Da questo mese, il sottoscritto Carlo Borsari, vorrebbe avviare una sorta di dialogo culturale sulla fotografia con i lettori di KULT.
L’idea è di utilizzare uno spazio della rivista di KULT per mostrare un progetto fotografico dei lettori, che serva ad avviare un dibattito sulla fotografia.
Un motivo che mi ha spinto ad avviare questo progetto è la constatazione che le riviste fotografiche italiane, oltre che essere fatte dalle stesse persone e nel medesimo identico modo, hanno perso di vista la ricerca fotografica e contengono solo delle sterili dissertazioni di tecnica e di prodotti fotografici e piene solo di consigli insulsi.
Le frasi (vere!) di seguito riportate fanno parte di una rubrica che vorrebbe consigliare ai lettori gli itinerari fotografici più suggestivi, lascio ogni parola di commento ai lettori.
“Tenete a portata di mano la fotocamera: prati pettinati e bianche casette con suggestivi viotoli, curati come vuole la tradizione, consentono scorci caratteristici.”
“Chi volesse, potrebbe tentare qualche scorcio interessante dalla stradina che, sopra l’abitato, porta all’ingresso principale; è consigliabile un buon grandangolare, diciamo almeno un 28mm.
Ma è un tentativo che rischia di avere scarsa fortuna.
Meglio allora salire lungo la strada principale, superati un paio di tornanti ci si troverà abbastanza in alto, come quota, per potere scattare ottime foto di insieme: sia al paese che al castello che lo domina. Si può ricorrere ad un ottimo 50mm oppure 100mm, dipende dal punto di ripresa che si sceglie, sulla strada. Occorre naturalmente un treppiede sul quale sistemare la fotocamera, regolare su posa B, pellicola da 64 ASA, f/4, quindici secondi di posa, circa. Attenti, nello scattare la foto, che i fari di qualche auto, in salita verso la parte alta della valle, non lancino una spazzolata di luce proprio dentro l’obiettivo.”
“Soprattutto, suggeriamo, per giochi di prospettiva tra il primo piano e l’infinito, il lago che farà da sfondo a tutte le riprese.”
“Per la ripresa da lontano cercando quello che gli americani chiamano la skyline della città, è utile un teleobiettivo ma attenzione alla foschia, che ovatta i contorni, ed alla perdita di nitidezza tipica delle giornate estive molto calde, quando le masse d’aria si spostano e vanificano gli sforzi anche dei migliori fabbricanti per realizzare ottiche superincise.”
Il lettore, per queste riviste, diventa una specie di replicante senza cervello che basta programmare e istruire per fargli ottenere delle bellissime immagini. A noi sembra che questo tipo di mentalità abbia enormemente influenzato tutti quei circoli fotografici che si dilungano in interminabili discorsi sulla tecnica di ripresa e sulla luminosità degli obiettivi. A noi non interessa l’immagine estetica fine a sè stessa, ci interessa un immagine che abbia un contenuto, che sottenda una ricerca, un indagine, un progetto.
Aspetto i vostri commenti, i vostri progetti e arrivederci al prossimo numero.