L’incontro con Koky ha coinciso con la scoperta e la meraviglia di entrare e di comunicare all’interno della pittura o sulla sua pelle come in una grande anamorfosi in continuo movimento, una specie di virtualità e ologramma insieme. Il camminare sulla tela dipinta è stata un’emozione rapinosa, qualcosa di intensamente appagante, e Koky si muoveva con naturalezza e allegria dipingendo con la sicurezza e la padronanza del maestro che ha da tempo superato l’impaccio della tecnica e sa lavorare con sapienza e arte insieme. Ma il teatro non è solo arte, è artificio per eccellenza e Koky era l’artefice che aveva fatto della dimensione teatrale in qualche modo anche la cifra della sua vita riuscendo a coinvolgere quelli che gli vivevano attorno come se tutti fossimo chiamati a dire una battuta nella rappresentazione del quotidiano.
L’importante era sintonizzarsi, e non era facile affiancarsi alla sua ironia di stempio padano, alla fresca intelligenza dei giochi di parole, ai ribaltamenti di significato. Nessuno di noi amici, parenti, allievi si è ancora abituato all’idea che te ne sei andato.
A volte pensiamo che sei stato trattenuto da un lavoro in qualche altra parte, altre volte guardando la magnificenza di certi tramonti o la forma curiosa delle nuvole pensiamo tu sia li che stai lavorando con nuovi materiali. Certe altre volte si avverte la tua voce suggerire impasti di colore e soluzioni a problemi prospettici oppure sentiamo ancora la corsa veloce su per gli ultimi scalini dell’immensa sala di scenografia che ora ha un aspetto diverso, non più spifferi d’aria dai grandi finestroni, sparita la polvere del tempo… Insomma ci sei, non ti abbiamo ancora lasciato andare alla storia e alla leggenda. Sei continuamente trattenuto e richiamato a risolvere situazioni, a controllare a consigliare. Sono in molti a credere che anche questa sparizione è uno dei tuoi scherzi oppure un brutto sogno.
Dedicato a Koky Fregni
Settembre 1994