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Computer Music (4)

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Computer Music (4)

Un ascoltatore riceve una buona impressione da un brano di musica grazie a due elementi fondamentali: le note che compongono il pezzo ed i timbri utilizzati per suonare quelle note. Infatti molto spesso un musicista vorrebbe ottenere un particolare sound ma non riesce a trovare i suoni adatti a ricreare l’atmosfera che ha in mente. E’ per questo motivo che è importante capire come avviene la percezione di un timbro da parte dell’orecchio umano e come è possibile sintetizzare un suono avendo in mente il sound che si vuole ottenere. Il primo di questi due argomenti sarà il tema di questo articolo.

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Un suono ha tre caratteristiche fondamentali: l’intensità, la frequenza ed il timbro. Fra i tre, il timbro è sicuramente il più difficile da caratterizzare perchè non può essere rappresentato su una scala monodimensionale. L’intensità e la frequenza sono parametri monodimensionali prechè rappresentabili con un solo numero; posso dire che il suono è forte o piano, che è acuto o grave. Il timbro non può essere valutato univocamente con solo un aggettivo. Se ad esempio dico che un suono è squillante, non ho definito esattamente la sua sonorità: “squillante” può essere infatti riferito ad una trobma come ad una campana. Si potrebbe pensare di identificare un timbro attraverso una frase che descriva le sensazioni di chi lo ascolta, però questo è un metodo di valutazione soggettivo che non può essere utilizzato per programmare uno strumento elettronico.
Il nostro scopo è quindi quello di trovare una serie di aggettivi che descrivano oggettivamente e completamente un suono.

Ci sono due teorie sulla percezione del timbro: quella classica che si può definire statica e quella moderna detta dinamica.

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Teoria classica

Hermann von Helmholtz fu uno dei primi studiosi della psicoacustica e formulò un modello per la definizione di timbro.
Secondo Helmholtz un timbro è caratterizzato principalmente dalla sua forma d’onda, ma un contributo fondamentale è apportato dalla dinamica del suono, cioè di come varia l’intensità del suono in funzione del tempo.
Consideriamo ad esempio una chitarra: appena pizzicata una corda il suono prodotto è subito alla massima intensità; man mano che lasciamo vibrare la corda, l’intensità del suono cala fino a quando non è più percettibile.
Consideriamo invece un violino: quando l’archetto comincia a sfregare le corede, il suono non inizia bruscamente ma ha un dolce crescendo; se il suono avesse un attacco come quello della chitarra, avremmo ottenuto il suono tipico del violino pizzicato. Consideriamo ancora il suono ottenuto sfregando costantemente le corde con l’archetto; in generale si ottiene un suono leggermente vibrato (cioè di ampiezza non costante). Infine quando l’archetto viene fermato, le corde smettono di suonare molto più rapidamente rispetto a quelle della chitarra.
Helmholtz formalizzò tutte queste osservazioni suddividendo un suono in tre periodi: il primo detto attack, la transizione dal silenzio alla nota nel suo apice di intensità, il secondo detto steady-state, periodo in cui il suono continua ad essere sostenuto da una sollecitazione (es. l’archetto del violino), e decay, la trnsizione dal suono al silenzio.
La chitarra avrà un tempo di attack brevissimo, un tempo di decay molto lungo e non avrà lo steady-state. Un violino suonato con l’archetto avrà un tempo di attack non troppo corto, un tempo di decay corto e il periodo detto steady-state durerà fino a quando la corda viene strofinata dall’archetto.
L’insieme di questi tre periodi viene detto inviluppo del suono.
Spesso, nei sintetizzatori moderni, viene utilizzata una terminologia leggermente diversa, detta ADSR (Arrack, Decay, Sustain, Release). Il significato dei parametri è rappresentato in fugura.

Di uguale importanza è naturalmente lo spettro del suono. Valgono tutte le considerazioni fatte nei mesi precedenti:
* In un suono acuto hanno la prevalenza le armoniche elevate
* In un suono grave prevalgono le armoniche di bassa frequenza
* Più lo spettro è denso e ricco di armoniche, più il suono risulterà

pieno e brillante.

Spesso, nel diagramma dello spettro sono presenti armoniche che hanno un livello più elevato rispetto alle armoniche vicine. Questi picchi nello spettro vengono detti formanti e sono generati da elementi risonanti. Ma cos’è un elemento risonante?
Facciamo un esempio molto semplice: tutti abbiamo provato almeno una volta a parlare dentro ad un tubo, e sappiamo come viene alterato il suono della voce. Bene, il tubo è un elemento risonante. Infatti la sua struttura vibra molto più facilmente a certe frequenze, detta frequenza di risonanza, mentre tende ad annullare le vibrazioni in altre frequenze; di conseguenza, lo spettro di un suono che passa attraveso il tubo subirà delle variazioni: le armoniche vicine alla frequenza di risonanza verranno amplificate e si genererà in quel punto una formante, mentre le altre frequenze tenderanno ad essere attenuate.
La cassa armonica di una chitarra ha grossomodo lo stesso principio di funzionamento e cioè tende ad amplificare alcune frequenze che altrimenti non sarebbero udibili (si pensi ad una chitarra elettrica quando non è amplificata). La grossa differenza fra un tubo e la cassa armonica è che quest’ultima agisce su una gamma di frequenze più estesa e soprattutto su frequenze desiderate, studiate per migliorare la qualità del suono, mentre un tubo peggiora enormemente il timbro.
Anche la voce ha delle formanti (5 secondo il modello più utilizzato) generate dalla risonanza della cavità orale. La posizione delle formanti determina il tipo di vocale che si sta emettendo.

Teoria moderna

Mentre la teoria classica prevede che soltanto l’ampiezza del suono vari in funzione del tempo, mentre lo spettro rimane invariato, la teoria moderna (o dinamica) vuole che anche lo spettro si modifichi all’interno dello stesso suono.
Consideriamo sempre un suono di chitarra. Supponiamo di campionare una nota e di eseguire l’analisi di Fourier ogni 50 millisecondi per ottenere lo spettro. Nei primi 50 mS, lo spettro sarà molto denso e ricco di armoniche in tutte le frequenze a causa della transizione dal silenzio e del click del plettro. Nei successivi 50 millisecondi la corda comincerà ad oscillare con regolarità ed a creare vibrazioni nella cassa armonica; lo spettro conterrà soltanto le armoniche prodotte dalla corda. Negli istanti successivi, anche le vibrazioni della cassa armonica sarrano arrivati a regime, per cui lo spettro conterrà le armoniche della corda più le armoniche della cassa di risonanza. Inoltre, le armoniche di ordine superiore tendono a smorzarsi più rapidamente rispetto a quelle di frequenza più bassa, quindi con passare del tempo lo spettro subirà dapprima una rapida attenuazione delle alte frequenze, seguito dall’attenuazione delle basse.

Quando si sintetizzano suoni bisogna tenere in assocuta considerazione la dinamicità dello spettro; un suono ottenuto senza mai variarne lo spettro non può che assomigliare ad un “biip”.

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L’argomento è ancora molto ricco e la prossima volta vedremo come è possibile sintetizzare un suono e come creare uno spettro dinamico per dare più naturalezza e presenza al suono.

Thomas Serafini

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