In questi ultimi anni si è sviluppata una “tendenza” che è stata etichettata spesso come body art: con questo appellativo si intendono tutte quelle manifestazioni che oggi vanno tanto di moda e che presuppongono interventi sul corpo umano, più o meno a scopi estetici, come tatuaggi (permanenti o no), piercings, incisioni varie, o la semplice pittura del corpo.
Forse anche questa è body art, dato il grande stuolo di ammiratori che sta avendo, ma io non la definirei come tale. Mi è capitato di sfogliare un libro che riguardava la scena artistica degli anni
Sessanta per accorgermi, con stupore, che questa forma d’arte era inserita nell’arte concettuale, cioè un tipo di arte che rifiutava qualunque tipo di approccio all’oggetto per preferire il concetto, il significato. Come può essere possibile che un’arte come la body sia
“concettuale” se al primo posto mette il corpo fisico?
Forse perchè la body art come la intendiamo noi profani non è quella di cui hanno parlato, ormai più di vent’anni fa, i critici d’arte.
Infatti nel 1968 si è diffusa una corrente tutta particolare il cui fine era usare il proprio corpo come opera d’arte, ma non come se fosse una tela da dipingere, bensì per mostrare quale potenza avesse il corpo in sè e per sè, e senza l’aiuto di nessun mezzo o diavoleria riuscisse ad essere molto più espressivo di tutte le tecniche possibili, anzi, il corpo da solo doveva essere in grado di esternare il mondo interiore, le angosce, i dolori, i problemi di coloro che lo mostravano. Per questo motivo la body art era definita un’espressione concettuale: proprio perchè ciò che stava fuori doveva essere un ponte che portava all’interno, all’anima .
Molti artisti si sono dati alla body art in quel periodo, disseminando scandalo ovunque, perchè ogni azione del corpo poteva essere mostrata in presenza del pubblico, anche le più private e imbarazzanti, come espletare i propri bisogni fisici, masturbarsi, torturarsi.
Naturalmente la folta schiera di critici e studiosi, sempre a caccia di perchè hanno fornito una quantità infinita di spiegazioni e interpretazioni alle azioni dei body-artisti. La psicanalisi ha fornito una spiegazione: gli artisti hanno creduto di trovare in queste manifestazioni lo sfogo e la liberazione dalle proprie angosce, hanno mostrato in pubblico la loro perversione o la loro omosessualità o il loro narcisismo per accettarli o farli accettare agli altri, o perchè, sentendosi deboli, hanno creduto che il mostrare i propri difetti e le proprie insicurezze li avrebbe resi più forti e in grado di affrontarli.
Tra gli artisti che hanno provocato maggior scandalo e si sono fatti maggiormente notare ne ricordo tre, fra i molti, che mi hanno impressionata tantissimo, non so bene se a causa del loro sadismo che mi ha fatto letteralmente drizzare i peli, o se perchè veramente il loro scopo è giunto a buon fine.
Il più sconvolgente credo sia Hermann Nietsch, un artista viennese che dal 1958 si esprime in azioni altamente violente, non consigliabili ad un pubblico con lo stomaco delicato. Costui ha creato il TEATRO DELLE
ORGE E DEI MISTERI, che consiste in specie di riti a metà fra il satanico e l’orgiastico in cui egli, in presenza di un fitto pubblico
(in preda ai conati) finge di sacrificare animali squartandoli davanti a tutti e facendo colare interiora e materia sanguinolenta su esseri umani vivi che si fingono vittime dei suoi sacrifici. Tutto questo è accompagnato da una musica non ben definita ma che sicuramente riesce a creare una atmosfera allucinante: Nietsch dice che lo scopo delle sue azioni è il coinvolgimento totale dei partecipanti che si sentono poi liberati dalla violenza e dalle manie omicida accumulate durante tutti i giorni. In tutti gli uomini si nasconde un potenziale assassino!!
Nietsch però non è contento dei suoi “rilassanti” spettacolini, ha persino acquistato un tetro castello nei pressi di Vienna dove ambientarli, sognando di portare a termine, in futuro, uno spettacolo della durata di sei giorni e sei notti (e non è lontano dal farlo perchè finora è arrivato a tre giorni).
Un altro personaggio alquanto interessante è Vito Acconci, italo-americano, il cui scopo è il continuo bisogno di comunicare attraverso un linguaggio tutto suo, col corpo.
Per capire i suoi gesti bisogna conoscere i titoli delle sue esibizioni o performance, come vengono chiamate in genere: in
“sfregando un pezzo” egli si è seduto ad un ristorante ed ha cominciato a grattarsi un braccio fino a farlo sanguinare; in
“opening” si è strappato tutti i peli attorno all’ombelico per fare un po’ di spazio; in altre performance si mostra completamente nudo nascondendo gli attributi in mezzo alle gambe.
Oggi ha abbandonato la body art e si è dato alla progettazione e al design, ma continua ad affermare che l’esperienza gli è servita moltissimo e l’ha aiutato a non sottovalutare gli oggetti materiali di cui il nostro mondo brulica e a riconsiderare gli aspetti più espressivi del proprio corpo. Provare per credere.
L’ultima artista è una donna che ha scelto di rischiare la propria vita ogni qualvolta si esibisse.
Gina Pane è famosa per le azioni in cui si taglia con una lametta varie parti del corpo, come l’orecchio o la lingua, o le mani; si pianta spine di rose nelle braccia per esprimere l’angoscia di un rapporto d’amore doloroso. Ogni dolore interno è mostrato all’esterno come una ferita.
Io credo che la body art come è intesa nel campo delle arti sia veramente lontana da come viene intesa nel quotidiano anche se, forse si possono trovare elementi in comune: ad esempio il fatto che il corpo debba esprimere lo stato d’animo o il carattere, o le particolarità di una persona. Gli interventi che facciamo noi sul nostro corpo servono a caratterizzarlo, ad arricchirlo, per noi il tatuaggio o il piercing ha forse un significato più esteriore che serve però a dare notizie di noi agli altri prima che questi ultimi ci conoscano.
Non è altro che l’antico patrimonio culturale che emerge in noi: nelle tribù usavano dipingersi il volto o il corpo per mostrare un certo status sociale, o una caratteristica che doveva essere riconosciuta da tutti gli abitanti del villaggio, o qualunque altro elemento o situazione importante che esigeva lo sfoggio di colori.
L’arte del corpo perciò non è definibile come una moda passeggera o una corrente artistica ormai esaurita, è forse un’esigenza dell’uomo di perpetuare gli antichi riti perduti nella società odierna, ma ancora presenti nell’anima di chiunque.