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Cromo duro

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Cromo duro

La scoperta e l’utilizzazione dei bagni di cromatura risale ai primi anni 20, infatti in quel periodo si scoprì che un bagno di acido cromico catalizzato per H2SO4 era in grado di realizzare un deposito galvanico dalle proprietà innovative. Nel dettaglio la cromatura dura detta anche “a spessore” è atta a conferire particolari proprietà fisico-meccaniche quali la durezza, la scorrevolezza, la resistenza all’usura, l’inossidabilità ecc.
Una cromatura può essere di vario aspetto a seconda della preparazione del materiale base: il deposito può infatti risultare lucido, semilucido o opaco in relazione alla preparazione che spazia dalla sabbiatura, alla lucidatura fino a giungere ai vari decapaggi chimici.
In genere la cromatura viene realizzata su normali acciai al carbonio a basso tenore di lega, ghise, inox ecc. Gli spessori dell’elettrodeposizione variano da pochi centesimi o micron fino a raggiungere depositi ipotetici di pochi millimetri. Un deposito particolarmente grande è comunque sconsigliato per il basso rendimento dei bagni di cromatura (si aggira intorno ai 2/100 ora) e per l’aumento della fragilità che ne pregiudica le prestazioni in caso di sollecitazione d’urto.
Nel dettaglio vediamo le proprietà conferite da un deposito di cromo ad una superficie:

* Resistenza all’usura: è la principale caratteristica del cromo

infatti, secondo alcuni esami comparativi, il cromo duro è

risultato superiore a qualsiasi altro deposito per esempio

Naugthon ed Hotherstall hanno eseguito prove comparative di

resistenza alla carta abrasiva con i seguenti risultati:

Elemento        Tempi
* Argento    4
* Nichel     49
* Nichel duro    59
* cromo duro    500.
Storicamente la scoperta del cromo duro ha consentito di raddoppiare per esempio la durata dei clichès e dei cilindri utilizzati per la stampa delle banconote, triplicare la “vita” dei punzoni per coniare moneta con brillanti risultati nello stampaggio in genere.

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* Durezza: Per quanto riguarda la durezza è fortemente sconsigliato

cromare oltre i 1000 Vickers a causa dell’eccessiva fragilità

causata dalle tensioni interne del deposito. Secondo alcune

ricerche la massima resistenza all’usura si ottiene attorno agli

800 Vichers perciò è in uso eseguire cromature dagli 800 ai 900

Vickers atte a conferire anche un’eccezionale resistenza alla

rigatura (paragonabile all’acciaio nitrurato). Per questo

l’impiego del cromo duro si estende a tutte quelle applicazioni

in cui il materiale base è sottoposto a pressioni o

sollecitazioni da parte di uno spigolo vivo.

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* Scorrevolezza: la scorrevolezza di un deposito di cromo è funzione

della preparazione superficiale che si conferisce prima del

deposito e del grado di lucidatura e rugosità che si conferisce

in sede di finitura; una superficie passivata da un deposito di

cromo è particolarmente indicata per materiali che vanno a

contatto con alimentari poiché tale superficie sfavorisce

l’occlusione di sostanze estranee.

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* Resistenza alla corrosione: La resistenza alla corrosione di un

deposito di cromo duro dipende dallo spessore depositato,

dall’aderenza del deposito e dalla porosità o microfessurazione

dello stesso. Per dare un’idea una lastrina di acciaio

opportunamente trattata e rivestita con 5/100 dovrebbe essere in

grado di superare le 150 ore di esposizione in nebbia salina. Il

cromo resiste bene chimicamente ad aggressioni da parte di

sostanze ossidanti e riducenti nonché alla maggior parte degli

acidi e degli alcali (N.B. l’antagonista del cromo è per

eccellenza l’acido cloridrico).

La possibilità di nascondere al cromo le zone che non si vogliono trattare tramite nastri bende e vernici hanno fatto del cromo uno strumento indispensabile alla meccanica moderna: le principali applicazioni comprendono settori quali l’industria bellica, ceramica, automobilistica, oleodinamica, pneumatica, aeronautica, alimentare, farmaceutica e biomedicale grazie anche alla possibilità di rettificare e lucidare il deposito tramite particolari mole ed abrasivi.

Federico Malavasi

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