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Storie molto strane

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Storie molto strane

“Strane storie”, di Baldoni, è un bel film italiano di tre o quattro anni fa dalla trama molto semplice e dai contenuti molto moderni. Il pretesto per svolgere questo film è quello di un uomo, un po’ dedito all’alcol, e di su figlia che per ammazzare la noia di un viaggio in treno, gli chiede di raccontare qualcuna delle sue storie.

La prima storia tratta di un uomo al quale viene comunicato che ha circa venti minuti di tempo per saldare il conto della bolletta dell’aria, che è già stata staccata. Ecco cos’erano quell’affanno appena svegliato e quella sensazione di soffocamento! Il protagonista, il magico Ivano Marescotti, si veste in tutta fretta ed inizia un travagliato viaggio verso gli uffici dell’Azienda Aria, arrivando appena in tempo dopo avere superato lo sgomento e l’indifferenza della gente che lo vedeva annaspare sul pavimento dell’autobus. Giunto alla cassa si accorge di essere il sesto solamente quando l’impiegata annuncia che servirà solamente cinque persone. L’attimo di terrore è ben presto lenito dall’abbandono della fila da parte della persona che si trova davanti a lui, un uomo in buona salute e per nulla affannato come l’ormai cianotico Marescotti. Il pagamento della bolletta è naturalmente travagliato; di fronte alla scocciata impiegata
Marescotti sta per soccombere fino a quando lei stessa comunica all’addetto di riattaccare l’aria, non dopo avere chiacchierato un po’ del più e del meno.
La nostra vita appesa ad un filo? Si può perdere tutto in un attimo per una semplice distrazione? E’ questo che Baldoni vuole mostrare insistendo sul contrasto fra il Marescotti stremato e soffocante e l’assoluta normalità del resto della gente, ormai abituata a certi spettacoli.

Il secondo episodio prende spunto da un’altra passeggera che si aggiunge allo scompartimento del treno già occupato dal narratore, sua figlia e Marescotti. Una bella ragazza, però sola, si lascia attrarre in un supermercato da un uomo in offerta, un uomo in carne ed ossa da portare a casa e coccolare come proprio. L’uomo scelto, fra una decina di tipi standard come il selvaggio, l’impiegato, il rassicurante e via dicendo, è il “tenero”, naturalmente interpretato da Marescotti. Lei è al settimo cielo quanto lui è timido ed impacciato (soprattutto sotto a quel ridicolo parrucchino). Lei si fa in quattro per metterlo a suo agio, lo accarezza, si trucca e lo copre di complimenti ma quando scopre la verità, proprio prima del momento cruciale sul letto, deve, ahilui, riportarlo al supermercato. Quando si accertano che è già scaduto porgono le scuse alla signora e lo gettano via tra il dispiacere celato di quest’ultima. Il messaggio, forse un po’ banale,
è che tutto si compra e si getta senza ritegno e senza riflessione. Ti serve compagna? La puoi trovare, se la puoi pagare. La merce è difettosa? La puoi restituire per una nuova ed integra.

Il terzo episodio è insieme il più divertente ed il più inquietante.
La famiglia settentrionale di Marescotti è di un ceto sociale molto più basso dei nuovi dirimpettai, borghesi meridionali con la passione per il canto lirico ed un insulso pappagallo a farle da contorno. Le rispettive finestre, sempre spalancate, permettono agli uni di vedere la miseria e l’ignoranza dei settentrionali e agli altri di vedere lo snobismo inadeguato dei nuovi vicini meridionali. Inutile dire che tra occhiatacce e dispetti vari si giunga ad una escalation di eventi che vede infine le due famiglie in guerra fra loro con pistole, poi fucili, poi bazooka… Il tragico finale fa da finale anche alle vicende che la televisione delle due famiglie continua a raccontare tra la loro più totale indifferenza. I servizi giornalistici su
Sarajevo danno l’immediata sensazione della similitudine fra le due vicende, quella privata delle due famiglie e quella civile Jugoslava, entrambe cominciate (probabilmente) finestra contro finestra e finite come purtroppo sappiamo. Girato senza colonna sonora, con un montaggio ottimo che dà proprio l’idea della sequenza degli avvenimenti, quest’ultimo episodio corona un film ITALIANO veramente interessante che comunque, è il caso di dirlo, riscosse molti consensi ma poche possibilità per il pubblico di poterlo vedere.

Il treno che fa da collante fra i vari episodi si ferma poi, un’unica carrozza senza motrice, in campagna, presso una stazione abbandonata dietro alla quale scopriamo la carcassa dell’Italicus, una storia molto meno strana di queste.

Michele Benatti

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