armodio.
Doviziosamente stagliantisi su fondo rosso, il bestiario di
Baistrocchi, sembra tolto da un trattato di entomologia, che piacerebbe a Giorgio Celli.
Una colonia toscana è insediata alla Ken’s, di cui cito volentieri l’ottimo Danilo Fusi, con gli omaggi ironici alla Gioconda, a Vermeer, con icone impreziosite da un’aureola aurea, come facevano i primitivi, ma il medium in porcellana, le assimila alle squisite prove fittili simboliste che, a Faenza, con i lustri Melandri e Bucci, visse i suoi fasti; illustra storie di svagati marinai, L’ottimo Talani, mentre crea personali mitografie, il virtuoso cesellatore carpigiano Edi
Brancolini, reduce da una splendida antologica, in cui dà prova della consueta, stupefacente perizia, messa a punto dalla magnifica impressionante Deposizione, che nulla ha da invidiare ai Maestri della gloriosa pittura rinascimentale e manierista. Tra gli scultori ceramisti, citiamo Galligani con toccanti bassorilievi o suadenti prove a tutto tondo, con certi putti che rammentano quelli del Tempio malatestiano di Rimini. Sfilano i Magi di un presepe decò con le attuali figure di un raro bluette che spicca su fondi scuri in cui rifulgono bagliori aurei; variegata la produzione di M. Lituani; opta per il lustro ramato il bravo sculto-designer M. Staccioli.
Ma son presenti anche prove doc di Agenore Fabbri con certe figure dall’anatomia sofferta e del Fontana figurativo, prima dell’avventura infernale.
Figurativi raffinati, valorizzati da Forni e dalla ’32, Banchieri,
Bellandi, Guerreschi, Romagnoli, di cui è in corso una splendida personale con opere degli anni ’60, alla De’ Foscherari. Né manca lo splendido talento di Zigaina, accanto a splendide prove scultoree di
Amilcare Rambelli e Vincenzo Balena con certe filiformi strutture.
Il raffinato Madella ha una levità toccante, in contrasto con gli erotici furori del trasgressivo espressionista Moreni; raffinate le composizioni in ferro della Bolognini.
Potrebbe lavorare in pubblicità R. Carboni.
I soffici di M. Martinelli si accostano alla brillante citazione astratta di R. Selden, agli “White Alphabets” di Tobey.
Un vasto repertorio grafico di Vespignani emerge in un’esauriente antologica con un tratto che sonda le fattezze delle figure, macerate dal male di vivere.
L’ottimo Andrea Vizzini ci dà una summa del suo eclettico talento.
Abbiamo anche la rara occasione di delibare le squisite composizioni di Lucio Pozzi.
Il versatile sperimentatore E. Tatafiore ci dà riprova del suo inesauribile talento.
Extra, che aveva toccato il suo zenith all’Expoarte, con il fulgido astro del talent-scuot Franco Sossi, un finissimo critico che, molto intelligentemente, valorizzava giovani ed emergenti del suo territorio, la Puglia, immettendoli accortamente in un circuito espositivo, attingendo alle risorse dell’Italsider di Taranto, per poi farli approdare ai poli nazionali, in spazi pubblici e alternativi, in
Fiere, premi e rassegne, con la prematura scomparsa di Sossi, purtroppo, questo meccanismo di valorizzazione di artisti di questo vivaio del Sud si è inceppato e ora l’Extra si allinea mestamente, seguendo la corrente nazionale.
Buona scelta di artisti del Triveneto alla Palchi, con le rivisitazioni archeologiche di Patrizia Bartoletti, collages policromi di Batacchi, opere segniche di Licata; belle sculture suadenti di
Lucchi; il cinese-milanese Hsiao-Chin: splendide le “sudate carte” e le Tracce di Luciana Zabarella.
Dà riprova di valentìa scultorea l’affabulatore Giuliano Vangi.
Ottimo binomio da Flavio Stocco: il raffinatissimo Gianquinto con certe composizioni cupe, appena accese da venature cobalto e turchese, incastonate in campiture, scalfite da figurazioni sinuose; accanto si colloca il fulgido talento di Raffaele Rossi, con certe policrome strutture informali.
Tra gli emergenti cito l’ottimo Ghibaudo pitto-scultore di avvincenti installazioni. Da Gnaccarini sfilano le raffinate figurazioni di
Borin, le strutture segnio-musicali di Zaffanella e il florilegio di
Maria Bau, accanto alle raffinate opere grafiche di Coco Canò.
Grossetti galleria storica non aveva alternativa che offrirci in visione una scelta di astratti d’annata: Calderara, Fontana, Manzoni,
Reticoli di Nigro, belle opere di Opalka.
Da Images fluttuano gli Aquiloni di Diotallevi, sfiorando le plastiche strutture zodiacali di Elena Cifiello, le belle tenso-strutture azzurre di Manfredi, le piante urbane a rilievo di Mioli, le installazioni di Elisa Martinetti, le opere segniche di Pavel, le azzurre effusioni cromatiche della lirica Anna Seccia, un accumulo di
Posate pittoriche di Adriana Bevacqua.
Bella messe di talenti emergenti da Immaginaria, con originali strutture plastiche in ceramica di Baldelli, Dorigo, ottime installazioni in terracotta di Ruggiero, sculture di Andrea Stella e fulgide creazioni policrome di Montuschi.
Da Jannone, accanto alle suggestive immagini di Armodio, alle magiche affabulazioni di Foppiani, le strutture dell’architetto pitto-narratore Arduini.
L’Internazional Enterprise Battaglia, Giacobbe, Kass, decollata, collaudando TUTTI INSIEME SPENSIERATAMENTE con Barile, M. Bedeschi,
Ivana Burello; l’accumulatore di spezzoni iconici, Cerisolo, in sodalizio con Esposito, Formentini, Lidia Lorenzi, Laura Rosso, G.
Zanini, per la prima volta sullo schermo di Artefiera.
A Les chances de l’Art, emerge Roberto Floreani, collaudato autore di suadenti collages, bassorilievi soft, costellati di fulgide strutture astratte; con le rigorose strutture plastiche di Egger.
Ottima infornata di dorati pani fittili di Lacer, insieme agli scultori Beckelmann, Soriano e l’aretino Silvio Viola, con canneto, una struttura modulare musicale di longilinee, affilate forme, protese, intrise di accattivante policromatismo.
Da Lorenzelli gli ottimi scultori Andolfatto, Barbanti di rigorosa accezione astratta.
Margiacchi offre emergenti di buon livello: Aschieri, Sciali; ma
Modesti ha scopiazzato le strutture in maglia di ferro di Pocha.
L’ottimo figurativo sintetico Minezzi ci fa ammirare le sue pacate creazioni accanto alle sintetiche nature morte di Ciovagnoli.
Kermesse Artefiera (I)
Giuliana Galli