KULT Underground

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Notte e giorno

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NOTTE E GIORNO

Diem noctis expectatione perdunt, noctem lucis metu.

Provo a ripensare a quella sera. Estate, caldo, cielo che sembrava volersi rompere a terra dalla pioggia che scendeva, la prima volta in discoteca. Non era proprio la prima, perchè c’ero già stata, ma così tanto tempo fa che nemmeno me lo ricordavo. Pioveva talmente forte che credevo davvero che quel venerdì non ci sarebbe andato nessuno in discoteca. Invece mi sbagliavo, eccome se mi sbagliavo. I ragazzi fuggivano dalle automobili per ripararsi in fretta sotto la pensilina del locale, tutti fradici, e le ragazze correvano a rifarsi il trucco, a guardarsi per sapere se quella era la serata giusta per cuccare. Noi sapevamo già tutto, io e Beatrice. Là dentro c’era gente, un sacco di gente. Brutta bella, fine, volgare, timida, tutto e ancora di più.
Eppure era come se lo nascondessimo a vicenda: si andava là solo per ballare… ma era un altro il motivo. Andavamo in discoteca per guardare, per farci guardare, per sentire che c’eravamo solo noi, mentre la notte si fermava all’alba senza importarci nulla, chè tutto, là fuori, era ridicolo e apatico… Solo lì c’era un calore di uomini e di donne fuso nella luce che passa tra i bicchieri, nelle parole che non si devono dire ma che si vorrebbero ascoltare, ragazzi e ragazze pronti a tutto perchè la notte non se ne andasse via così presto e lasciasse almeno qualcosa di dentro. Io e Beatrice ci guardavamo negli occhi, e ridevamo come matte al pensiero che ognuna di noi si sentiva più bella delle altre. (Non capita così un po’ a tutte le amiche?)
Eravamo davvero elettrizzate: vene che pulsavano e brividi caldi mentre i primi lunghi sguardi si posavano sul nostro corpo inebetito e gioioso. Smarrimento, la prima impressione. Non c’era posto per me.
Dove dovevo sedermi? Cosa dovevo fare?
Ballare, mi sono risposta. Lasciare che la musica mi scavasse dentro una nicchia di felicità e d’abbandono, non pensare più a nulla e socchiudere gli occhi. Dopo, il resto verrà da sè.
Così ho fatto. E il mio vestito blu trasparente si scioglieva in quei colori adulterati; forse questo è il paradiso, ho pensato, forse questo è il trampolino per tuffarmi nel mare più grande e nuotare e godere fino ad avere il fiato corto. Chi non va in discoteca non lo può capire. Chi sta fuori non sente la pelle bruciare di sudore e di occhiate che ti mangiano, non sente su di sè quella smania di possedere, dar fuoco a tutto in un istante e vivere fino a domani per raccontare il miracolo.
E’ una magia quella che si crea intorno a te: ragazzi che ti si avvicinano e tentano di chiederti come ti chiami… “Sai che hai dei begli occhi – dove abiti – facciamo un giro fuori” ti sorridono, ti parlano, si beve insieme dallo stesso bicchiere e si è già amici.
Amici? Non proprio. In discoteca non nascono le amicizie. In discoteca si va per cercare qualcuno con cui andarsene, magari incontro al mare, incontro a due corpi che si prendono con ansia, per fare l’amore, finchè c’è vita negli occhi, e l’incanto della discoteca non finisca:
Cenerentola ritorni da dove è venuta. I ragazzi te lo dicono che sei carina, ti fanno mille complimenti, e tu credi di essere l’unica al mondo a cui sta succedendo. Quella sera l’ho creduto anch’io, io illusa da quella pioggia brillante e da quei vestiti perfetti.
Sono belli i ragazzi: quelli che hanno ancora qualcosa d’infantile nel volto. I loro baci sanno di fumo e di dolcezza. Sorridono incoscienti, inneggiando al dio della notte mentre si muovono come maestri su una corda tesa. Perdersi è facile: basta credere di essere migliori, che la tua auto sia più veloce, bevi e ti riempi di roba e … la corda si spezza. Eppure loro ballano senza buttarsi via, tutto deve essere consumato ma solo perchè ritorni come prima. Il giorno deve morire affinchè la notte rinasca. Tutti quanti sospesi tra il sesso da campionato e la voglia di comunicare, tra l’ebbrezza delle pasticche e la fronte sudata dall’emozione.
Esiste un sudore che mi piace definire positivo. Ed è quello che ho lasciato là, al “People” quella notte. E’ quel tipo di sudore che, quando è uscito, ti lava via la depressione, la noia, e ti senti un po’ meno solo, un po’ meno lontano dal mondo e sai che la sera, presto o tardi, tanta gente esce di casa e va tutta nello stesso posto. Ed ho capito che lo fa solo per divertirsi.
Io pure mi sono lasiata trasportare da quell’onda ineffabile che nella musica assordante ti pare melodia, senza più pesi da portare, come quando ti vuoi liberare da un dolore e l’unica cosa che puoi fare è di non pensarci. Nella notte tutto è confuso, piacevole e misterioso, solo l’alba ha il potere di rimettere i tuoi sogni sui binari della realtà, anche se ti affascina con il suo saluto innocente e vivo.
Spesso, durante il giorno, mi ritrovo a sognare il tramonto, e mentre la sera s’incammina verso di me, sento il suo passo rapido, silenzioso, ed ho ancora il viso fisso sullo specchio, intenta a prepararmi per una nuova danza, che lei già mi è passata accanto, ed io non posso far nulla perchè duri per sempre.

Elisa Parmeggiani

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