Un sole cocente, un caldo soffocante, un’atmosfera indolente ci accoglie immediatamente all’aeroporto di Cancùn in Messico e ben presto ci scuotiamo dalla frenesia e dalla fretta che ci portiamo dietro. Tutto acquista un ritmo più rallentato ed anche i controllori aeroportuali dimostrano un’indolenza a noi quasi sconosciuta. Niente cani, niente guardie attente, nessun controllo approfondito, solo sguardi un po’ incuriositi: in fin dei conti siamo un altro gruppo di turisti che porteranno un po’ di ricchezza a questo paese sofferente.
In verità la prima impressione non è positiva: Cancùn è un centro colonizzato dagli americani negli ultimi vent’anni, privo d’alcun interesse artistico, storico o naturalistico: una Rimini più appariscente e po’ più costosa! La mano vorace dei paesi occidentali industrializzati si rivela prepotentemente nei grandi cartelloni pubblicitari di prodotti a noi ben noti.
Il primo contatto è abbastanza deludente: poco di messicano, molto d’americano! Tuttavia ci vuole circa un’ora e mezzo per arrivare al villaggio, dove siamo alloggiati, e questo ci permette di cominciare ad osservare i dintorni. Passiamo attraverso un posto di blocco militare: segno di una situazione non completamente tranquilla, a causa soprattutto dei narcotrafficanti.
Un po’ assonnati osserviamo incuriositi i dintorni. Subito ci colpiscono i colori di una serie di coperte stese vicino alle case sul bordo della strada in via di costruzione. I colori della zona sono però ancora più strabilianti: il verde della foresta lussureggiante, l’azzurro del cielo, il bianco delle nuvole, lo scuro della loro pelle si mescolano davanti ai nostri occhi in una luce quasi accecante.
Durante il soggiorno, abbiamo molto apprezzato la cordialità e l’affabilità della gente del posto, rivelatasi immediatamente nel gesto continuo dell’autista del nostro pullman, che salutava tutti coloro che incrociavamo durante il percorso, quasi li conoscesse uno per uno. Il villaggio turistico di Akumal non è molto lontano: siamo sulla punta dello Yucatan, la penisola che si estende nel Mare
Caraibico e chiude il Golfo del Messico. In queste zone il mare è la principale fonte di vita sia per il turismo, sia per le ricchezze custodite nelle sue profondità: pesci variopinti, specie voraci, coralli preziosi, conchiglie prestigiose. La natura ci ha colpito particolarmente in Messico, soprattutto per il rapporto che esiste con l’uomo. Gli animali, che abbiamo incontrato durante il nostro viaggio, sembravano quasi abituati a noi: non impauriti i pellicani si avvicinavano alla riva, golosa una razza affamata è arrivata a ben venti centimetri d’acqua per mangiare i resti di pesce arrostito offerti da un pescatore, mentre giganti tartarughe hanno scelto la nostra spiaggia per depositare le loro uova durante le ore notturne.
La natura sembra fare ancora da padrona ai tentativi dell’uomo di impossessarsi dei suoi spazi. Nell’arco di due anni una foresta distrutta da un uragano è ricresciuta florida e fitta e l’uomo che vi vive, si adatta alle sue leggi, costruendo capanne di legno e dormendo sulle amache per evitare che i serpenti possano assalirlo.
In un certo senso i Messicani hanno mantenuto la tradizione dei loro antenati Maya che veneravano quest’animale, per loro simbolo di fertilità, procreazione e ricchezza, poiché si racconta questi sceglieva la sua dimora nel punto più fresco del terreno.
I Maya lo hanno scolpito ai piedi della famosa piramide a Kukulcan a
Chichen Itzà; la bocca aperta e il corpo sinuoso scende lungo le scale di 91 gradini, attraverso un gioco di luci e ombre che si crea ad una certa ora del tramonto.
Visitando la splendida zona archeologica di Chichen Itzà, dove si distinguono una parte vecchia e una nuova per la sovrapposizione di alcune costruzioni Tolteche, una buona guida c’illustra le testimonianze storiche lasciateci da queste popolazioni: il gioco della palla, il Cenote Sacro, l’Osservatorio, gli splendidi ma indecifrabili geroglifici scolpiti sulle varie costruzioni.
Particolare e fondamentale è il rapporto particolare che questi popoli avevano col tempo e con gli elementi astrali: sole, luna, equinozi, solstizi scandinavano i loro giorni e loro vite, ma le cui caratteristiche rimarranno comunque un mistero per noi. Al loro arrivo gli Spagnoli distrussero tutto ciò che era contrario alla religione cattolica, tutto ciò che non apparteneva alla loro cultura.
L’Osservatorio di Chichen Itzà ne sottolinea l’importanza: la sua costruzione caratterizzata da un sistema di porte che ad una certa ora, in un certo giorno, in preciso momento dell’anno solare permette ai raggi solari di attraversarlo da parte a parte. I novantuno gradini di un lato della Piramide di Kukulcan si moltiplicano sui suoi quattro lati arrivando a contarne 364, pari ai giorni dell’intero anno solare.
Superato l’ostacolo di salire fino in cima lo spettacolo si rivela splendido, poiché lo sguardo riesce ad abbracciare gran parte della zona circostante. Ma le sorprese non finiscono: vi è un’altra piramide più piccola all’interno di quella di Kukulcan, che custodisce la statua di un giaguaro rosso, un altro simbolo fondamentale della loro religione e della loro civiltà.
Uomo e natura quindi: un connubio armonico, un’amicizia perfetta che si manifesta tuttora nella rotazione temporale delle colture agricole di mais, fagioli, patate, pomodori. Le costruzioni umane non interrompono il cammino delle forze naturali e l’uomo contemporaneamente riesce a conoscerne gli intrighi. Tutto questo diventa certezza quando giungiamo alla splendida riserva naturale dell’isola di Contoy al largo di Cancùn, dove le iguane si fermano tranquille a farsi osservare, fotografare, consapevoli d’essere le protagoniste dei nostri occhi curiosi. Le guide che ci accompagnano c’invitano ad osservare il silenzio e a rispettare la privacy quando attraversiamo a piedi la laguna che si trova all’interno dell’isola.
Un’infinità di specie animali terrestri vi soggiornano: coccodrilli, boa, fregate, gabbiani si muovono tranquilli sotto i nostri occhi, ma l’isola che si trova lungo la barriera corallina interrompe il ruggente grido delle acque oceaniche.
In tutto questo ci ha colpito l’allegria e la pittoricità del comandante della barca “Asterix III” che ci ha condotto a Contoy. Un uomo dalla classica carnagione scura, la corporatura robusta, due grossi baffoni, un paio di occhiali scuri ha continuato a ballare per tutto il viaggio sulle note delle orme famose musiche latino-americane nella sua postazione di comando. E’ chiaro nel turismo tutto fa brodo, anche la tequila boom boom versata a fiumi da un uomo dell’equipaggio, che non ha dimenticato di rammentarci il rispetto per il mondo marino che da lì a poco avremmo potuto osservare sotto la sua guida.
L’immersione di quaranta minuti lungo la barriera corallina è stata senza dubbio una delle esperienze messicane più affascinanti. Oltre alle acque cristalline, alla varietà dello spettacolo che il mondo marino ci ha offerto abbiamo compreso quanto il rispetto per gli esseri viventi sia fondamentale.
Nonostante tutto il costume messicano non permette di costruire una capitale sul mare. Non dimentichiamo che il Messico è una Repubblica
Federale di Stati ed ogni capitale di ciascuno stato essere si trova all’interno: Città del Messico, Mèrida, ecc. L’unica eccezione è la città di Tulum, una vera e propria chicca archeologica, che per chi si trova in zona, non si dovrebbe lasciar scappare.
Il Messico è in ogni caso un paese con molti problemi con un sovraffollamento solo a Città del Messico di circa 20.000.000 d’abitanti. Impossibile gestire tanta gente, infatti, ci hanno raccontato i ragazzi fanno il militare in modo casuale: basta scegliere tra due palline, una nera e una bianca, e il caso farà il resto.
Infine se si vuole fare dello shopping, si può andare a Playa de
Carmen, un centro di recente sviluppo dove i turisti possono acquistare i souvenirs da portare a casa. Un piccolo consiglio che le stesse guide ci hanno dato: contrattare sul prezzo, mai accettarlo immediatamente senza fiatare. Per quanto riguarda la cucina tipica, vi consigliamo di assaggiare in qualsiasi ristorante la ‘zupa de lima’ o il pollo cucinato sotto terra, delle delizie molto particolari da non lasciarsi scappare. Provare per credere!
Giungendo al termine del nostro piccolo racconto di viaggio, appare chiaro che descrivere un paese così sfaccettato in poche righe è un compito arduo. Personalmente ve lo consigliamo non solo per le ricchezze archeologiche, se chiaramente siete degli appassionati di storia, ma soprattutto se volete conoscere un mondo naturale quasi incontaminato, dove l’uomo moderno delle grandi città può ancora meravigliarsi con poco.