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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

C’è chi sostiene che si scriva bene solo quando si sta male dentro.
C’è chi ritiene l’autunno, o la primavera, il periodo migliore per portare alla luce i propri sentimenti, il proprio senso di vuoto o di incertezza, producendo così qualcosa di intenso e vivo.
L’estate, “luogo” di lunghe notti insonni, di falò sulla spiaggia, di corse in bici, e di autostrade affollate, non è forse il momento più adatto per la poesia. Forse non è neppure il momento migliore perchè voi possiate mettervi davanti ad un computer e leggere qualcosa di piacevole. Il sole è troppo caldo, le giornate troppo invitanti per passarle tra le mura domestiche, a dialogare con chi ha deciso di condividere con voi un po’ della sua fantasia.
Ma se, la sera, quando l’aria diventa un po’ più tiepida, e gli occhi iniziano a passare, quasi senza accorgersene, dal giallo bianco del giorno, ai colori più rilassanti e scuri della notte, avete voglia di qualcosa di speciale, forse, tra un buon libro, una birra e qualche telefonata, troverete il tempo anche per noi, le voci che sussurrano.
Per chi, cioè, non ha voluto perdere neppure questo appuntamento un po’ più “sfortunato”, producendo anche per questo luglio-agosto, qualcosa per chi ha ancora voglia di leggere.

Qualche poesia, qualche racconto. Tutto come al solito. Tutto perchè chi di voi è un abituè possa continuare a sentirsi a suo agio, e perchè, chi invece si avvicina per le prime volte a questa sezione, non abbia da rimanerne deluso.

Ad aprire le opere di questo mese è un nuovo collaboratore, Riccardo
Gaddi, con la poesia breve Crollo.
Scritto evocativo di un oblio cercato tra il dolore, tra la tristezza provocata da un moto interiore. Non si mostra la causa del “viaggio”, nè viene data nessuna spiegazione su cosa si vuole ottenere, su qual’è la destinazione ultima. Il crollo è qualcosa di totale ma non definitivo, più un preludio ad una fine, che la fine stessa. Notevole
“visivamente” la parte centrale della poesia, che dopo il climax della devastazione del proprio muro interiore manifesta la deturpazione della propria visione della vita, dell’idea stessa del proprio cammino.

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Seconda autrice di questo SUSSURRI numero 21 (eh, sì, SUSSURRI è una delle poche rubriche che non ha mai perso un solo appuntamento della rivista) è Monny, che si presenta con due poesie, sufficentemente distanti l’una dall’altra da essere trattate separatamente.
Sogno, la prima di queste, è composta da due sole strofe che è possibile considerare come “descrizione” e “commento”. Descrizione paradossale, in quanto in relazione al concetto stesso di sogno, e commento altrettanto effimero, in quanto relativo ad un azione che non
è propriamente tale: nulla si muove, nulla viene realmente compiuto, mentre la nostra anima, immersa in una sorta di limbo, si innalza in qualcosa di unico e folle insieme.
Morir d’amor… troppo amor! è invece una piccola ballata, una storia messa in poesia. La vicenda si compone degli elementi dell’amore possessivo, dell’amore visto a senso unico in cui il proprio sentimento diventa più importante dell’oggetto stesso su cui si fonda.
La lenta e macabra sequenza non può non far sorridere, ma indubbiamente l’idea in sè è significativa, e ricorda, anche se la vicenda si snoda al contrario, una famosa canzone di De Andrè.

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luoghi e volti di Marco Giorgini, ultima poesia di questo mese, vuole essere un po’ la riflessione di un venticinquenne, che si guarda intorno, insicuro di alcune cose, certo di altre, per cercare di riconoscere una luce, se c’è stata, intorno a lui.

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Baywatch di Raffaele Gambigliani Zoccoli, contrariamente a quanto anch’io, confesso, ho pensato all’inizio, non ha niente a che vedere con la siliconata serie televisiva. O meglio, quasi niente. Prendete il telefilm, toglietegli il sole a picco, togliete la gente a frotte sulla spiaggia, togliete il predominante colore rosa, e mettete al suo posto un po’ di blu-cielo-di-sera mischiato al chiarore del mattino; togliete lo show. Rimarrà il mare, la spiaggia, e la gente che fa la cosa giusta. Che è lì perchè ci deve essere. Che è lì perchè è in vacanza, o lavora, o fa sport.
E tra queste persone, il protagonista del racconto è colui che in un istante si trova a dover fare ciò che sa fare, senza averlo mai fatto seriamente: salvare una vita, cercando di impedire la morte di una persona tratta fuori dall’acqua, compiendo un “rituale” visto mille volte, ma non per questo meno intenso, toccante ed importante. L’io che si trova a provare qualcosa di così significativo viene descritto da Raffaele con il consueto stile ricco e introspettivo. La storia non ha ritmi frenetici, non ha emozioni “viola” o “gialle”. Tutto è sapientemente veloce ma pesante, caratterizzato dalla coscienza di ogni singolo movimento meccanico, di ogni singola operazione. E’ la storia di un “eroe per caso”, di un eroe senza importanza per l’umanità, di uno che non trova la cura per il cancro o l’AIDS, ma più nascostamente salva una vita, senza clamore, senza medaglie. Scritto sicuramente da non perdere che non deluderà anche chi (immagino siano in pochi) non apprezza sempre la vitalità esplicita di altri testi di
Raffaele.

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Molto degno di nota è anche senza dubbio La squadra di Francesco
Venturi, alla sua seconda apparizione su KULT Underground dopo Questo
è un bel racconto del mese scorso. Testo particolarmente lungo, tanto da essere stato spezzato in due parti, per consentire a tutti, anche per chi ha problemi di memoria bassa DOS, di gustarsi questo scritto dalle tinte forti e crude.
Fantascientifica visione di un futuro forse non remoto, la vicenda parte dal concetto di droghe allucinogine sintetiche, droghe che qualcuno, in questo mondo dietro alla finestra, sperimenta per poi piazzare sul mercato del grande consumo; droghe che inducono uno stato di alterazione mentale enorme e con più effetti di quelli che immediatamente si potrebbero immaginare. In un racconto come questo, in cui ogni cosa è sapientemente rivelata riga dopo riga, mi trattengo da rivelarvi qualcosa di più sulla trama, per non rovinarvi la suspance che Francesco è riuscito a creare. Ci tengo però a sottolineare la sua abilità sia descrittiva, sia di costruzione dei dialoghi, che già ci era stato dato modo di ammirare nel suo precedente lavoro, ammonendo però i più giovani, o i più sensibile, sul fatto che la struttura narrativa NON è appoggiata ad una favola, ma ad una seppur splendida vicenda “pesante”. Ed essendo poi il tutto così ben congegnato da far risultare quasi eretico ogni commento di contenuti, il realismo delle situazioni proposte diventa praticamente cinematografico, e perciò forse non adatto a tutti.

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L’ultimo scritto di questo mese è il preannunciato prologo di Nata da madre di Gabriela Guidetti, romanzo di fantascienza di prossima pubblicazione da parte della rivista. Introduzione più che degna per il resto del libro, che darà sicuramente a molti di voi il necessario stimolo per procurarsi l’opera completa quando verrà rilasciata. Una visione rapida ma significativa di qualcosa che diverrà più chiaro in seguito, in cui già lo stile di Gabriela rivela parte di sè, nell’accompagnare questa donna, questa madre, all’interno di questi luoghi abbozzati, in questa atmosfera strana, della quale qualcosa già si riesce ad intravedere nei pochi minuti di tempo narrazione che ci vengono concessi.

Sottolineare la qualità degli scritti di questo numero estivo forse sarà superfluo a chi si addentrerà nella lettura, ma penso che non sia inutile farlo. Da sempre, ma in special modo in questo ultimo periodo
(questo, lo ammetto, è un mio personalissimo parere) mi sembra di notare un continuo crescendo nello spessore narrativo, e nella concreta maggiore efficacia dei testi proposti. Forse questo è in effetti vero, o forse è che a forza di stare tra voci più o meno sussurranti si entra sempre più in sintonia con loro, sino a non poterne più fare a meno, attendendo, come nel mio caso, addirittura con ansia il materiale mese dopo mese, per la sincera curiosità di vedere cosa viene proposto.
Cosa ne pensate voi?
Chissà. Intanto, per riprendere un discorso già accennato anche nell’editoriale, il tempo passa, e le occasioni si moltiplicano per chiunque voglia rimanere come “persona scrivente” di questo periodo.
Moltissimi sono infatti i siti internet che si propongono come biblioteche virtuali per scrittori emergenti, moltissimi sono i net-magazine che cercano collaboratori, aiutanti, scrittori.

Noi siamo qui, e attendiamo il vostro contributo, ma non siamo l’unico
“centro di raccolta” idee. Sta a voi non rimanere con le mani in mano.
Sta a voi darvi da fare per creare, costruire, formare. Magari con noi, magari proponendo scambi, collaborazioni o altro. Oppure, da altre parti, in altri luoghi. Ma se vi sentite in grado, scrivete.
Questo potrebbe essere ricordato come un periodo molto felice della letteratura italiana, e non sarebbe male, in un modo o nell’altro, farne parte.

Marco Giorgini

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