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I buchi neri di Ugo Tricoli

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I buchi neri nella pittura di Ugo Tricoli


Ugo Tricoli propone nuovi quadri in cui campeggiano buchi neri, che simboleggiano l’epoca drammatica in cui viviamo. Dietro l’apparente benessere, tanto decantato dai mass-media, si nasconde un’esistenza difficile, tormentata, fatta di solitudine, marginalità, tensioni, contraddizioni. Il suo è un grido d’allarme contro questi pericoli, lanciato con il trasporto di un poeta ferito.

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Intervista di Anna Ferrarini
Perchè hai praticato dei buchi neri, o meglio, quali sono le motivazioni?
Il consumismo sfrenato è stato uno dei dati caratterizzanti e distintivi anche degli anni Novanta, che ormai volgono alla fine.
Esso, con l’apparente benessere ha prodotto e inferto alla natura molte ferite. Questo è un dato incontrovertibile. Ebbene, i buchi neri sono il mio grido d’allarme.
Allora vuoi condurre le tue tematiche su un versante ecologico-moralistico?
L’umanità, seppure dominata da una razionalità tecnologica, irrazionalmente e contro ogni logica conservativa intrattiene comportamenti irresponsabili contro la natura e le sue risorse. Forse siamo arrivati al punto in cui la ragione non è più in grado di comprendere se stessa. Forse il “Male” è arrivato alla soglia della fascinazione estetizzandosi. La degradazione, lo sappiamo, ha in sè una forte carica di eccitazione e ha una grande forza di attrazione. I buchi neri sono già tra le pareti domestiche, nella morale, nell’atmosfera e via di seguito. Fanno parte dell’ordine delle cose.
La nostra è l’epoca della “libido distruttiva”, l’epoca in cui si vive il teatro della vita e la finzione sta per il vero.
L’arte può farsi carico di tematiche sociali?
Fra i tanti scopi dell’arte c’è anche quello di farci capire meglio il mondo e favorire la ricerca della verità. A questa si può accedere attraverso la componente mistico-simbolica che contribuisce al suo fascino. In questi lavori ho fatto ricorso a questa componente per meglio significare senza narrare.
Perchè i buchi anche su oggetti d’uso comune, quali l’elenco telefonico, pacchi di giornali e un televisore? In quest’ultimo si scorge una vecchia sveglia con le lancette ferme.
Con questo lavoro io intendo porre delle domando, sollevare un problema senza pretendere di dare soluzioni. Forse è la caduta del tempo, forse è il tempo che, materializzandosi e formalizzandosi, forza i limiti di uno spazio tecnologico sempre più soffocante. Forse anche cose diverse. A ognuno la propria interpretazione.
Pensi che alla gente interessi l’arte?
Purtroppo oggi l’arte non incide sul quotidiano come nel passato, per tante ragioni che ora sarebbe lungo elencare. Quando essa giunge alla gente, vi giunge, purtroppo, in forma spettacolare come nelle mega-mostre. Però l’artista deve continuare a tessere incessantemente la sua tela, perchè l’arte è un’attività sociale e deve essere collegata alla vita.
C’è una via d’uscita dai buchi neri? E se c’è, qual è?
Per me c’è ed è l’arte quando si fa “anticipazione” di mondo migliori.
In conclusione di questa nostra breve chiacchierata e per dare una precisa chiave di lettura del tuo lavoro a chi lo guarda, potresti definire il tuo stile?
Non amo le dichiarazioni di poetiche in nessuna forma d’arte, tanto meno dichiarazioni di stile che sono griglie e camicie di forza in cui spesso si è collocati dai critici per opportunità classificatorie. Ti posso soltanto dire che mi sono lasciato guidare nel lavoro da un pensiero forte senza distacco e ironia, a cui fanno spesso ricorso oggi talune correnti artistiche giovanili.

Anna Ferrarini

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