Con questo mese inizia una serie di articoli dedicati ad un argomento molto vasto: la sintesi del suono. Vedremo infatti quali sono i metodi attualmente utilizzati per generare i suoni, ed in particolare parleremo di sintesi per forma d’onda, modelli analogici e sintesi per modelli fisici. L’ordine con cui saranno esposti questi tre argomenti non rispetta l’evoluzione che i sintetizzatori hanno avuto nel tempo: il primo metodo di sintesi è stato quello dei synth analogici, ma il suo modo di funzionamento non è dei più intuitivi; per semplicità, quindi, affronteremo per prima la…
E’ un modello di sintesi il cui funzionamento è semplice ed intuitivo ma non per questo meno efficace degli altri. E’ attualmente utilizzato dalla maggior parte delle tastiere e degli expanders in commercio oltre che da tutte quelle schede audio dotate di wavetable (come la
Sound Blaster AWE32).
In pratica ogni sintetizzatore di questo tipo ha al suo interno una grossa quantità di memoria in cui sono conservate le forme d’onda degli strumenti che vuole riprodurre. Quando il sintetizzatore deve generare un determinato suono non dovrà fare altro che riprodurre il suono campionato che aveva in memoria.
Chiaramente con questo tipo di sintesi è molto facile riprodurre suoni di strumenti acustici: se ad esempio una tastiera deve riprodurre un pianoforte, il contruttore dovrà semplicemente campionare il suono del pianoforte e metterlo nella memoria della tastiera.
C’è però un grosso difetto di fondo: i suoni riprodotti risultano freddi, privi di colore e di personalità; infatti il timbro di uno strumento acustico dipende dal contatto fisico fra strumento e suonatore; in base a come utilizza lo strumento, un esecutore può cercare sfumature timbriche sempre diverse. Nei sintetizzatori per forme d’onda, il timbro di uno strumento è sempre lo stesso perchè è stato campionato una volta ed inserito dentro la memoria. Ogni volta che si utilizza un determinato timbro, non è possibile da parte dell’esecutore creare quelle sfumature ottenibili suonando su uno strumento vero.
E’ un recente campo di ricerca e sono ancora pochissimi ed in genere sperimentali i sintetizzatori che utilizzano questo modello.
L’obbiettivo è quello di eliminare i grossi difetti della sintesi per forma d’onda e di riuscire così ad ottenere un suono più naturale ed espressivo.
I sintetizzatori di questo tipo generano i suoni che producono, non si limitano semplicemente a riprodurre dei campioni. In memoria non avranno più le forme d’onda degli strumenti ma degli algoritmi, dei modelli matematici che descrivono il comportamento fisico dello strumento naturale. Ad esempio, se un sinth vuole ricreare il suono di un tamburo, al suo interno ci saranno le equazioni differenziali di
Poisson sulla deformazione di una membrana elastica vincolata ai bordi. In questo modo, specificando al sintetizzatore la posizione in cui la bacchetta colpisce la pelle del tamburo, il sintetizzatore genererà un suono sempre diverso.
Allo stesso modo se il sintetizzatore deve riprodurre il suono di una tromba, gli algoritmi genereranno il suono in base alla pressione delle labbra sul bocchino, all’intensità del soffio, alla tensione delle labbra, alla temperatura del fiato, ecc…
Purtroppo per suonare questi synth non è più sufficiente una semplice tastiera perchè con il solo uso dei tasti non è possibile controllare tutti i parametri tipici dello strumento. In genere una mano dell’esecutore si muove sulla tastiera ed è responsabile delle note mentre l’altra mano controlla i parametri dell’espressività agendo su particolari controlli (potenziometri, joystick, ecc…) a lato della tastiera.
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Terminata questa breve carrellata sui più moderni modelli di sintesi, affronteremo nei prossimi mesi l’argomento della sintesi analogica, il primo modello di sintesi utilizzato nella musica. Proprio perchè dai vecchi synth analogici discendono i moderni sintetizzatori, è necessario capire a fondo i loro principi di funzionamento.